Discussione:
Romano Ptrodi, economista e politico di livello mondiale
(troppo vecchio per rispondere)
ernesto gastaldi
2011-07-13 13:40:25 UTC
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PRODI IL GRANDE, con Mario Monti e Draghi, e' uno degli Italiani più
stimati nel mondo intero! Come PdC italiano ha salvato 2 volte
l'Italia dalla bancarotta, nel 1998 portando il nostro DEBITO PUBBLICO
sotto la garanzia dei Paesi euro, e bel 2006 facendo chiudere la
pratica contro l'Italia aperta dall'Europa per il gigantesco deficit
fatto dal precednete sgoverno Pompetta-Treconti, finito del 2005.

Da Presidente d'Europa, eletto all'unanimità, PRODI IL GRANDE ha fatto
entrare ben 10 Stati nell'Unione, ex comunisti, sottarendoli appena in
tempo alle grinfie di ritorno del comunista del KGB PUTIN.

Ora l'Onu gli ha affidato l'AFRICA e il suo sviluppo, e' consigliere
di vari governi tra cui quello cinese.

Trattasi quidni di un personaggio davvero superiore di livello
mondiale, ed e' normale che un derelitto come delta11, che vota er sor
Pompetta Berlusconi, truffatore di provincia, piduista , spergiuro,
falsario di bilanci, lavatore di soldi sporchi, ladro e sanguisuga
dell'Italia, NON LO CAPISCA. Lo sa delta11 che a berlusconi in europa
non affiderebbero neppure il lavoro che svolge RestPulisher, ossia il
lavacessi?

Ora Pompetta risarcisce DEBENDETTI, ma a noi quando ci risarcisce???

e
AntiKomunista
2011-07-13 17:07:13 UTC
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Post by ernesto gastaldi
PRODI IL GRANDE, con Mario Monti e Draghi, e' uno degli Italiani più
stimati nel mondo intero! Come PdC italiano ha salvato 2 volte
l'Italia dalla bancarotta, nel 1998 portando il nostro DEBITO PUBBLICO
sotto la garanzia dei Paesi euro, e bel 2006 facendo chiudere la
pratica contro l'Italia aperta dall'Europa per il gigantesco deficit
fatto dal precednete sgoverno Pompetta-Treconti, finito del 2005.
ROMANO PRODI CONDANNATO
La terza sezione del Tribunale di Giustizia europeo ha CONDANNATO Romano
Prodi, più rappresentativamente detto "il mortadella", per aver fornito al
Parlamento Europeo notizie false e non documentate e per aver emesso
comunicati che mettevano in dubbio l'onorabilità di alti dirigenti che non
si erano sottomessi alle sue imposizioni e per aver tentato di OSTACOLARE LA
GIUSTIZIA.
Da Libero - 30/07/2009 - pag. 13

e poi:
http://aconservativemind.blogspot.com/2005/09/prodi-e-berlusconi-dinanzi-alla-legge.html

e ancora:
http://informatorepolitico.ej.am/de-benedetti-romano-prodi.htm

Pui andare ometto viscido, ributtante e cazzaro.

AntiKomunista
MISTER COLORADO®
2011-07-14 11:59:30 UTC
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Post by AntiKomunista
ROMANO PRODI CONDANNATO
La terza sezione del Tribunale di Giustizia europeo ha CONDANNATO Romano
Prodi, più rappresentativamente detto "il mortadella", per aver fornito al
Parlamento Europeo notizie false e non documentate e per aver emesso
comunicati che mettevano in dubbio l'onorabilità di alti dirigenti che non
si erano sottomessi alle sue imposizioni e per aver tentato di OSTACOLARE
LA GIUSTIZIA.
Da Libero - 30/07/2009 - pag. 13
http://aconservativemind.blogspot.com/2005/09/prodi-e-berlusconi-dinanzi-alla-legge.html
http://informatorepolitico.ej.am/de-benedetti-romano-prodi.htm
Pui andare ometto viscido, ributtante e cazzaro.
AntiKomunista
Lo sapevo, lo sapevo che aveva lo scheletro nell'armadio!!
Catrame
2011-07-15 12:43:34 UTC
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Post by MISTER COLORADO®
Post by AntiKomunista
ROMANO PRODI CONDANNATO
La terza sezione del Tribunale di Giustizia europeo ha CONDANNATO Romano
Prodi, più rappresentativamente detto "il mortadella", per aver fornito al
Parlamento Europeo notizie false e non documentate e per aver emesso
comunicati che mettevano in dubbio l'onorabilità di alti dirigenti che non
si erano sottomessi alle sue imposizioni e per aver tentato di OSTACOLARE
LA GIUSTIZIA.
Da Libero - 30/07/2009 - pag. 13
http://aconservativemind.blogspot.com/2005/09/prodi-e-berlusconi-dinanzi-alla-legge.html
http://informatorepolitico.ej.am/de-benedetti-romano-prodi.htm
Pui andare ometto viscido, ributtante e cazzaro.
AntiKomunista
Lo sapevo, lo sapevo che aveva lo scheletro nell'armadio!!
Sei la macchietta di usenet.



La macchietta di sperma.
--
Addio e grazie per tutto il pesce.
MISTER COLORADO®
2011-07-15 13:09:52 UTC
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Post by Catrame
Sei la macchietta di usenet.
Dai non esagerare.
Post by Catrame
La macchietta di sperma.
Lo so, ma tu per lei oramai non contavi piu nulla, non t'ama piu'.
--
Post by Catrame
Addio e grazie per tutto il pesce.
Ok poi ti mando la fattura a 7gg DFFM
ernesto
2011-07-15 17:26:59 UTC
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Post by MISTER COLORADO®
Post by AntiKomunista
ROMANO PRODI CONDANNATO
La terza sezione del Tribunale di Giustizia europeo ha CONDANNATO Romano
Prodi, più rappresentativamente detto "il mortadella", per aver fornito al
Parlamento Europeo notizie false e non documentate e per aver emesso
comunicati che mettevano in dubbio l'onorabilità di alti dirigenti che non
si erano sottomessi alle sue imposizioni e per aver tentato di OSTACOLARE
LA GIUSTIZIA.
Da Libero - 30/07/2009 - pag. 13
http://aconservativemind.blogspot.com/2005/09/prodi-e-berlusconi-dinanzi-alla-legge.html
http://informatorepolitico.ej.am/de-benedetti-romano-prodi.htm
Pui andare ometto viscido, ributtante e cazzaro.
AntiKomunista
AntiKaglia perchè non la pianti di fare figurine di merda?
Post by MISTER COLORADO®
Lo sapevo, lo sapevo che aveva lo scheletro nell'armadio!!
AntiKomunista
2011-07-15 18:32:48 UTC
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Post by ernesto
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ROMANO PRODI CONDANNATO
La terza sezione del Tribunale di Giustizia europeo ha CONDANNATO Romano
Prodi, più rappresentativamente detto "il mortadella", per aver fornito
al Parlamento Europeo notizie false e non documentate e per aver emesso
comunicati che mettevano in dubbio l'onorabilità di alti dirigenti che
non si erano sottomessi alle sue imposizioni e per aver tentato di
OSTACOLARE LA GIUSTIZIA.
Da Libero - 30/07/2009 - pag. 13
http://aconservativemind.blogspot.com/2005/09/prodi-e-berlusconi-dinanzi-alla-legge.html
http://informatorepolitico.ej.am/de-benedetti-romano-prodi.htm
Pui andare ometto viscido, ributtante e cazzaro.
AntiKomunista
AntiKaglia perchè non la pianti di fare figurine di merda?
Ometto viscido e ributtante le figure di merda le fai tu.
Prova a smentire solo un rigo di quello che ho scritto, pagliaccio a
ciondoli di scimmia.

AntiKOmunista
J&B
2011-07-15 18:39:46 UTC
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Post by AntiKomunista
Post by ernesto
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ROMANO PRODI CONDANNATO
La terza sezione del Tribunale di Giustizia europeo ha CONDANNATO
Romano Prodi, più rappresentativamente detto "il mortadella", per aver
fornito al Parlamento Europeo notizie false e non documentate e per
aver emesso comunicati che mettevano in dubbio l'onorabilità di alti
dirigenti che non si erano sottomessi alle sue imposizioni e per aver
tentato di OSTACOLARE LA GIUSTIZIA.
Da Libero - 30/07/2009 - pag. 13
http://aconservativemind.blogspot.com/2005/09/prodi-e-berlusconi-dinanzi-alla-legge.html
http://informatorepolitico.ej.am/de-benedetti-romano-prodi.htm
Pui andare ometto viscido, ributtante e cazzaro.
AntiKomunista
AntiKaglia perchè non la pianti di fare figurine di merda?
Ometto viscido e ributtante le figure di merda le fai tu.
Prova a smentire solo un rigo di quello che ho scritto, pagliaccio a
ciondoli di scimmia.
AntiKOmunista
IMPOSSIBILE CONFUTARE ALCUN RIGO, ROBA CHE HAI
LETTO NEL GIORNALE "LE GIOVANI MARMOTTE"
E TI VANTI DI ESSERE COSI' IMBECILLE?...DEGUSTIBUS
ernesto
2011-07-17 12:56:29 UTC
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Post by J&B
Post by AntiKomunista
Post by ernesto
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ROMANO PRODI CONDANNATO
La terza sezione del Tribunale di Giustizia europeo ha CONDANNATO Romano
Prodi, più rappresentativamente detto "il mortadella", per aver fornito
al Parlamento Europeo notizie false e non documentate e per aver emesso
comunicati che mettevano in dubbio l'onorabilità di alti dirigenti che
non si erano sottomessi alle sue imposizioni e per aver tentato di
OSTACOLARE LA GIUSTIZIA.
Da Libero - 30/07/2009 - pag. 13
http://aconservativemind.blogspot.com/2005/09/prodi-e-berlusconi-dinanzi-alla-legge.html
http://informatorepolitico.ej.am/de-benedetti-romano-prodi.htm
Pui andare ometto viscido, ributtante e cazzaro.
AntiKomunista
AntiKaglia perchè non la pianti di fare figurine di merda?
Ometto viscido e ributtante le figure di merda le fai tu.
Prova a smentire solo un rigo di quello che ho scritto, pagliaccio a
ciondoli di scimmia.
AntiKOmunista
IMPOSSIBILE CONFUTARE ALCUN RIGO, ROBA CHE HAI
LETTO NEL GIORNALE "LE GIOVANI MARMOTTE"
E TI VANTI DI ESSERE COSI' IMBECILLE?...DEGUSTIBUS
AntiKaglia e' un poveraccio colmo fino alla glottide del percolato
anale di Berlusconi. Non e' più in grado di intendere e volere, se mai
lo e' stato.

Legge una delle infinite BUFALE che pubblicano fogli di merda come
LIBERO o IL GIORNALE e ci crede!

Anzi comincia a sparare indignati post come in preda a una crisi
diarroica.
Poverino! Uno che si firma AniKomunista con la kappa e tonto per forza
di cose!!!

LIBERO si e' inventato una condanna a PRODI e il tapino si scandalizza:
PERCHE' NESSUNO NE PARLA????

Mica gli viene il sospetto che sia UNA BALLA !!!!
Macche', immagina Berlusconi zitto perche' complice di Prodi e chissà
che altro... la Mondiale Spectre del Komunismo con tanto di K!!!
E' un tapino.

Comunque ecco la sentenza che LIBERO ha contraffatto:

http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=CELEX:62005A0048:IT:HTML
Ed ecco la condanna presente al termine della sentenza:

IL TRIBUNALE (Terza Sezione) dichiara e statuisce:
La Commissione è condannata a versare ai sigg. Yves Franchet e
Daniel Byk la somma di EUR 56 000.

In conclusione possiamo tranquillamente sostenere che Prodi è stato
condannato dal Tribunale dell’AjA per crimini contro l’umanità. Non è
vero, ma fa figo lo stesso condividere questa notizia. Amen.


IN REALTA' fu PRODI ad accusare: nel 2003 Prodi intervenne in un’
audizione all’Europarlamento accusando Franchet e rilevando le sue
responsabilità legate allo scandalo, ma Franchet successivamente fece
causa alla Commissione Europea per aver leso la sua immagine in seguito
ad una indagine dell’Olaf (l’ufficio antifrode dell’Ue) e
nell’audizione erano state rese pubbliche delle informazioni che
dovevano restare riservate contenute nelle relazioni dell’Olaf (che
accusava Franchet di aver organizzato un sistema che consentiva al
denaro pubblico di essere ingoiato attraverso un conto bancario segreto
in Lussemburgo).
ernesto
2011-07-17 12:47:51 UTC
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Post by AntiKomunista
Post by ernesto
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ROMANO PRODI CONDANNATO
La terza sezione del Tribunale di Giustizia europeo ha CONDANNATO Romano
Prodi, più rappresentativamente detto "il mortadella", per aver fornito
al Parlamento Europeo notizie false e non documentate e per aver emesso
comunicati che mettevano in dubbio l'onorabilità di alti dirigenti che
non si erano sottomessi alle sue imposizioni e per aver tentato di
OSTACOLARE LA GIUSTIZIA.
Da Libero - 30/07/2009 - pag. 13
http://aconservativemind.blogspot.com/2005/09/prodi-e-berlusconi-dinanzi-alla-legge.html
http://informatorepolitico.ej.am/de-benedetti-romano-prodi.htm
Pui andare ometto viscido, ributtante e cazzaro.
AntiKomunista
AntiKaglia perchè non la pianti di fare figurine di merda?
Ometto viscido e ributtante le figure di merda le fai tu.
Prova a smentire solo un rigo di quello che ho scritto, pagliaccio a ciondoli
di scimmia.
AntiKOmunista
Povero AntiKaglia MAI CHE NE AZZECCHI UNA!!!
La condanna di PRODI e' infatti UNA BUFALA inventata da LIBERO!
Che ridere!!!
E il tapino si chiede "come mai nessunio ne parla?"

SEMPLICE: Perche' NON E' VERO. ahahahahaha!!!!!!!!!!!!!!!!

Capito AntiKaglia?
Ennesima figurona di MERDA!!!
poveraccio.

Leggi qui va!

http://it.paperblog.com/prodi-condannato-dal-tribunale-dell-aja-per-crimini-contro-l-umanita-ma-nessuno-ne-parla-341238/

Caspita, mi sono detto, la cosa è gravissima, addirittura la Corte di
Giustizia Europea. Il Prof. “Mortadella” deve averla fatta grossa! Avrà
organizzato un’orgia in una casa di riposo…
Leggendo l’articolo tuttavia non è specificata la pena (carcere?
sanzione amministrativa? non potrà più accompagnare a scuola i
nipotini?) insomma, niente di niente. (Vabbè, non importa è colpevole e
basta direbbe Gasparri).
Ho subito cercato su google ulteriori informazioni per avere altre
delucidazioni, la storia mi ha incuriosito ed ho scoperto che questo
articolo è stato scritto da un certo Roberto Pepe ,che ha scopiazzato
(male) un articolo comparso su Libero il 30 Luglio 2009 che sosteneva
che Prodi fosse stato condannato dalla Corte Europea di Giustizia con
una sentenza datata 8 luglio 2008, che ha interpretato a suo modo la
sentenza, traendo una conclusione stramba e non veritiera. (A tratti
incredibile, probabilmente non l’ha letta e l’avrà solo sognata).
Infatti, spulciando negli archivi delle sentenze della Corte ci si
accorge subito che la sentenza non riguarda Prodi, ma la Commissione
Europea (da lui presieduta nel periodo 1999-2004) e si riferisce
all’intricatissimo scandalo legato all’Eurostat.
Si trattava di un buco di circa 30 milioni di euro causato durante la
direzione Eurostat di Yves Franchet e del suo compagno di merende
Daniel Byk, famosi per aver fatto il bello e il cattivo tempo. Gli
ammanchi non cominciarono con l’era Prodi, ma ben prima. Fu tuttavia
sotto la Commissione presiduta da Prodi che lo scandalo venne portato
alla luce.
Nel 2003 Prodi intervenne in un’ audizione all’Europarlamento accusando
Franchet e rilevando le sue responsabilità legate allo scandalo, ma
Franchet successivamente fece causa alla Commissione Europea per aver
leso la sua immagine in seguito ad una indagine dell’Olaf (l’ufficio
antifrode dell’Ue) e nell’audizione erano state rese pubbliche delle
informazioni che dovevano restare riservate contenute nelle relazioni
dell’Olaf (che accusava Franchet di aver organizzato un sistema che
consentiva al denaro pubblico di essere ingoiato attraverso un conto
bancario segreto in Lussemburgo).
Ecco la sentenza:
AntiKomunista
2011-07-18 12:42:49 UTC
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Post by ernesto
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Post by ernesto
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ROMANO PRODI CONDANNATO
La terza sezione del Tribunale di Giustizia europeo ha CONDANNATO
Romano Prodi, più rappresentativamente detto "il mortadella", per aver
fornito al Parlamento Europeo notizie false e non documentate e per
aver emesso comunicati che mettevano in dubbio l'onorabilità di alti
dirigenti che non si erano sottomessi alle sue imposizioni e per aver
tentato di OSTACOLARE LA GIUSTIZIA.
Da Libero - 30/07/2009 - pag. 13
http://aconservativemind.blogspot.com/2005/09/prodi-e-berlusconi-dinanzi-alla-legge.html
http://informatorepolitico.ej.am/de-benedetti-romano-prodi.htm
Pui andare ometto viscido, ributtante e cazzaro.
AntiKomunista
AntiKaglia perchè non la pianti di fare figurine di merda?
Ometto viscido e ributtante le figure di merda le fai tu.
Prova a smentire solo un rigo di quello che ho scritto, pagliaccio a
ciondoli di scimmia.
AntiKOmunista
Povero AntiKaglia MAI CHE NE AZZECCHI UNA!!!
La condanna di PRODI e' infatti UNA BUFALA inventata da LIBERO!
Che ridere!!!
E il tapino si chiede "come mai nessunio ne parla?"
SEMPLICE: Perche' NON E' VERO. ahahahahaha!!!!!!!!!!!!!!!!
Ometto viscido, ributtante, culattone e moooooolto cretino... dovresti
sapere, escremento di vacca pazza cinese, che una notizia come quella data
da Libero, e da altri giornali dell'epoca, si fa smentire o si querela!!!
Trovami, stupidotto a pois, la smentita o la notizia di querela per QUELLA
notizia!!!
Altrimenti taci oppure spiegaci il metodo INFALLIBILE per vincere al
totocalcio che volevi vendere a Berlusconi un attimo prima di essere
cacciato a calci in culo.
Raccontaci diffusamente di questa storiella almeno "ce fai ride".

AntiKomunista
ernesto
2011-07-18 23:04:27 UTC
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Post by ernesto
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ROMANO PRODI CONDANNATO
La terza sezione del Tribunale di Giustizia europeo ha CONDANNATO
Romano Prodi, più rappresentativamente detto "il mortadella", per aver
fornito al Parlamento Europeo notizie false e non documentate e per
aver emesso comunicati che mettevano in dubbio l'onorabilità di alti
dirigenti che non si erano sottomessi alle sue imposizioni e per aver
tentato di OSTACOLARE LA GIUSTIZIA.
Da Libero - 30/07/2009 - pag. 13
http://aconservativemind.blogspot.com/2005/09/prodi-e-berlusconi-dinanzi-alla-legge.html
http://informatorepolitico.ej.am/de-benedetti-romano-prodi.htm
Pui andare ometto viscido, ributtante e cazzaro.
AntiKomunista
AntiKaglia perchè non la pianti di fare figurine di merda?
Ometto viscido e ributtante le figure di merda le fai tu.
Prova a smentire solo un rigo di quello che ho scritto, pagliaccio a
ciondoli di scimmia.
AntiKOmunista
Povero AntiKaglia MAI CHE NE AZZECCHI UNA!!!
La condanna di PRODI e' infatti UNA BUFALA inventata da LIBERO!
Che ridere!!!
E il tapino si chiede "come mai nessunio ne parla?"
SEMPLICE: Perche' NON E' VERO. ahahahahaha!!!!!!!!!!!!!!!!
Ometto viscido, ributtante, culattone e moooooolto cretino... dovresti
sapere, escremento di vacca pazza cinese, che una notizia come quella data da
Libero, e da altri giornali dell'epoca, si fa smentire o si querela!!!
Trovami, stupidotto a pois, la smentita o la notizia di querela per QUELLA
notizia!!!
Altrimenti taci oppure spiegaci il metodo INFALLIBILE per vincere al
totocalcio che volevi vendere a Berlusconi un attimo prima di essere cacciato
a calci in culo.
Raccontaci diffusamente di questa storiella almeno "ce fai ride".
AntiKomunista
Povero AntiKaglia! Quella notizie era talmente stronza che non meriava
querela alcuna. Se uno dovesse querelare il fogliacci di merda ogni
volta che sparano una cazzata starebbe frescoIL FATTO E? CHE PRODI NON
E? MAI STATO CONDANNATO DA LACUN TRIBUNALE, come e' ovvio per ogni
politico decente del pianeta!

Solo qui i criminali governano e montano cricche delinquenziali come
quelle di Pompetta Berlusconi!

In nessun Parlamento del mondo siede gente come DELLUTRI condannato per
mafia anche in appello! O com'era il senatore sicario PREVITI! E tanti
altri che hanno condanne di primo o di secondo grado. SOLO QUI, SOLO
COL PIDUISTA CORRUTTORE E LADRO.

DIPIETRO, tignoso, invece ha sempre querelato sia LIBERO che IL
GIORNALE e si e' fatto una pila di milioni di euro! Ma gli attacchi
erano personali, false circostanze, accuse strmapalte di corruzione,
taroccare una sentenza in cui Prodi era il DENUNCIANTE e' talmente
buffo da lasciarla ai pirla come te che forse non sei un ometto viscido
e ributtante ma cretino sì.

Comuqnue, rassegnati: PRODI NON E' MAI STATO CONDANNATO per questo
NESSUNO NE HA MAI PARLATO! ahahahaha!

che pirla, gente!

e
AntiKomunista
2011-07-18 12:43:46 UTC
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Post by ernesto
Post by AntiKomunista
Post by ernesto
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ROMANO PRODI CONDANNATO
La terza sezione del Tribunale di Giustizia europeo ha CONDANNATO
Romano Prodi, più rappresentativamente detto "il mortadella", per aver
fornito al Parlamento Europeo notizie false e non documentate e per
aver emesso comunicati che mettevano in dubbio l'onorabilità di alti
dirigenti che non si erano sottomessi alle sue imposizioni e per aver
tentato di OSTACOLARE LA GIUSTIZIA.
Da Libero - 30/07/2009 - pag. 13
http://aconservativemind.blogspot.com/2005/09/prodi-e-berlusconi-dinanzi-alla-legge.html
http://informatorepolitico.ej.am/de-benedetti-romano-prodi.htm
Pui andare ometto viscido, ributtante e cazzaro.
AntiKomunista
AntiKaglia perchè non la pianti di fare figurine di merda?
Ometto viscido e ributtante le figure di merda le fai tu.
Prova a smentire solo un rigo di quello che ho scritto, pagliaccio a
ciondoli di scimmia.
AntiKOmunista
Povero AntiKaglia MAI CHE NE AZZECCHI UNA!!!
La condanna di PRODI e' infatti UNA BUFALA inventata da LIBERO!
Che ridere!!!
E il tapino si chiede "come mai nessunio ne parla?"
SEMPLICE: Perche' NON E' VERO. ahahahahaha!!!!!!!!!!!!!!!!
Ometto viscido, ributtante, culattone e moooooolto cretino... dovresti
sapere, escremento di vacca pazza cinese, che una notizia come quella data
da Libero, e da altri giornali dell'epoca, si fa smentire o si querela!!!
Trovami, stupidotto a pois, la smentita o la notizia di querela per QUELLA
notizia!!!
Altrimenti taci oppure spiegaci il metodo INFALLIBILE per vincere al
totocalcio che volevi vendere a Berlusconi un attimo prima di essere
cacciato a calci in culo.
Raccontaci diffusamente di questa storiella almeno "ce fai ride".

AntiKomunista
MISTER COLORADO®
2011-08-05 11:33:10 UTC
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Post by AntiKomunista
Ometto viscido, ributtante, culattone e moooooolto cretino
Dai non dirgli cretino che poi si offende e si deve operare alla catarrutta!
ernesto
2011-09-06 16:00:07 UTC
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Post by ernesto
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ROMANO PRODI CONDANNATO
La terza sezione del Tribunale di Giustizia europeo ha CONDANNATO
Romano Prodi, più rappresentativamente detto "il mortadella", per aver
fornito al Parlamento Europeo notizie false e non documentate e per
aver emesso comunicati che mettevano in dubbio l'onorabilità di alti
dirigenti che non si erano sottomessi alle sue imposizioni e per aver
tentato di OSTACOLARE LA GIUSTIZIA.
Da Libero - 30/07/2009 - pag. 13
http://aconservativemind.blogspot.com/2005/09/prodi-e-berlusconi-dinanzi-alla-legge.html
http://informatorepolitico.ej.am/de-benedetti-romano-prodi.htm
Pui andare ometto viscido, ributtante e cazzaro.
AntiKomunista
AntiKaglia perchè non la pianti di fare figurine di merda?
Ometto viscido e ributtante le figure di merda le fai tu.
Prova a smentire solo un rigo di quello che ho scritto, pagliaccio a
ciondoli di scimmia.
AntiKOmunista
Povero AntiKaglia MAI CHE NE AZZECCHI UNA!!!
La condanna di PRODI e' infatti UNA BUFALA inventata da LIBERO!
Che ridere!!!
E il tapino si chiede "come mai nessunio ne parla?"
SEMPLICE: Perche' NON E' VERO. ahahahahaha!!!!!!!!!!!!!!!!
Ometto viscido, ributtante, culattone e moooooolto cretino... dovresti
sapere, escremento di vacca pazza cinese, che una notizia come quella data
da Libero, e da altri giornali dell'epoca, si fa smentire o si querela!!!
Trovami, stupidotto a pois, la smentita o la notizia di querela per QUELLA
notizia!!!
Altrimenti taci oppure spiegaci il metodo INFALLIBILE per vincere al
totocalcio che volevi vendere a Berlusconi un attimo prima di essere
cacciato a calci in culo.
Raccontaci diffusamente di questa storiella almeno "ce fai ride".
AntiKomunista
AntiKaglia, LIBERO e' della tua stessa specie: buffoni bugiardi
consapevoli. Lo sanno tutti e nessuno querela nè te nè LIBERO. Manco
BOFFO li ha querelati eppure prendendo spunto da un minuscocolo farro
ERO hanno costruito una GIAGNETSCO FALSO.

Ovviamentetu sai benissimo, perche' qualche anioma ingenua ti ha
postato la SENTENZA della UE dove PRODI IL GRANDE non e' nemmno
nominato, nella convinzione che, appurata la verità, avresti smesso la
calunnia.

Ovviamente hai dimostrato di essere buguiando consapevole. Tutto qui.

LIBERO e' merda, nessun giornasle serio avrebbe falsificato così
scioccamente una notizia. Ma evidemtememnte FELTRI L'INFAME sa che ci
sono pirla come te.


e
AntiKomunista
2011-09-06 17:12:03 UTC
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Post by ernesto
AntiKaglia, LIBERO e' della tua stessa specie: buffoni bugiardi
consapevoli. Lo sanno tutti e nessuno querela nè te nè LIBERO. Manco BOFFO
li ha querelati eppure prendendo spunto da un minuscocolo farro ERO hanno
costruito una GIAGNETSCO FALSO.
Ovviamentetu sai benissimo, perche' qualche anioma ingenua ti ha postato
la SENTENZA della UE dove PRODI IL GRANDE non e' nemmno nominato, nella
convinzione che, appurata la verità, avresti smesso la calunnia.
Ovviamente hai dimostrato di essere buguiando consapevole. Tutto qui.
LIBERO e' merda, nessun giornasle serio avrebbe falsificato così
scioccamente una notizia. Ma evidemtememnte FELTRI L'INFAME sa che ci sono
pirla come te.
e
Ometto viscido e ributtante, nonche' cazzaro e cretino totale, ti ricordo
quanto sotto:

ROMANO PRODI CONDANNATO
La terza sezione del Tribunale di Giustizia europeo ha CONDANNATO Romano
Prodi, più rappresentativamente detto "il mortadella", per aver fornito al
Parlamento Europeo notizie false e non documentate e per aver emesso
comunicati che mettevano in dubbio l'onorabilità di alti dirigenti che non
si erano sottomessi alle sue imposizioni e per aver tentato di OSTACOLARE LA
GIUSTIZIA.
Da Libero - 30/07/2009 - pag. 13 (NOTIZIA MAI SMENTITA!!!!!)

e poi:
http://aconservativemind.blogspot.com/2005/09/prodi-e-berlusconi-dinanzi-alla-legge.html

e ancora:
http://informatorepolitico.ej.am/de-benedetti-romano-prodi.htm

AntiKomunista
ernesto
2011-11-02 17:21:43 UTC
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AntiKaglia copia e ripia la sua comica sentenza dove iolnome di PRODI
il GRANDE non c'è.

Non pubblica mai invece cquelle delal codnanna definitiva del sicario
corruttore del Pompetta, certo PREVITI CESARE!
E neppure le due sentenze per mafia del suo fido DELLUTRI MARCELLO. il
fondator di Forza Italia!

Per non parlare dell'ergastolo del suo eroe MANGANO VITTORIO!

AntiKaglia non pubblica neppire le tre sentenze che condannano il
Pompetta alla galera, passate in prescrizione solo perchè si è
autotagliato i termini! Ma che sia da galera, non cambia.

e
AntiKomunista
2011-11-03 09:03:25 UTC
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AntiKaglia copia e ripia la sua comica sentenza dove iolnome di PRODI il
GRANDE non c'è.
Non pubblica mai invece cquelle delal codnanna definitiva del sicario
corruttore del Pompetta, certo PREVITI CESARE!
E neppure le due sentenze per mafia del suo fido DELLUTRI MARCELLO. il
fondator di Forza Italia!
Per non parlare dell'ergastolo del suo eroe MANGANO VITTORIO!
Ometto viscido ributtante, e anche molto imbecille, IO non vado a dire di
Previti, di Dell'Utri e di Mangano che sono dei geni della politica, della
finanza e campioni di onesta' come tu fai con il mortadella.
Smetti di dire stronzate, altrimenti ti dovro' SEMPRE ricordare chi e' il
mortadella:

ROMANO PRODI CONDANNATO
La terza sezione del Tribunale di Giustizia europeo ha CONDANNATO Romano
Prodi, più rappresentativamente detto "il mortadella", per aver fornito al
Parlamento Europeo notizie false e non documentate e per aver emesso
comunicati che mettevano in dubbio l'onorabilità di alti dirigenti che non
si erano sottomessi alle sue imposizioni e per aver tentato di OSTACOLARE LA
GIUSTIZIA.
Da Libero - 30/07/2009 - pag. 13 (NOTIZIA MAI SMENTITA)

Per tappare la bocca ai coglioni che continuano a scrivere che a nome di
Romano Prodi non ci sono condanne e' bene specificare che la sentenza e' a
nome del Presidente della Commissione (Cioè Romano Prodi) condannato per
ostacolo alla giustizia, diffusione di notizie false e mobbyng dalla Terza
Sezione Penale della Corte di Giustizia Europea con sentenza dell'8 luglio
2008.

e poi:
http://aconservativemind.blogspot.com/2005/09/prodi-e-berlusconi-dinanzi-alla-legge.html

e ancora:
http://informatorepolitico.ej.am/de-benedetti-romano-prodi.htm
AntiKaglia non pubblica neppire le tre sentenze che condannano il
Pompetta alla galera, passate in prescrizione solo perchè si è
autotagliato i termini! Ma che sia da galera, non cambia.
Berlusca NON E' MAI STATO CONDANNATO e ha sempre vinto OGNI VOLTA che e'
stato processato.
Se sei convinto che queste sentenze esistano pubblicale tu, coglione.
Adesso puoi andare a fare le tue solite pugnette ai cani!!!

AntiKomunista
ernesto
2011-09-06 16:03:23 UTC
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Post by MISTER COLORADO®
Post by AntiKomunista
ROMANO PRODI CONDANNATO
La terza sezione del Tribunale di Giustizia europeo ha CONDANNATO Romano
Prodi, più rappresentativamente detto "il mortadella", per aver fornito al
Parlamento Europeo notizie false e non documentate e per aver emesso
comunicati che mettevano in dubbio l'onorabilità di alti dirigenti che non
si erano sottomessi alle sue imposizioni e per aver tentato di OSTACOLARE
LA GIUSTIZIA.
Da Libero - 30/07/2009 - pag. 13
http://aconservativemind.blogspot.com/2005/09/prodi-e-berlusconi-dinanzi-alla-legge.html
http://informatorepolitico.ej.am/de-benedetti-romano-prodi.htm
Pui andare ometto viscido, ributtante e cazzaro.
AntiKomunista
Lo sapevo, lo sapevo che aveva lo scheletro nell'armadio!!
Dai, non ti far fregare dal primo cialtrone che scrive! Feltri e' il
primo, AntiKaglia arriva secondo!

in realtà, non è stato condannato PRODI ma la Commissione Europea, da
lui presieduta (1999 - 2004)

Quello che dice Libero è BUFALA come il CASO BOFFO.

il nome di Romano Prodi non è nemmeno citato nel documento.

http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=CELEX:62005A0048:IT:HTML

e
AntiKomunista
2011-09-06 17:13:59 UTC
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Post by ernesto
Post by MISTER COLORADO®
Lo sapevo, lo sapevo che aveva lo scheletro nell'armadio!!
Dai, non ti far fregare dal primo cialtrone che scrive! Feltri e' il
primo, AntiKaglia arriva secondo!
in realtà, non è stato condannato PRODI ma la Commissione Europea, da lui
presieduta (1999 - 2004)
SUPEREXTRAMEGASTRAROTFL!!!!!

Ometto viscido e ributtante, nonche' cazzaro e cretino totale, ti ricordo
quanto sotto:

ROMANO PRODI CONDANNATO
La terza sezione del Tribunale di Giustizia europeo ha CONDANNATO Romano
Prodi, più rappresentativamente detto "il mortadella", per aver fornito al
Parlamento Europeo notizie false e non documentate e per aver emesso
comunicati che mettevano in dubbio l'onorabilità di alti dirigenti che non
si erano sottomessi alle sue imposizioni e per aver tentato di OSTACOLARE LA
GIUSTIZIA.
Da Libero - 30/07/2009 - pag. 13 (NOTIZIA MAI SMENTITA!!!!!)

e poi:
http://aconservativemind.blogspot.com/2005/09/prodi-e-berlusconi-dinanzi-alla-legge.html

e ancora:
http://informatorepolitico.ej.am/de-benedetti-romano-prodi.htm

AntiKomunista
PDP-11
2011-09-06 17:16:39 UTC
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Post by AntiKomunista
Post by ernesto
Post by MISTER COLORADO®
Lo sapevo, lo sapevo che aveva lo scheletro nell'armadio!!
Dai, non ti far fregare dal primo cialtrone che scrive! Feltri e' il
primo, AntiKaglia arriva secondo!
in realtà, non è stato condannato PRODI ma la Commissione Europea, da lui
presieduta (1999 - 2004)
SUPEREXTRAMEGASTRAROTFL!!!!!
Brucia la realta', eh, cazzaro?!

Causa T-48/05

Yves Franchet e Daniel Byk

contro

Commissione delle Comunità europee

«Responsabilità extracontrattuale - Funzione pubblica - Indagini dell'OLAF -
Caso "Eurostat" - Trasmissione ad autorità giudiziarie nazionali di
informazioni relative a fatti penalmente perseguibili - Mancata informazione
preventiva dei funzionari interessati e del comitato di vigilanza dell'LAF - Fuga di notizie nella stampa - Divulgazione da parte dell'OLAF e della
Commissione - Violazione del principio della presunzione di innocenza -
Danno morale - Nesso di causalità»

Massime della sentenza

1. Procedura - Misure di organizzazione del procedimento - Domanda di
stralcio dal fascicolo di documenti interni di un'istituzione

(Regolamento di procedura del Tribunale, art. 64)

2. Funzionari - Ricorso per risarcimento danni - Oggetto - Domanda di
risarcimento dei danni causati da un'indagine dell'Ufficio europeo per la
lotta antifrode (OLAF)

(Artt. 235 CE e 236 CE)

3. Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF) - Regolamento n.
1073/1999 relativo alle indagini svolte dall'OLAF - Modalità delle indagini
interne adottate dalle istituzioni comunitarie

(Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio n. 1073/1999, art. 10,
nn. 2 e 3; decisione della Commissione 1999/396, art. 4)

4. Responsabilità extracontrattuale - Presupposti - Violazione
sufficientemente qualificata di una norma giuridica che conferisce diritti
ai singoli - Violazione dell'obbligo di informare l'interessato nell'ambito
di un'indagine dell'Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF) -
Violazione dell'obbligo di informare previamente il comitato di vigilanza

(Art. 288, secondo comma, CE; regolamento del Parlamento europeo e del
Consiglio n. 1073/1999, art. 10, nn. 2 e 3; decisione della Commissione
1999/396, art. 4; regolamento interno del comitato di vigilanza dell'OLAF,
art. 2)

5. Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF) - Regolamento n.
1073/1999 relativo alle indagini svolte dall'OLAF - Trasmissione alle
autorità nazionali di informazioni raccolte nel corso di un'indagine

(Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio n. 1073/1999, artt. 4,
n. 5, e 10, nn. 2 e 3)

6. Funzionari - Ricorso - Ricorso per risarcimento danni - Motivi di
ricorso - Ricorso per il risarcimento dei danni causati da un'indagine dell'Ufficio
europeo per la lotta antifrode (OLAF)

(Statuto dei funzionari, art. 91; regolamento del Parlamento europeo e del
Consiglio n. 1073/1999, art. 10, n. 2)

7. Responsabilità extracontrattuale - Presupposti - Illegittimità -
Danno - Nesso causale - Onere della prova a carico del ricorrente - Limiti

(Art. 288, secondo comma, CE)

8. Responsabilità extracontrattuale - Presupposti - Violazione
sufficientemente qualificata di una norma giuridica che conferisce diritti
ai singoli - Comunicato stampa dell'amministrazione idoneo a ingenerare l'impressione
che un funzionario sia coinvolto in irregolarità senza che sia provata la
sua colpevolezza

(Art. 288, secondo comma, CE; regolamento del Parlamento europeo e del
Consiglio n. 1073/1999, art. 8, n. 2)

9. Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF) - Regolamento n.
1073/1999 relativo alle indagini svolte dall'OLAF - Diritti della difesa -
Portata - Diritto di accesso al fascicolo istruttorio - Insussistenza salvo
pubblicazione della relazione finale

(Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, art. 41; regolamento
del Parlamento europeo e del Consiglio n. 1073/1999; decisione della
Commissione 1999/396, art. 4)

10. Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF) - Regolamento n.
1073/1999 relativo alle indagini svolte dall'OLAF - Durata del procedimento

(Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio n. 1073/1999, artt. 6,
n. 5, e 11, n. 7)

11. Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF) - Regolamento n.
1073/1999 relativo alle indagini svolte dall'OLAF - Riservatezza delle
indagini

(Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio n. 1073/1999, art. 12)

12. Funzionari - Regime disciplinare - Procedimento disciplinare -
Procedimenti disciplinari e penali promossi contemporaneamente a proposito
degli stessi fatti

(Statuto dei funzionari, art. 88, quinto comma; allegato IX, art. 7, secondo
comma)

1. Di regola, un'istituzione può legittimamente chiedere il ritiro dal
fascicolo sottoposto al giudice comunitario di un documento interno quando
esso non sia stato ottenuto con mezzi legittimi da colui che lo fa valere.
Infatti, un documento interno ha carattere riservato, salvo che l'istituzione
da cui promana abbia accettato di divulgarlo. Tuttavia, in determinate
situazioni, non è necessario che il ricorrente dimostri di avere ottenuto
legalmente il documento riservato invocato a sostegno della sua tesi ed è
necessario valutare, mediante una ponderazione degli interessi da tutelare,
se circostanze particolari, quali il carattere decisivo della produzione del
documento interno allo scopo di garantire il controllo della regolarità
della procedura di adozione dell'atto impugnato o di dimostrare l'esistenza
di uno sviamento di potere, giustifichino il fatto di non procedere al
ritiro del documento stesso.

(v. punti 77, 79)

2. Le richieste tese al risarcimento del presunto danno materiale e
morale subito da un funzionario in conseguenza, da un lato, dello
svolgimento e della conclusione, ad opera dell'Ufficio europeo per la lotta
antifrode (OLAF), di un'indagine che lo riguarda personalmente ed
eventualmente gli attribuisce pubblicamente la responsabilità di talune
irregolarità constatate molto prima dell'adozione di una decisione finale
del giudice nazionale competente e, dall'altro, in ragione del modo in cui
si è comportata la Commissione nel contesto di tale indagine, non possono
essere respinte in quanto premature, in modo da obbligare il funzionario a
proporre tale domanda solo dopo l'eventuale decisione definitiva delle
autorità giudiziarie nazionali. Infatti, l'eventuale risultato del
procedimento giudiziario nazionale non può incidere sul procedimento dinanzi
al giudice comunitario in quanto, nell'ambito delle dette richieste
risarcitorie, non si tratta di sapere se i fatti contestati al funzionario
siano dimostrati o meno, o se egli abbia commesso atti illeciti nell'esercizio
della sua attività professionale, ma di esaminare il modo in cui l'OLAF ha
condotto la propria indagine nonché il modo in cui si è comportata la
Commissione nel contesto della stessa, poiché il danno lamentato dal
funzionario è diverso da quello che potrebbe risultare da un verdetto di non
colpevolezza emesso dalle autorità giudiziarie nazionali.

(v. punti 90-91)

3. Dalle disposizioni dell'art. 4, primo comma, della decisione
1999/396, riguardante le condizioni e le modalità delle indagini interne in
materia di lotta contro le frodi, la corruzione e ogni altra attività
illecita lesiva degli interessi della Comunità, risulta che il funzionario
interessato deve essere prontamente informato della possibilità di un suo
coinvolgimento personale, se ciò non rischia di pregiudicare l'indagine, e
che, in ogni caso, non si può trarre alcuna conclusione, al termine dell'indagine,
riguardante personalmente un funzionario della Commissione senza aver dato
modo all'interessato di esprimersi su tutti i fatti che lo concernono. La
violazione di tali disposizioni, che fissano le condizioni nelle quali il
rispetto dei diritti della difesa del funzionario interessato può essere
conciliato con le esigenze di riservatezza proprie di ogni indagine di
questa natura, costituisce una violazione di forme sostanziali applicabili
alla procedura d'indagine.

È vero che l'art. 4 della decisione 1999/396 non riguarda esplicitamente la
trasmissione delle informazioni che, a norma dell'art. 10, nn. 2 e 3, del
regolamento n. 1073/1999, relativo alle indagini svolte dall'Ufficio europeo
per la lotta antifrode (OLAF), l'OLAF può o deve, rispettivamente nell'ambito
delle indagini esterne o interne, inviare alle autorità giudiziarie
nazionali, e che quindi la norma suddetta non prevede l'obbligo di informare
il funzionario interessato prima di tale trasmissione. Tuttavia, se tali
informazioni contengono una «conclusione (.) riguardante personalmente» il
funzionario coinvolto, questi dev'essere in linea di principio informato e
sentito in ordine ai fatti che lo riguardano.

Detto articolo prevede tuttavia una deroga laddove ai fini dell'indagine sia
necessaria la massima segretezza e si debba ricorrere a mezzi investigativi
di competenza di un'autorità giudiziaria nazionale. In questi casi, l'obbligo
di invitare il funzionario ad esprimersi può essere differito con il
consenso del segretario generale della Commissione. Pertanto, perché si
possa differire l'informativa, deve ricorrere la duplice condizione della
necessità di mantenimento della massima segretezza ai fini dell'indagine e
dell'esigenza di ricorrere a mezzi investigativi di competenza di un'autorità
giudiziaria nazionale. Si deve inoltre ottenere il previo consenso del
segretario generale della Commissione. L'obbligo di chiedere e ottenere il
consenso del segretario generale della Commissione non è una semplice
formalità, eventualmente esperibile in una fase successiva. Infatti, se così
fosse, l'esigenza di ottenere tale consenso perderebbe la sua ragion d'essere,
ossia garantire che siano rispettati i diritti della difesa dei funzionari
interessati, che l'informazione a loro destinata venga differita solo in
casi del tutto eccezionali e che la valutazione di tale carattere
eccezionale non venga riservata all'OLAF, ma sia rimessa anche al giudizio
del segretario generale della Commissione.

(v. punti 128-130, 133, 144-146, 151)

4. La norma giuridica secondo cui le persone sottoposte ad un'indagine
condotta dall'Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF) devono essere
informate e messe in condizione di esprimersi su tutti i fatti che le
riguardano conferisce diritti ai singoli. È certo vero che, ai sensi dell'art.
4 della decisione 1999/396, riguardante le condizioni e le modalità delle
indagini interne in materia di lotta contro le frodi, la corruzione e ogni
altra attività illecita lesiva degli interessi finanziari della Comunità, l'OLAF
dispone di un margine discrezionale laddove, ai fini dell'indagine, sia
necessaria la massima segretezza e si debba ricorrere a mezzi investigativi
di competenza di un'autorità giudiziaria nazionale, cosicché l'obbligo di
invitare il funzionario ad esprimersi può essere differito con il consenso
del segretario generale della Commissione. Tuttavia, per quanto riguarda le
modalità di adozione della decisione di differire l'informativa ai
funzionari interessati e la verifica delle condizioni d'applicazione dell'art.
4 della decisione 1999/396, l'OLAF non dispone di alcun margine
discrezionale.

Ne discende che l'OLAF commette una violazione sufficientemente qualificata
di una norma giuridica che conferisce diritti ai singoli qualora, senza aver
invocato il ricorso a siffatti mezzi investigativi e senza aver sollecitato
il consenso del segretario generale della Commissione in tempo utile per
differire l'invito obbligatorio ad esprimersi del funzionario interessato
dall'inchiesta, non rispetti né le condizioni né le modalità applicative di
tale eccezione.

Ciò vale altresì per la violazione dell'obbligo imposto all'OLAF dall'art.
11, n. 7, del regolamento n. 1073/1999, relativo alle indagini svolte dall'OLAF,
di consultare il suo comitato di vigilanza prima della trasmissione di
informazioni alle autorità giudiziarie nazionali, che rappresenta una
violazione sufficientemente qualificata di una norma giuridica che ha lo
scopo di conferire diritti ai singoli interessati. Da un lato, infatti,
anche se, a norma dell'art. 11, n. 1, del detto regolamento, il comitato di
vigilanza dell'OLAF non interferisce nello svolgimento delle indagini in
corso, esso è chiamato a proteggere i diritti delle persone assoggettate ad
inchiesta in quanto, conformemente all'art. 2 del suo regolamento interno,
tale organo «vigila acciocché le attività dell'OLAF siano espletate nel
pieno rispetto dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, nonché in
conformità dei trattati e del diritto derivato, in particolare del
protocollo sui privilegi e le immunità e dello statuto dei funzionari». Dall'altro
lato, l'art. 11, n. 7, del regolamento n. 1073/1999 prevede che l'informazione
del comitato di vigilanza costituisce un obbligo incondizionato e non lascia
all'OLAF alcun margine di discrezionalità.

(v. punti 146, 153-156, 164, 167-170)

5. L'Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF) non è tenuto ad
informare l'istituzione interessata da un'indagine interna prima della
trasmissione alle autorità giudiziarie dello Stato membro interessato, ai
sensi dell'art. 10, n. 2, del regolamento n. 1073/1999, relativo alle
indagini svolte dall'OLAF, delle informazioni raccolte su fatti penalmente
perseguibili. Infatti, da un lato, la trasmissione all'istituzione
interessata delle informazioni raccolte in occasione di indagini interne è
solo facoltativa, a norma dell'art. 10, n. 3, di tale regolamento, e nessuna
disposizione di tale articolo prevede che la trasmissione delle informazioni
alle autorità giudiziarie nazionali debba essere preceduta o accompagnata
dall'informazione dell'istituzione interessata. Dall'altro lato, l'art. 4,
n. 5, del medesimo regolamento, secondo cui l'istituzione interessata dev'essere
informata, nell'ambito delle indagini interne, qualora dalle indagini emerga
la possibilità di un coinvolgimento personale di uno dei suoi membri,
dirigenti, funzionari o agenti, non prevede alcun termine per fornire tale
informazione e contiene inoltre una deroga secondo cui l'OLAF può differire
tale informazione nei casi che richiedano, a sua discrezione, che sia
mantenuto il segreto assoluto ai fini dell'indagine.

Infine, tali disposizioni non contengono norme giuridiche che conferiscano
diritti ai singoli di cui il giudice comunitario deve garantire il rispetto.

(v. punti 158-159, 162)

6. Nell'ambito di un ricorso per il risarcimento del presunto danno
materiale e morale subito da un funzionario in ragione dello svolgimento e
della conclusione di un'indagine ad opera dell'Ufficio europeo per la lotta
antifrode (OLAF), è inoperante un motivo basato sull'influenza esercitata
sulle autorità giudiziarie nazionali in occasione della trasmissione alle
medesime, ai sensi dell'art. 10, n. 2, del regolamento n. 1073/1999,
relativo alle indagini svolte dall'OLAF, delle informazioni relative all'indagine,
e con il quale si affermi che l'OLAF avrebbe orientato dette autorità
giudiziarie dando anzitempo qualifiche penali ai fatti comunicati. Infatti,
il seguito che le autorità nazionali riservano alle informazioni loro
trasmesse dall'OLAF è rimesso esclusivamente ed interamente alla loro
responsabilità. Spetta pertanto a tali autorità verificare esse stesse se
siffatte informazioni giustifichino o impongano l'avvio di procedimenti
penali. Di conseguenza, la tutela giurisdizionale nei confronti di siffatti
procedimenti deve essere assicurata a livello nazionale con tutte le
garanzie previste dal diritto interno, ivi comprese quelle derivanti dai
diritti fondamentali che, facendo parte integrante dei principi generali del
diritto comunitario, devono del pari essere rispettati dagli Stati membri
quando danno esecuzione ad una normativa comunitaria.

(v. punti 171-173)

7. Nell'ambito di un ricorso per risarcimento incombe al ricorrente
dimostrare che sussistono tutte le condizioni cui è subordinato il sorgere
della responsabilità extracontrattuale della Comunità ai sensi dell'art.
288, secondo comma, CE. Questa regola, tuttavia, subisce un'attenuazione
quando l'evento dannoso potrebbe essere stato provocato da cause diverse e l'istituzione
comunitaria non abbia prodotto alcun elemento di prova che consenta di
stabilire a quale di tali cause sia imputabile l'evento, malgrado che la
medesima istituzione si trovasse nella posizione migliore per fornire prove
al riguardo, motivo per cui la residua incertezza dev'essere posta a suo
carico.

(v. punti 182-183)

8. Il principio della presunzione di innocenza esige che una persona
accusata di un illecito sia considerata innocente fino a quando non ne sia
stata dimostrata la colpevolezza al di là di ogni ragionevole dubbio nel
corso di un processo. Ciononostante, non si può impedire ad un'istituzione
di informare il pubblico sulle indagini in corso avviate dall'Ufficio
europeo per la lotta antifrode (OLAF) e relative ad irregolarità commesse in
seno all'istituzione stessa. Essa deve tuttavia farlo con tutta la
discrezione e la prudenza richieste, rispettando il giusto equilibrio tra
gli interessi dei funzionari interessati e quelli dell'istituzione.

La diffusione, ad opera di un'istituzione, di un comunicato stampa che
ingeneri nel pubblico, o quantomeno in una parte di esso, l'impressione che
un funzionario sia coinvolto in irregolarità commesse al suo interno,
qualora non sia stata ancora dimostrata la colpevolezza di tale funzionario,
esula dai limiti di quanto giustificato dall'interesse del servizio e
rappresenta una violazione sufficientemente qualificata della presunzione di
innocenza, dal momento che l'istituzione non dispone di alcun margine
discrezionale quanto all'obbligo di rispettare tale presunzione.

Del pari, l'OLAF viola il principio della presunzione di innocenza qualora,
nel corso di una procedura d'indagine che coinvolge un funzionario, lasci
filtrare alla stampa informazioni che generano l'impressione della
colpevolezza, sul piano penale, di quest'ultimo e che incitano il pubblico a
crederlo colpevole prima che un giudice si sia pronunciato in proposito. Con
una tale fuga di notizie, l'OLAF viola altresì l'obbligo di riservatezza
delle indagini e, provocando la divulgazione alla stampa di elementi
sensibili delle indagini, lede l'interesse a una buona amministrazione nella
misura in cui consente al grande pubblico di accedere, a indagini in corso,
a informazioni riservate dell'amministrazione. Si tratta in tal caso di
violazioni sufficientemente qualificate di tali norme giuridiche, dato che
spetta all'OLAF vigilare affinché non si verifichino tali fughe di notizie,
che ledono i diritti fondamentali degli interessati, quale la presunzione di
innocenza, e l'amministrazione non dispone di alcun margine di
discrezionalità nell'adempimento di tale obbligo.

(v. punti 216-217, 219, 309-311, 314)

9. L'Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF) non è obbligato ad
accordare a un funzionario comunitario che si presume essere coinvolto in un'indagine
interna - prima dell'adozione di una decisione finale a lui pregiudizievole
da parte dell'autorità investita del potere di nomina da cui dipende - l'accesso
ai documenti oggetto di un'indagine siffatta o a quelli redatti dallo stesso
OLAF in tale occasione; se così non fosse, si rischierebbe di compromettere
l'efficacia e la riservatezza della missione affidata all'OLAF e l'indipendenza
di tale organo. In particolare, il semplice fatto che una parte di un
fascicolo di indagine riservato possa essere stata illecitamente divulgata
alla stampa non giustifica di per sé una deroga, in favore del funzionario
che si presume essere interessato, alla riservatezza di tale fascicolo e
dell'indagine condotta dall'OLAF. Il rispetto dei diritti di difesa del
funzionario in questione è sufficientemente garantito dall'art. 4 della
decisione 1999/396, riguardante le condizioni e le modalità delle indagini
interne in materia di lotta contro le frodi, la corruzione e ogni altra
attività illecita lesiva degli interessi della Comunità, il quale non
obbliga l'OLAF ad accordare l'accesso a tali documenti.

Tale approccio non è in contrasto con il rispetto del diritto a una buona
amministrazione, previsto dall'art. 41 della Carta dei diritti fondamentali
dell'Unione europea, secondo cui tale diritto comprende il diritto di ogni
individuo di accedere al fascicolo che lo riguarda, nel rispetto dei
legittimi interessi della riservatezza e del segreto professionale e
commerciale. Pertanto, l'accesso al fascicolo dell'indagine condotta dall'OLAF
prima dell'adozione della sua relazione finale può essere negato, in forza
del detto principio, quando lo esiga il rispetto della riservatezza.

L'OLAF non è neppure tenuto a concedere l'accesso alla relazione finale d'indagine.
Infatti, da un lato, nessuno degli obblighi sanciti dall'art. 4 della
decisione 1999/396 riguarda tale questione e, dall'altro, l'esistenza di una
violazione del principio del contraddittorio da parte dell'OLAF può essere
dimostrata solo nel caso in cui la relazione finale venga pubblicata o sia
seguita dall'adozione di un atto recante pregiudizio. Se tale relazione è
stata inviata all'istituzione e alle autorità giudiziarie nazionali
interessate, spetta a tale istituzione e a tali autorità, eventualmente,
concedere al funzionario interessato l'accesso alla relazione medesima
conformemente alle proprie norme di procedura, nella misura in cui esse
abbiano intenzione di adottare un atto recante pregiudizio al predetto sulla
base della relazione finale.

(v. punti 255-260)

10. Anche se il regolamento n. 1073/1999, relativo alle indagini svolte
dall'Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF), non prevede alcun
termine preciso e tassativo per la conclusione delle indagini, l'obbligo di
osservare un termine ragionevole nei procedimenti amministrativi costituisce
un principio generale di diritto comunitario di cui il giudice comunitario
assicura il rispetto e che viene peraltro ripreso, in quanto componente del
diritto a una buona amministrazione, dall'art. 41, n. 1, della Carta dei
diritti fondamentali dell'Unione europea. Pertanto, il procedimento dinanzi
all'OLAF non può essere prolungato oltre un termine ragionevole, che dev'essere
valutato in funzione delle circostanze della fattispecie e del grado di
complessità del caso.

Le carenze dell'organizzazione amministrativa dei servizi della Commissione
in sede di creazione dell'OLAF, delle quali i funzionari interessati non
devono subire le conseguenze, non possono da sole giustificare tempi lunghi
nello svolgimento delle procedure d'indagine, né possono costituire un
motivo per escludere la responsabilità della Commissione.

(v. punti 272-274, 280-281)

11. È vero che, ai sensi dell'art. 12, n. 3, terzo comma, del regolamento
n. 1073/1999, relativo alle indagini svolte dall'Ufficio europeo per la
lotta antifrode (OLAF), le istituzioni assicurano il rispetto della
riservatezza delle indagini svolte dall'OLAF e dei diritti legittimi delle
persone interessate. Tale disposizione non può essere tuttavia interpretata
nel senso che essa impone alla Commissione un obbligo generale di garantire
che l'OLAF, il quale svolge le proprie indagini in piena autonomia, rispetti
la riservatezza. Infatti, detta disposizione va letta insieme al comma
precedente, secondo cui il direttore generale dell'OLAF riferisce
regolarmente alle istituzioni sui risultati delle indagini nel rispetto dei
medesimi principi. Così, risulta dall'art. 12 del regolamento n. 1073/1999
che, qualora il direttore generale dell'OLAF abbia comunicato alle
istituzioni, Commissione inclusa, informazioni relative alle indagini, dette
istituzioni devono garantire la riservatezza delle informazioni trasmesse e
i diritti legittimi degli interessati nel trattamento di tali informazioni.

(v. punto 299)

12. L'art. 88, quinto comma, dello Statuto, che vieta all'autorità
investita del potere di nomina di regolare definitivamente, sul piano
disciplinare, la posizione del funzionario interessato pronunciandosi su
fatti costituenti l'oggetto di un procedimento penale concomitante, fino a
che non sia passata in giudicato la decisione emessa dall'organo
giurisdizionale penale investito della cognizione di tali fatti, non
conferisce alcun potere discrezionale a tale autorità. Tale disposizione
sancisce il principio secondo cui «il penale blocca il disciplinare nello
stato in cui si trova», il che si giustifica in particolare con il fatto che
i giudici penali nazionali dispongono di poteri di indagine più ampi
rispetto a quelli dell'autorità investita del potere di nomina. Pertanto,
nel caso in cui i medesimi fatti possano configurare un illecito penale e
una violazione degli obblighi statutari incombenti al funzionario, l'amministrazione
è vincolata dagli accertamenti fattuali compiuti dal giudice penale nell'ambito
del relativo procedimento. Una volta che quest'ultimo abbia accertato l'esistenza
dei fatti in questione nella fattispecie, l'amministrazione può procedere in
seguito alla loro qualificazione giuridica alla luce della nozione di
illecito disciplinare, verificando in particolare se essi costituiscano
violazioni degli obblighi statutari.

(v. punti 341-342)








SENTENZA DEL TRIBUNALE (Terza Sezione)

8 luglio 2008 (*)

«Responsabilità extracontrattuale - Funzione pubblica - Indagini dell'OLAF -
Caso "Eurostat" - Trasmissione ad autorità giudiziarie nazionali di
informazioni relative a fatti penalmente perseguibili - Mancata informazione
preventiva dei funzionari interessati e del comitato di vigilanza dell'LAF - Fuga di notizie nella stampa - Divulgazione da parte dell'OLAF e della
Commissione - Violazione del principio della presunzione di innocenza -
Danno morale - Nesso di causalità»

Nella causa T-48/05,

Yves Franchet, ex funzionario della Commissione delle Comunità europee,
residente a Nizza (Francia),

Daniel Byk, funzionario della Commissione delle Comunità europee, residente
a Lussemburgo (Lussemburgo),

rappresentati dagli avv.ti G. Vandersanden e L. Levi,

ricorrenti,

contro

Commissione delle Comunità europee, rappresentata dal sig. J.-F. Pasquier,
in qualità di agente,

convenuta,

avente ad oggetto una domanda di risarcimento del danno materiale e morale
che si afferma essere stato subito a causa dei presunti illeciti commessi
dalla Commissione e dall'OLAF nell'ambito delle indagini concernenti il caso
«Eurostat»,

IL TRIBUNALE DI PRIMO GRADO

DELLE COMUNITÀ EUROPEE (Terza Sezione),

composto dal sig. M. Jaeger, presidente, dalla sig.ra V. Tiili (relatore) e
dal sig. T. Tchipev, giudici,

cancelliere: sig.ra K. Pochec, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all'udienza del 3
ottobre 2007,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

Contesto normativo

1 L'Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF), istituito dalla
decisione della Commissione 28 aprile 1999, 1999/352/CE, CECA, Euratom (GU L
136, pag. 20), è incaricato, in particolare, di effettuare indagini
amministrative interne destinate a ricercare i fatti gravi, connessi con l'esercizio
di attività professionali, che possono costituire un inadempimento degli
obblighi dei funzionari ed agenti delle Comunità perseguibile in sede
disciplinare e, se del caso, penale.

2 Il regolamento (CE) del Parlamento europeo e del Consiglio 25
maggio 1999, n. 1073, relativo alle indagini svolte dall'OLAF (GU L 136,
pag. 1), disciplina i controlli, le verifiche e le azioni svolti dai
dipendenti dell'OLAF nell'esercizio delle loro funzioni. Le indagini
effettuate dall'OLAF consistono in indagini «esterne», ossia all'esterno
delle istituzioni della Comunità, e in indagini «interne», ossia all'interno
di tali istituzioni.

3 Il decimo 'considerando' del regolamento n. 1073/1999 enuncia:

«considerando che tali indagini devono essere condotte in base al trattato,
e in particolare al protocollo sui privilegi e sulle immunità delle
Comunità, nel rispetto dello statuto dei funzionari delle Comunità europee e
del regime applicabile agli altri agenti (.) nonché nel pieno rispetto dei
diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, in particolare del principio
dell'equità, del diritto della persona coinvolta a esprimersi sui fatti che
la riguardano e del diritto a che la conclusione dell'indagine si fondi
unicamente su elementi aventi valore probatorio; che a tal fine le
istituzioni, organi e organismi dovranno determinare le condizioni e le
modalità secondo le quali devono svolgersi le indagini interne; che di
conseguenza occorrerà modificare lo statuto al fine di definire i diritti e
gli obblighi dei funzionari e degli altri agenti nell'ambito delle indagini
interne».

4 Il tredicesimo 'considerando' del regolamento n. 1073/1999 così
dispone:

«considerando che spetta alle autorità competenti nazionali, o eventualmente
alle istituzioni, organi o organismi decidere, in base alla relazione
redatta dall'[OLAF], sui provvedimenti da prendere a seguito delle indagini;
che occorre tuttavia prevedere l'obbligo per il direttore dell'[OLAF] di
trasmettere direttamente alle autorità giudiziarie dello Stato membro
interessato le informazioni raccolte dall'[OLAF] in occasione delle indagini
interne su fatti penalmente perseguibili».

5 L'art. 4 del regolamento n. 1073/1999 è così formulato:

«Indagini interne

1. Nei settori di cui all'articolo 1, l'[OLAF] svolge le indagini
amministrative all'interno delle istituzioni, degli organi e degli organismi
(.)

Tali indagini interne sono condotte nel rispetto delle norme dei trattati,
in particolare del protocollo sui privilegi e sulle immunità, nonché dello
statuto, alle condizioni e secondo le modalità stabilite dal presente
regolamento nonché dalle decisioni adottate da ciascuna istituzione, organo
od organismo. Le istituzioni si concertano sulla disciplina da istituire con
tali decisioni.

(.)

5. Qualora dalle indagini emerga la possibilità di un coinvolgimento
individuale di un membro, di un dirigente, di un funzionario od agente, l'istituzione,
l'organo o l'organismo di appartenenza ne è informato.

Nei casi che richiedano che sia mantenuto il segreto assoluto ai fini dell'indagine
o che esigano il ricorso a mezzi d'investigazione di competenza di un'autorità
giudiziaria nazionale, questa informazione può essere differita.

(.)».

6 Ai sensi dell'art. 6, n. 5, del regolamento n. 1073/1999:

«Le indagini si svolgono in modo continuativo per un periodo di tempo che
deve essere proporzionato alle circostanze ed alla complessità del caso».

7 L'art. 8 del regolamento n. 1073/1999, intitolato «Riservatezza e
tutela dei dati», è così formulato:

«1. Le informazioni ottenute in qualsiasi forma nell'ambito di indagini
esterne sono protette dalle disposizioni relative a tali inchieste.

2. Le informazioni comunicate o ottenute in qualsiasi forma nell'ambito
di indagini interne sono coperte dal segreto d'Ufficio e godono della tutela
concessa dalla normativa vigente per le istituzioni delle Comunità europee.

In particolare, tali informazioni possono essere comunicate solo a coloro
che, nelle istituzioni delle Comunità europee, ovvero degli Stati membri,
sono tenuti a conoscerle in virtù delle loro funzioni, e non possono essere
utilizzate per fini diversi dalla lotta contro le frodi, contro la
corruzione e contro ogni altra attività illecita.

3. Il direttore provvede affinché gli agenti dell'[OLAF] e tutti coloro
che agiscono sotto la sua autorità rispettino le disposizioni comunitarie e
nazionali sulla tutela dei dati personali, in particolare quelle di cui alla
direttiva 95/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 ottobre
1995, relativa alla tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento
dei dati personali nonché alla libera circolazione di tali dati [GU L 281,
pag. 31].

4. Il direttore dell'[OLAF] e i membri del comitato di vigilanza di cui
all'articolo 11 vegliano sull'applicazione delle disposizioni del presente
articolo nonché degli articoli 286 [CE] e 287 [CE]».

8 L'art. 9 del regolamento n. 1073/1999, intitolato «Relazione sulle
indagini e provvedimenti conseguenti alle indagini», dispone:

«1. Al termine di un'indagine, l'[OLAF] redige sotto l'autorità del
direttore una relazione che contiene in particolare i fatti accertati, l'eventuale
indicazione del danno finanziario e le conclusioni dell'indagine, incluse le
raccomandazioni del direttore dell'[OLAF] sui provvedimenti da prendere.

2. Queste relazioni sono redatte tenendo conto delle prescrizioni di
procedura previste nella legislazione nazionale dello Stato membro
interessato. Le relazioni così elaborate costituiscono elementi di prova nei
procedimenti amministrativi o giudiziari dello Stato membro nel quale
risulti necessario avvalersene al medesimo titolo e alle medesime condizioni
delle relazioni amministrative redatte dagli ispettori amministrativi
nazionali. Le relazioni sono soggette alle medesime regole di valutazione
riguardanti le relazioni amministrative nazionali e hanno valore identico ad
esse.

3. La relazione redatta in seguito a un'indagine esterna ed ogni
documento utile ad essa pertinente sono trasmessi alle autorità competenti
degli Stati membri interessati in base alla regolamentazione relativa alle
indagini esterne.

4. La relazione redatta in seguito a un'indagine interna ed ogni
documento utile ad essa pertinente sono trasmessi all'istituzione, all'organo
o all'organismo interessato. Le istituzioni, gli organi e gli organismi
danno alle indagini interne il seguito richiesto dalle risultanze ottenute,
in particolare sul piano disciplinare e giudiziario, e ne informano il
direttore dell'[OLAF] entro la scadenza fissata da quest'ultimo nelle
conclusioni della sua relazione».

9 L'art. 10 del regolamento n. 1073/1999, intitolato «Trasmissione di
informazioni da parte dell'[OLAF]», così recita:

«1. Fatti salvi gli articoli 8, 9 e 11 del presente regolamento e le
disposizioni del regolamento (Euratom, CE) n. 2185/96, l'[OLAF] può
trasmettere in qualsiasi momento alle autorità competenti degli Stati membri
interessati le informazioni ottenute nel corso delle indagini esterne.

2. Fatti salvi gli articoli 8, 9 e 11 del presente regolamento, il
direttore dell'[OLAF] trasmette alle autorità giudiziarie dello Stato membro
interessato le informazioni raccolte dall'[OLAF] in occasione di indagini
interne su fatti penalmente perseguibili. Fatte salve le esigenze di
indagine, ne informa simultaneamente lo Stato membro interessato.

3. Fatti salvi gli articoli 8 e 9 del presente regolamento, l'[OLAF]
può trasmettere in qualsiasi momento all'istituzione, all'organo o all'organismo
interessato le informazioni ottenute nel corso delle indagini interne».

10 L'art. 11 del regolamento n. 1073/1999, intitolato «Comitato di
vigilanza», dispone quanto segue:

«1. Il comitato di vigilanza, controllando regolarmente l'esecuzione
della funzione di indagine, garantisce l'indipendenza dell'[OLAF].

Su richiesta del direttore, o di propria iniziativa, il comitato sottopone
al direttore dei pareri in merito alle attività dell'[OLAF], senza tuttavia
interferire nello svolgimento delle indagini in corso.

(.)

7. Il direttore trasmette ogni anno al comitato di vigilanza il
programma delle attività dell'[OLAF] di cui all'articolo 1 del presente
regolamento. Il direttore tiene regolarmente informato il comitato delle
attività dell'[OLAF], delle sue indagini, dei loro risultati e dei
provvedimenti conseguenti alle indagini. Nei casi in cui un'indagine sia in
corso da più di nove mesi il direttore informa il comitato di vigilanza
delle ragioni che non permettono ancora di concludere l'indagine e del
prevedibile periodo di tempo necessario per concluderla. Il direttore
informa il comitato dei casi in cui l'istituzione, l'organo o l'organismo
interessato non hanno dato seguito alle raccomandazioni che egli ha
formulato. Il direttore informa il comitato dei casi che rendono necessaria
la trasmissione di informazioni alle autorità giudiziarie di uno Stato
membro.

(.)».

11 L'art. 12, n. 3, secondo e terzo comma, del regolamento n. 1073/1999
così recita:

«Il direttore riferisce regolarmente al Parlamento europeo, al Consiglio,
alla Commissione e alla Corte dei conti sui risultati delle indagini svolte
dall'[OLAF], nel rispetto della riservatezza delle medesime nonché dei
diritti legittimi delle persone interessate e, ove opportuno, delle norme
nazionali in materia di procedimenti giudiziari.

Queste istituzioni assicurano il rispetto della riservatezza delle indagini
svolte dall'[OLAF], dei diritti legittimi delle persone interessate e, in
caso di procedimenti giudiziari pendenti, tutte le norme nazionali ad essi
relative».

12 L'art. 4 della decisione della Commissione 2 giugno 1999,
1999/396/CE, CECA, Euratom, riguardante le condizioni e le modalità delle
indagini interne in materia di lotta contro le frodi, la corruzione e ogni
altra attività illecita lesiva degli interessi finanziari della Comunità (GU
L 149, pag. 57), definisce le modalità di informazione dell'interessato nei
termini seguenti:

«Qualora si manifesti la possibilità di coinvolgimento personale di un
membro, di un funzionario o di un agente della Commissione, l'interessato
viene prontamente informato, se ciò non rischia di pregiudicare l'indagine.
In ogni caso non si può trarre alcuna conclusione, al termine dell'indagine,
riguardante personalmente un membro, un funzionario o un agente della
Commissione senza aver dato modo all'interessato di esprimersi su tutti i
fatti che lo concernono.

Nei casi in cui ai fini dell'indagine sia necessaria la massima segretezza e
si debba ricorrere ai mezzi investigativi di competenza di un'autorità
giudiziaria nazionale, l'esecuzione dell'obbligo di invitare il membro, il
funzionario o l'agente della Commissione ad esprimersi, può essere differita
con il consenso del presidente della Commissione o del segretario generale
della medesima».

13 Ai sensi dell'art. 2 del regolamento interno del comitato di
vigilanza dell'OLAF (GU 2000, L 41, pag. 12), intitolato «Rispetto della
legalità»:

«Il comitato vigila acciocché le attività dell'OLAF siano espletate nel
pieno rispetto dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, nonché in
conformità dei trattati e del diritto derivato, in particolare del
protocollo sui privilegi e le immunità e dello statuto dei funzionari».

14 Ai sensi dell'art. 14, nn. 1-3, del regolamento interno del comitato
di vigilanza dell'OLAF:

«1. Le riunioni del comitato di [vigilanza] non sono pubbliche. Le sue
delibere come pure i documenti di qualsiasi natura sulla cui base le
delibere stesse sono state adottate, sono confidenziali, a meno che il
comitato di [vigilanza] non decida altrimenti.

2. I documenti e le informazioni presentate dal direttore dell'OLAF
sono soggetti alle disposizioni di cui all'articolo 287 del trattato CE
sulla protezione della segretezza.

3. Il comitato di [vigilanza] delibera sulla base di documenti e di
progetti di parere, di relazione o di decisione».

15 L'art. 6 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti
dell'uomo e delle libertà fondamentali (CEDU), firmata a Roma il 4 novembre
1950, dispone, per quanto riguarda il diritto a un giusto processo:

«(.)

2. Ogni persona accusata di un reato è presunta innocente fino a quando
la sua colpevolezza non sia stata legalmente accertata.

3. In particolare, ogni accusato ha diritto di:

a) essere informato, nel più breve tempo possibile, in una lingua a lui
comprensibile e in modo dettagliato, della natura e dei motivi dell'accusa
formulata a suo carico;

b) disporre del tempo e delle facilitazioni necessarie a preparare la
sua difesa;

(.)».

16 La Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, proclamata il
7 dicembre 2000 a Nizza (GU 2000, C 364, pag. 1; in prosieguo: la «Carta»),
prevede quanto segue:

«Articolo 41

Diritto ad una buona amministrazione

1. Ogni individuo ha diritto a che le questioni che lo riguardano siano
trattate in modo imparziale, equo ed entro un termine ragionevole dalle
istituzioni e dagli organi dell'Unione.

2. Tale diritto comprende in particolare:

- il diritto di ogni individuo di essere ascoltato prima che nei suoi
confronti venga adottato un provvedimento individuale che gli rechi
pregiudizio;

- il diritto di ogni individuo di accedere al fascicolo che lo
riguarda, nel rispetto dei legittimi interessi della riservatezza e del
segreto professionale;

- l'obbligo per l'amministrazione di motivare le proprie decisioni.

3. Ogni individuo ha diritto al risarcimento da parte della Comunità
dei danni cagionati dalle sue istituzioni o dai suoi agenti nell'esercizio
delle loro funzioni conformemente ai principi generali comuni agli
ordinamenti degli Stati membri.

(.)

Articolo 48

Presunzione di innocenza e diritti della difesa

1. Ogni imputato è considerato innocente fino a quando la sua
colpevolezza non sia stata legalmente provata.

2. Il rispetto dei diritti della difesa è garantito ad ogni imputato».

Fatti all'origine della controversia

17 I ricorrenti, sigg. Yves Franchet e Daniel Byk, sono,
rispettivamente, l'ex direttore generale e l'ex direttore di Eurostat
(Ufficio statistico delle Comunità europee).

18 Numerose revisioni contabili interne ad Eurostat evidenziavano
eventuali irregolarità nella gestione finanziaria. Di conseguenza l'OLAF
avviava numerose indagini concernenti, in particolare, i contratti conclusi
da Eurostat con le società Eurocost, Eurogramme, Datashop, Planistat e CESD
Communautaire, nonché le sovvenzioni accordate a queste ultime.

19 Il 4 luglio 2002 l'OLAF trasmetteva alle autorità giudiziarie
lussemburghesi un fascicolo relativo all'indagine concernente Eurocost e un
altro fascicolo relativo all'indagine concernente Eurogramme.

20 Il 13 novembre 2002 il sig. Franchet inviava al direttore generale
dell'OLAF una lettera così redatta:

«(.)

Apprendo dalla Cocobu che avete fornito loro informazioni relative ai
fascicoli da Voi inviati alle autorità giudiziarie lussemburghesi,
informazioni di cui non sono in possesso; leggo sulla rivista Stern che
avete individuato in Eurostat "tutta una serie di casi", riguardo ai quali
non ho ricevuto alcuna comunicazione dai vostri servizi.

(.)».

21 Il 13 marzo 2003 il Parlamento adottava una risoluzione concernente
il caso Eurostat.

22 Il 19 marzo 2003 il direttore generale dell'OLAF inviava alle
autorità giudiziarie francesi una lettera avente ad oggetto la «Trasmissione
di informazioni relative a fatti di eventuale rilievo penale CMS N.
IO/2002/0510 ? Eurostat/Datashop/Planistat» (in prosieguo: la «lettera 19
marzo 2003»), accompagnata da una nota di due ispettori dell'OLAF,
indirizzata lo stesso giorno al direttore generale dell'OLAF, avente per
oggetto una «Denuncia di fatti di eventuale rilievo penale CMS N.
IO/2002/0510 ? Eurostat/Datashop/Planistat » (in prosieguo: la «nota del 19
marzo 2003»).

23 Il 3 aprile 2003 il direttore generale dell'OLAF inviava un
documento di sintesi all'attenzione del segretario generale della
Commissione, concernente le indagini in corso su Eurostat.

24 Il 19 maggio 2003 i ricorrenti chiedevano alla Commissione «l'assistenza
ai sensi dell'art. 24 dello Statuto per tutelare la [loro] reputazione e i
[loro] diritti di difesa contro gli autori di tali informazioni fuorvianti e
contro coloro che le diffondono» e di essere sollevati dai loro incarichi
per poter organizzare la propria difesa.

25 Il 21 maggio 2003 i ricorrenti erano oggetto di un trasferimento
interno su loro stessa domanda.

26 Il 26 maggio 2003 i ricorrenti inviavano due lettere al direttore
generale dell'OLAF e chiedevano, in particolare, di essere informati «il più
rapidamente possibile in merito alle censure e alle accuse formulate dall'OLAF»
nei loro confronti, per garantire il rispetto dei diritti della difesa nelle
audizioni fissate per la fine di giugno del 2003. Essi chiedevano inoltre di
avere accesso all'intero fascicolo e facevano presente di non essere stati
informati, né sentiti, prima della trasmissione dei fascicoli alle autorità
giudiziarie nazionali. Affermavano altresì che «sembra[va] peraltro evidente
che vi [fossero] state fughe di notizie dall'OLAF verso la stampa
riguardanti elementi riservati e che tali fughe di notizie erano state
organizzate intenzionalmente nell'ambito di una campagna denigratoria e di
contestazione di Eurostat, o addirittura di altri funzionari di alto livello
della Commissione».

27 Lo stesso giorno, i ricorrenti inviavano anche due lettere al
comitato di vigilanza dell'OLAF, comunicandogli di avere appreso dalla
stampa che l'OLAF aveva trasmesso ad autorità giudiziarie nazionali un
fascicolo contenente accuse relative a «reati di appropriazione indebita,
occultamento di appropriazione indebita e costituzione di un'associazione a
delinquere», che essi non erano mai stati sentiti dall'OLAF e che vi era
stata una fuga di notizie. Essi chiedevano al comitato di vigilanza di
«pronunciarsi sull'inammissibile comportamento dell'OLAF, che [aveva]
organizzato tali fughe di notizie o non [aveva] adottato tutte le misure
necessarie per evitarle, assumendosene così la piena responsabilità nei
[loro] confronti (.) e di ingiungere inoltre all'OLAF di vigilare affinché i
loro diritti fondamentali [fossero] in prosieguo integralmente rispettati».

28 Il 26 maggio 2003 i ricorrenti inviavano ancora due lettere,
rispettivamente al segretario generale della Commissione e a un direttore
generale della stessa, chiedendo alla Commissione di precisare il contenuto
dell'assistenza che aveva accettato di accordare loro. Essi chiedevano
inoltre di poter consultare gli elementi relativi al fascicolo dell'OLAF
eventualmente a disposizione della Commissione.

29 Il 5 giugno 2003 i ricorrenti si rivolgevano al direttore generale
dell'OLAF, chiedendogli di poter accedere al fascicolo prima delle audizioni
previste per la fine di giugno del 2003.

30 L'11 giugno 2003 la Commissione conferiva al servizio di revisione
contabile interna (service d'audit interne; in prosieguo: il «SAI») il
mandato di esaminare taluni contratti conclusi e talune sovvenzioni
accordate da Eurostat nel contesto dei provvedimenti conseguenti al
procedimento di discarico. Il SAI redigeva tre relazioni, la prima datata 7
luglio, la seconda 24 settembre e la terza 22 ottobre 2003.

31 Nei mesi di giugno e luglio 2003 la commissione per il controllo dei
bilanci del Parlamento (Cocobu) si riuniva e procedeva a uno scambio di
opinioni sul fascicolo Eurostat, in particolare con alcuni membri della
Commissione.

32 Il 18 giugno 2003 i ricorrenti si rivolgevano nuovamente al
direttore generale dell'OLAF, sottolineando che il «diritto di essere
sentiti presuppone[va] che l'interessato [fosse] informato delle censure
formulate nei suoi confronti e [potesse] consultare il fascicolo» e
sostenevano che pertanto le audizioni previste per la fine di giugno non
potevano svolgersi regolarmente. Essi constatavano che «le audizioni
[avrebbero potuto] proseguire dopo che il fascicolo [fosse stato] reso
accessibile e che i difensori e i loro clienti [avessero potuto] disporre
del tempo necessario per esaminare i documenti».

33 Il 23 giugno 2003, durante una prima audizione dell'OLAF, il sig.
Franchet depositava una dichiarazione preliminare con una nota giuridica
relativa ai diritti della difesa. Il 25 e 26 giugno 2003 egli veniva sentito
dall'OLAF in merito al fascicolo Eurocost. Il 26 e 27 giugno 2003 egli
veniva ascoltato in merito ai fascicoli Datashop e Planistat, e, il 2 luglio
2003, sul fascicolo CESD Communautaire.

34 Il 1° luglio 2003 il sig. P., capo unità presso il segretariato
generale della Commissione, inviava all'attenzione dei membri della
Commissione una nota relativa alla riunione della Cocobu e allo scambio di
opinioni con il segretario generale della Commissione e il direttore
generale dell'OLAF del 30 giugno 2003.

35 Il 3 e 4 luglio 2003 il sig. Byk veniva sentito dall'OLAF in merito
ai fascicoli Datashop e Planistat. Egli depositava inoltre una dichiarazione
preliminare con una nota giuridica relativa ai diritti della difesa.

36 Il 9 luglio 2003 la Commissione decideva di avviare un procedimento
disciplinare nei confronti dei ricorrenti. Essendo ancora in corso l'indagine
dell'OLAF, tale procedimento veniva immediatamente sospeso. La Commissione
istituiva inoltre una squadra operativa pluridisciplinare, denominata
«task-force» (in prosieguo: la «task-force»).

37 Lo stesso giorno, la Commissione pubblicava un comunicato stampa
intitolato «La Commissione prende provvedimenti a seguito di malversazioni
finanziarie all'interno di Eurostat» (IP/03/979).

38 Il 17 luglio 2003 i ricorrenti inviavano una lettera al presidente
della Commissione, informandolo della loro situazione.

39 Il 22 luglio 2003 i ricorrenti inviavano una lettera alla
Commissione in cui facevano riferimento ai presunti illeciti commessi da
quest'ultima e tali da farne sorgere la responsabilità. Essi chiedevano
inoltre alla Commissione di trasmettere loro i documenti citati nelle
decisioni di avvio dei procedimenti disciplinari.

40 I verbali delle audizioni dei ricorrenti di fine giugno e di inizio
luglio venivano redatti l'11 agosto 2003.

41 Il 24 settembre 2003 il direttore generale dell'OLAF comunicava al
presidente della Commissione una «sintesi delle pratiche Eurostat
attualmente chiuse». Secondo la nota di trasmissione, «questa nota di
sintesi non [poteva] in alcun modo essere considerata una relazione finale
di indagine ai sensi del regolamento n. 1073/1999» ed era «intesa unicamente
a porre in evidenza le principali conclusioni tratte dalle indagini svolte».

42 Lo stesso giorno venivano trasmesse al Parlamento tale sintesi,
accompagnata da una relazione intitolata «Relazione della task-force
Eurostat (TFES) - Sintesi e conclusioni», e una nota informativa relativa ad
Eurostat, basata sulla seconda relazione intermedia redatta dal SAI.

43 Il 25 settembre 2003 l'OLAF redigeva le relazioni finali di
indagine, ai sensi dell'art. 9 del regolamento n. 1073/1999, sui casi
Eurocost, Datashop, Planistat e CESD Communautaire.

44 Lo stesso giorno, il presidente della Commissione veniva sentito
dalla Cocobu e pronunciava inoltre un discorso dinanzi alla Conferenza dei
presidenti dei gruppi parlamentari del Parlamento.

45 Il 25 settembre 2003 i ricorrenti inviavano una lettera alla
Commissione, riferendosi ai documenti trasmessi il 24 settembre 2003 al
Parlamento. In tale lettera essi osservavano che «[era] inaccettabile che
[essi] fossero chiamati in causa pubblicamente senza avere accesso ai
documenti che li accusa[vano]» e si domandavano se «[fosse] normale
apprendere ancora una volta dalla stampa di essere accusati di varie
malversazioni». Con tale lettera, essi chiedevano inoltre alla Commissione
di trasmettere loro tali relazioni, nonché i documenti richiesti con lettera
22 luglio 2003, ossia:

«- la nota del 3 aprile 2003 (004201) e le note del 19 marzo 2003
(003441 e 003440) redatte dall'OLAF;

- la relazione della DG ["]Bilancio["] del 4 luglio 2003 ("DGBUDG
Report - Analysis of audit reports on Eurostat systems for grants and
procurement");

- la relazione del [SAI] della Commissione del 7 luglio 2003 ("First
Interim Report - IAS examination of Eurostat contracts and grants:
reportable events");

- le tre relazioni preparate dal [SAI], dalla task-force e dall'OLAF
per l'audizione del [presidente della Commissione] del 25 settembre 2003».

46 Il 1° ottobre 2003 la Commissione adottava una decisione relativa
alla riorganizzazione di Eurostat, con effetto dal 1° novembre 2003,
disponendo la soppressione di una direzione e di un posto di direttore.

47 Il 10 ottobre 2003 i ricorrenti ricevevano copia delle relazioni
finali del 25 settembre 2003 sui casi Eurocost, Datashop e CESD
Communautaire, nonché copia dei tre documenti trasmessi al Parlamento il 24
settembre 2003, menzionati supra, al punto 42. Lo stesso giorno, essi
ricevevano i documenti menzionati nelle decisioni di avvio dei procedimenti
disciplinari, chiesti con lettere 22 luglio e 25 settembre 2003, ad
eccezione della lettera e della nota del 19 marzo 2003, in quanto «si
tratta[va] della lettera inviata dall'OLAF alle autorità giudiziarie
francesi a Parigi, che fa[ceva] quindi parte integrante di un procedimento
di indagine a livello nazionale».

48 Il 23 ottobre 2003 i ricorrenti presentavano una domanda in forza
dell'art. 90, n. 1, dello Statuto dei funzionari delle Comunità europee,
nella versione applicabile al caso di specie (in prosieguo: lo «Statuto»),
diretta a ottenere il risarcimento dei danni subiti a causa degli illeciti
commessi dalla Commissione, compresi quelli imputabili all'OLAF.

49 Con decisione 10 maggio 2004, ricevuta dai ricorrenti il 17 maggio
2004, l'autorità che ha il potere di nomina (in prosieguo: l'«APN»)
respingeva tale domanda.

50 Il 19 maggio 2004 i ricorrenti presentavano un reclamo contro la
decisione 10 maggio 2004 in forza dell'art. 90, n. 2, dello Statuto. Il 5
agosto 2004 i ricorrenti presentavano un reclamo complementare.

51 Con decisione 27 ottobre 2004, notificata ai ricorrenti con lettera
3 novembre 2004, l'APN respingeva esplicitamente tale reclamo.

Procedimento e conclusioni delle parti

52 Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale
il 28 gennaio 2005 i ricorrenti hanno proposto il presente ricorso.

53 Su relazione del giudice relatore, il Tribunale (Terza Sezione) ha
deciso di aprire la fase orale e, nell'ambito delle misure di organizzazione
del procedimento di cui all'art. 64 del regolamento di procedura del
Tribunale, ha invitato le parti a produrre taluni documenti e a rispondere
ad alcuni quesiti scritti. Esse hanno parzialmente ottemperato a tali
richieste entro il termine impartito.

54 Con ordinanza 6 giugno 2007, conformemente agli artt. 65, lett. b),
66, n. 1, e 67, n. 3, secondo comma, del regolamento di procedura, il
Tribunale ha ordinato alla Commissione di produrre tutti i documenti
trasmessi alle autorità giudiziarie francesi nell'ambito della pratica
Eurostat, disponendo che tali documenti non fossero comunicati ai ricorrenti
in quella fase. Essa ha ottemperato a tale richiesta.

55 L'11 giugno 2007 la Commissione ha depositato le proprie
osservazioni sulle risposte dei ricorrenti ai quesiti e alle richieste di
produzione di documenti del Tribunale. Lo stesso giorno, i ricorrenti hanno
depositato le loro osservazioni sulle risposte della Commissione a tali
quesiti e richieste.

56 Le parti hanno svolto le loro difese orali e risposto ai quesiti del
Tribunale all'udienza del 3 ottobre 2007.

57 In udienza, le parti hanno confermato che, tra i documenti prodotti
dalla Commissione a seguito della misura di istruzione disposta dal
Tribunale, gli unici documenti di cui i ricorrenti non disponevano erano gli
allegati alla nota del 19 marzo 2003, la denuncia del 10 luglio 2003 e la
relazione finale Planistat. I ricorrenti hanno acconsentito a che il
Tribunale potesse utilizzare, se del caso, le informazioni contenute in tali
documenti, che non erano stati loro comunicati, cosa di cui è stato preso
atto nel verbale di udienza. Il Tribunale ha ritenuto necessario utilizzare
soltanto i documenti di cui disponevano i ricorrenti.

58 In udienza, su richiesta del Tribunale, la Commissione ha depositato
una nota dell'OLAF del 16 maggio 2003. I ricorrenti non si sono opposti a
tale deposito, cosa di cui è stato preso atto nel verbale di udienza.

59 I ricorrenti chiedono che il Tribunale voglia:

- condannare la Commissione a versare loro una somma provvisoriamente
valutata in EUR 1 milione a titolo di risarcimento dei danni materiali e
morali subiti;

- condannare la Commissione alle spese.

60 La Commissione chiede che il Tribunale voglia:

- respingere il ricorso;

- condannare i ricorrenti alle spese.

In diritto

61 A sostegno del loro ricorso per risarcimento dei danni, i ricorrenti
invocano l'esistenza di illeciti commessi dall'OLAF e dalla Commissione, il
sorgere di gravi danni materiali e morali, nonché un nesso di causalità
diretto tra i presunti illeciti commessi e il danno che ne sarebbe derivato.

62 In via preliminare, la Commissione contesta la produzione, da parte
dei ricorrenti, di taluni documenti del comitato di vigilanza dell'OLAF
allegati al ricorso.

63 La Commissione afferma inoltre che il ricorso per risarcimento dei
danni è parzialmente prematuro.

I - Sulla domanda di stralcio di taluni documenti allegati al ricorso

A - Argomenti delle parti

64 La Commissione chiede che siano stralciati dal fascicolo di causa
taluni documenti del comitato di vigilanza dell'OLAF prodotti dai ricorrenti
a sostegno del loro ricorso. Si tratta di sei allegati al ricorso.

65 Da un lato, la Commissione sostiene che tali documenti sono di
natura interna e non possono essere resi pubblici. Dall'altro, essi
sarebbero stati ottenuti dai ricorrenti con mezzi illegittimi e andrebbero
quindi eliminati dal fascicolo, compresi i riferimenti e le citazioni
riprese nel ricorso (sentenza della Corte 17 dicembre 1981, cause riunite da
197/80 a 200/80, 243/80, 245/80 e 247/80, Ludwigshafener Walzmühle Erling e
a./Consiglio e Commissione, Racc. pag. 3211, punti 13-16).

66 La Commissione sottolinea che documenti interni riservati possono
essere prodotti dai ricorrenti a sostegno dei loro ricorsi solo qualora
questi ultimi possano dimostrare di averli ottenuti in modo legittimo.

67 Orbene, nel caso di specie, i documenti in questione sarebbero
effettivamente documenti interni del comitato di vigilanza dell'OLAF e, ai
sensi dell'art. 14 del regolamento interno di quest'ultimo, sarebbero
riservati. Il comitato di vigilanza non avrebbe mai deciso di revocare la
riservatezza di tali documenti e di renderli pubblici, né di trasmetterli ai
ricorrenti ai fini della loro difesa. Dato che si tratterebbe di documenti
destinati a rimanere meramente interni, il fatto che essi non presentino la
dicitura «riservato» non sarebbe tale da farne venir meno la riservatezza.

68 In ogni caso, secondo la Commissione, spetta ai ricorrenti indicare
con quali mezzi legittimi siano riusciti a ottenere tali documenti, ad
esempio con una domanda di accesso seguita da una risposta favorevole del
comitato di vigilanza dell'OLAF. Non costituirebbero una prova del legittimo
ottenimento di detti documenti le attestazioni prodotte dai ricorrenti
secondo cui essi non avrebbero sottratto, né rubato, né intercettato alcun
documento interno prodotto dalla segreteria del comitato di vigilanza dell'OLAF,
cosa di cui la Commissione non li avrebbe mai accusati.

69 Infine, secondo la Commissione, nessuno di tali documenti sarebbe
atto a dimostrare in cosa consistano i presunti illeciti dell'OLAF o della
Commissione.

70 I ricorrenti negano che tali documenti siano riservati e che siano
stati ottenuti con mezzi illegittimi.

71 I ricorrenti sottolineano che se, con riguardo a un fascicolo come
quello di cui alla presente causa, nella quale si chiede il risarcimento di
un danno, non si potessero né commentare né consultare documenti che
costituiscono la prova effettiva degli illeciti commessi dall'OLAF e dalla
Commissione, che sono elementi essenziali per farne sorgere la
responsabilità, sussisterebbe evidentemente un grave e concreto pregiudizio
al pieno rispetto dei diritti della difesa e del diritto a una tutela
giurisdizionale effettiva.

72 I ricorrenti sostengono che i documenti in questione dimostrano la
fondatezza delle loro critiche al funzionamento dell'OLAF e che sarebbe
questo il vero motivo per cui la Commissione ne contesta la produzione agli
atti.

B - Giudizio del Tribunale

73 La Commissione fa valere che taluni allegati al ricorso sono
documenti interni riservati del comitato di vigilanza dell'OLAF, che non
sono stati ottenuti dai ricorrenti in modo regolare. Si tratta dei seguenti
documenti:

- il resoconto integrale dell'intervento del segretario generale
della Commissione dinanzi al comitato di vigilanza dell'OLAF del 3 settembre
2003; egli non sarebbe stato avvertito di tale registrazione al momento del
suo intervento e avrebbe successivamente ottenuto dal presidente del
comitato di vigilanza la garanzia che detto documento sarebbe rimasto
meramente interno a tale comitato e alla sua segreteria;

- la nota della segreteria del comitato di vigilanza all'attenzione
del presidente di quest'ultimo e di uno dei membri del comitato, del 5 marzo
2003;

- la nota della segreteria del comitato di vigilanza all'attenzione
del presidente di quest'ultimo, del 27 maggio 2003;

- il verbale della riunione del 2 e 3 settembre 2003 del comitato di
vigilanza;

- la relazione del comitato di vigilanza, del 15 gennaio 2004,
redatta su richiesta del Parlamento in merito a questioni procedurali
sollevate dalle indagini svolte sul caso Eurostat;

- la nota informativa della segreteria del comitato di vigilanza, del
10 ottobre 2003, sullo svolgimento delle indagini dell'OLAF sul caso
Eurostat e sulle loro ripercussioni sulla situazione dell'OLAF.

74 Si deve rilevare che né l'eventuale riservatezza dei documenti in
questione né il fatto che essi siano stati eventualmente ottenuti in modo
irregolare osta a che tali documenti vengano mantenuti nel fascicolo.

75 Infatti, non esiste alcuna disposizione che preveda espressamente il
divieto di tenere conto di prove, illegittimamente ottenute, ad esempio in
violazione di diritti fondamentali.

76 È vero che nella sentenza Ludwigshafener Walzmühle Erling e
a./Consiglio e Commissione, citata supra, al punto 65, invocata dalla
Commissione, la Corte ha constatato che, poiché sussisteva un dubbio sia
sulla natura stessa del documento contestato, sia sulla questione del se le
intervenienti l'avessero ottenuto per vie legittime, il documento doveva
essere eliminato dal fascicolo (punto 16).

77 Così, di regola, un'istituzione può legittimamente chiedere il
ritiro di un documento interno quando esso non sia stato ottenuto con mezzi
legittimi da coloro che lo fanno valere. Infatti, un documento interno ha
carattere riservato, salvo che l'istituzione da cui promana abbia accettato
di divulgarlo.

78 Tuttavia, nella sua giurisprudenza successiva, la Corte non ha
escluso che, in taluni casi, anche documenti interni possano essere
legittimamente inclusi nel fascicolo di una pratica (ordinanze della Corte
19 marzo 1985, causa 232/84, Tordeur e a., punto 8, e 15 ottobre 1986, causa
31/86, LAISA/Consiglio, 31/86, punto 5). Inoltre, in alcuni casi il
Tribunale ha accettato di tenere conto di documenti di cui non era stata
dimostrata l'acquisizione con mezzi legittimi.

79 Pertanto, in determinate situazioni, non è necessario che il
ricorrente dimostri di avere ottenuto legalmente il documento riservato
invocato a sostegno della sua tesi. Il Tribunale ha ritenuto, effettuando
una ponderazione degli interessi da tutelare, che occorresse valutare se
circostanze particolari, quali il carattere decisivo della produzione del
documento allo scopo di garantire il controllo della regolarità della
procedura di adozione dell'atto impugnato (v., in tal senso, sentenza del
Tribunale 6 marzo 2001, causa T-192/99, Dunnett e a./BEI, Racc. pag. II-813,
punti 33 e 34) o di dimostrare l'esistenza di uno sviamento di potere (v.,
in tal senso, sentenza del Tribunale 29 febbraio 1996, causa T-280/94,
Lopes/Corte di giustizia, Racc. PI pagg. I-A-77 e II-239, punto 59),
giustificassero il fatto di non procedere al ritiro di un documento.

80 Si deve rilevare che, nel caso di specie, il contesto specifico del
ricorso in esame consente di concludere che i documenti in questione devono
essere mantenuti nel fascicolo. Infatti, detti documenti sono necessari per
valutare il comportamento tenuto dall'OLAF nell'ambito delle indagini su
Eurostat. Pertanto, la particolarità del presente procedimento, in cui i
ricorrenti mirano a dimostrare l'illegittimità del comportamento dell'OLAF,
giustifica il fatto di non procedere al ritiro di tali documenti (v., in tal
senso, sentenza Dunnett e a./BEI, cit. al punto 79 supra, punti 33 e 34).

81 A tale riguardo, occorre rammentare che si tratta di documenti
preparatori del comitato di vigilanza dell'OLAF, il cui compito, ai sensi
dell'art. 2 del suo regolamento interno, consiste nel vigilare «acciocché le
attività dell'OLAF siano espletate nel pieno rispetto dei diritti dell'uomo
e delle libertà fondamentali, nonché in conformità dei trattati e del
diritto derivato, in particolare del protocollo sui privilegi e le immunità
e dello statuto dei funzionari», nonché di un resoconto integrale dell'intervento
del segretario generale della Commissione dinanzi a tale comitato. Occorre
inoltre constatare che i ricorrenti si trovano in una posizione difficile
per dimostrare l'eventuale illegittimità del comportamento dell'OLAF.
Infine, si deve rilevare che detti documenti sono idonei a dimostrare i
fatti che i ricorrenti contestano all'OLAF e possono quindi presentare una
certa rilevanza ai fini della soluzione della controversia in esame.

82 Di conseguenza, tenuto conto della natura dei documenti in questione
e delle peculiarità della controversia, occorre respingere la domanda di
ritiro dei detti documenti.

II - Sul carattere prematuro del ricorso

A - Argomenti delle parti

83 La Commissione fa valere che gli argomenti dei ricorrenti relativi a
pretese irregolarità commesse durante il procedimento d'indagine sono per la
maggior parte prematuri.

84 La Commissione precisa di non avere eccepito l'irricevibilità del
ricorso, bensì di far valere il carattere prematuro del ricorso, in quanto
ritiene, da un lato, che taluni motivi dei ricorrenti, relativi a vizi di
procedura imputabili alla Commissione stessa o all'OLAF, possano essere
valutati solo alla luce delle conseguenze che tali vizi potrebbero avere su
un'eventuale futura decisione finale nei procedimenti penali o disciplinari
(sentenza del Tribunale 18 dicembre 1992, cause riunite da T-10/92 a T-12/92
e T-15/92, Cimenteries CBR e a./Commissione, Racc. pag. II-2667, punto 48)
e, dall'altro, che, supponendo che si possano addebitare fatti illeciti alla
Commissione o all'OLAF, la valutazione del danno subito cambierebbe in
funzione dell'orientamento delle decisioni penali e/o disciplinari che li
riguardano. Pertanto, la valutazione del preteso danno morale sarebbe
correlata al loro grado di «colpevolezza» e le conseguenze degli atti
illeciti dell'OLAF o della Commissione, ammesso che questi siano dimostrati,
non potrebbero essere valutate senza tenere conto di eventuali illeciti
commessi dai ricorrenti.

85 La Commissione fa riferimento alla sentenza della Corte 28 marzo
1979, causa 90/78, Granaria/Consiglio e Commissione (Racc. pag. 1081, punto
6) e si richiama alla possibilità per il Tribunale di statuire, in una prima
fase del procedimento, sulla questione se il comportamento dell'OLAF o della
Commissione sia tale da far sorgere la responsabilità della Comunità, pur
riservando a un'eventuale fase successiva, in funzione della natura degli
illeciti considerati, l'esame della questione relativa alla gravità del
danno morale.

86 I ricorrenti contestano il preteso carattere prematuro del ricorso e
rilevano che le conclusioni della Commissione non sono chiare su questo
punto.

87 Essi fanno valere che il ricorso soddisfa tutte le condizioni di
ricevibilità e di merito necessarie perché sorga la responsabilità della
Commissione e per consentire al Tribunale di esercitare il suo controllo
giurisdizionale.

88 Nulla permetterebbe di ritenere che un ricorso per risarcimento dei
danni abbia carattere sussidiario rispetto all'avvio di un procedimento
disciplinare e/o ad indagini condotte dalle autorità giudiziarie di uno
Stato membro. Sarebbe contrario al principio fondamentale del diritto a una
tutela giurisdizionale effettiva e a una sana amministrazione della
giustizia che un avvenimento futuro e incerto potesse, di per sé solo,
condizionare e paralizzare un ricorso per risarcimento dei danni, con la
conseguenza che il danno continuerebbe ad aumentare e gli interessati
sarebbero privati del diritto di ottenerne il risarcimento.

89 Secondo i ricorrenti, il danno da essi subito è insorto e persiste
da quando la Commissione ha commesso gli illeciti e non fa che aumentare con
il passare del tempo.

B - Giudizio del Tribunale

90 È pacifico che i procedimenti giurisdizionali nazionali sono ancora
in corso. Tuttavia, gli eventuali risultati di tali procedimenti non
potrebbero influire sul presente procedimento. Nel caso in esame, infatti,
non occorre sapere se i fatti contestati ai ricorrenti siano dimostrati o
meno, dato che tale questione non rientra nella competenza del Tribunale.
Nella specie, infatti, non si tratta di sapere se i ricorrenti abbiano
commesso atti illeciti nell'esercizio della loro attività professionale, ma
di esaminare il modo in cui l'OLAF ha condotto e concluso un'indagine che li
riguarda personalmente ed eventualmente attribuisce loro la responsabilità
delle irregolarità constatate pubblicamente molto prima che fosse adottata
una decisione finale, nonché il modo in cui si è comportata la Commissione
nel contesto di tale indagine. Qualora i ricorrenti venissero considerati
non colpevoli dalle autorità giudiziarie nazionali, tale circostanza non
porrebbe necessariamente rimedio all'eventuale danno che essi avrebbero
comunque subito.

91 Pertanto, dato che il danno lamentato nel ricorso in esame è diverso
da quello che potrebbe attestare un verdetto di non colpevolezza dei
ricorrenti emesso dalle autorità giudiziarie nazionali, le richieste
risarcitorie non possono essere respinte in quanto premature, con la
conseguenza che i ricorrenti potrebbero proporre la domanda di risarcimento
solo dopo le eventuali decisioni finali delle autorità giudiziarie
nazionali.

92 Pertanto, dato che il ricorso non è prematuro, non occorre rinviare
a un'eventuale fase successiva l'esame delle questioni relative alla natura
e alla gravità dei danni.

III - Sul sorgere della responsabilità extracontrattuale della Comunità

93 Risulta da una giurisprudenza costante che, in forza dell'art. 288,
secondo comma, CE, il sorgere della responsabilità extracontrattuale della
Comunità per comportamento illecito dei suoi organi presuppone che siano
soddisfatte varie condizioni, vale a dire l'illiceità del comportamento di
cui si fa carico alle istituzioni, l'effettività del danno e l'esistenza di
un nesso di causalità fra il comportamento fatto valere e il danno lamentato
(sentenza della Corte 29 settembre 1982, causa 26/81, Oleifici
Mediterranei/CEE, Racc. pag. 3057, punto 16; sentenze del Tribunale 11
luglio 1996, causa T-175/94, International Procurement Services/Commissione,
Racc. pag. II-729, punto 44; 16 ottobre 1996, causa T-336/94,
Efisol/Commissione, Racc. pag. II-1343, punto 30, e 11 luglio 1997, causa
T-267/94, Oleifici Italiani/Commissione, Racc. pag. II-1239, punto 20).

94 Quando una di queste condizioni non è adempiuta, il ricorso deve
essere interamente respinto senza che sia necessario esaminare gli altri
presupposti (sentenza del Tribunale 20 febbraio 2002, causa T-170/00,
Förde-Reederei/Consiglio e Commissione, Racc. pag. II-515, punto 37; v., in
tal senso, sentenza della Corte 15 settembre 1994, causa C-146/91,
KYDEP/Consiglio e Commissione, Racc. pag. I-4199, punto 81).

95 Per quanto riguarda la prima condizione, la giurisprudenza richiede
che venga accertata una violazione sufficientemente qualificata di una norma
giuridica preordinata a conferire diritti ai singoli (sentenza della Corte 4
luglio 2000, causa C-352/98 P, Bergaderm e Goupil/Commissione, Racc. pag.
I-5291, punto 42). Quanto al presupposto relativo al fatto che la violazione
dev'essere sufficientemente qualificata, il criterio decisivo per
considerarlo soddisfatto è quello della violazione grave e manifesta, da
parte dell'istituzione comunitaria interessata, dei limiti posti al suo
potere discrezionale. Qualora l'istituzione in questione disponga solamente
di un margine di discrezionalità considerevolmente ridotto, se non
addirittura inesistente, la semplice trasgressione del diritto comunitario
può essere sufficiente per constatare l'esistenza di una violazione
sufficientemente qualificata (sentenza della Corte 10 dicembre 2002, causa
C-312/00 P, Commissione/Camar e Tico, Racc. pag. I-11355, punto 54, e
sentenza del Tribunale 12 luglio 2001, cause riunite T-198/95, T-171/96,
T-230/97, T-174/98 e T-225/99, Comafrica e Dole Fresh Fruit
Europe/Commissione, Racc. pag. II-1975, punto 134).

96 I ricorrenti fanno valere che sia l'OLAF che la Commissione hanno
commesso atti illeciti e che solo quest'ultima può essere perseguita per il
complesso di tali atti. L'OLAF avrebbe commesso atti illeciti sia nei
confronti dei ricorrenti che nei confronti della Commissione.

97 Pertanto, il Tribunale ritiene che occorra esaminare anzitutto la
questione se l'OLAF e/o la Commissione abbiano commesso violazioni
sufficientemente qualificate di una norma giuridica preordinata a conferire
diritti ai singoli.

A - Sull'illegittimità del comportamento dell'OLAF

1. Sugli illeciti commessi dall'OLAF in occasione della trasmissione dei
fascicoli relativi al caso Eurostat alle autorità giudiziarie francesi e
lussemburghesi

a) Argomenti delle parti

98 Anzitutto, i ricorrenti sottolineano la netta distinzione esistente,
per quanto riguarda la trasmissione delle informazioni da parte dell'OLAF,
tra le indagini esterne e le indagini interne. Essi rilevano la confusione
fatta riguardo alla natura dell'indagine e a quella dell'invio alle autorità
giudiziarie francesi del 19 marzo 2003. Infatti, secondo le dichiarazioni
rese dal direttore generale dell'OLAF dinanzi alla Cocobu il 30 giugno 2003,
si sarebbe trattato di un «fascicolo esterno», in cui tuttavia sarebbero
menzionati i nomi dei ricorrenti. Orbene, l'indagine sarebbe stata di natura
meramente interna, il che avrebbe richiesto che l'istituzione interessata ne
fosse informata prima di qualsiasi comunicazione all'esterno.

99 Secondo i ricorrenti, l'OLAF avrebbe quindi qualificato le proprie
indagini interne come indagini esterne per celare vizi di procedura
derivanti dal fatto che né la Commissione né il suo comitato di vigilanza
erano stati informati della trasmissione del fascicolo Eurostat alle
autorità giudiziarie francesi e lussemburghesi da parte dell'OLAF.

100 I ricorrenti fanno inoltre valere di non essere stati previamente
informati neppure della trasmissione, da parte dell'OLAF, dei fascicoli
Datashop e Planistat alle autorità giudiziarie francesi e che il sig.
Franchet non è stato informato della trasmissione del fascicolo Eurocost,
che non riguardava il sig. Byk, alle autorità giudiziarie lussemburghesi.

101 Pertanto, l'OLAF avrebbe deliberatamente violato il principio di
buona amministrazione, il principio del contraddittorio, i diritti della
difesa e l'obbligo di raccogliere elementi di indagine sia a carico che a
difesa, sanciti, in particolare, dalla CEDU e dalla Carta.

102 I ricorrenti invocano altresì l'art. 4 della decisione 1999/396 e si
richiamano in proposito alla decisione del Mediatore europeo 26 aprile 2002,
relativa alla denuncia registrata con il n. 781/2001/IJH, nella parte
relativa all'OLAF, secondo cui «tale disposizione obbliga l'OLAF a non
trarre conclusioni sfavorevoli nei confronti di una persona sulla quale sia
in corso un'indagine prima di avere informato l'interessato in merito alle
denunce di cui è oggetto e ai fatti su cui esse si fondano, e di avergli
dato la possibilità di formulare le sue osservazioni», in cui il Mediatore
aveva peraltro osservato che «[s]i tratta[va] di un normale elemento di
qualsiasi procedimento d'indagine equo ed efficace» e che, «[i]noltre, una
testimonianza che non [avesse potuto] essere contestata in tal modo non
[avrebbe] di regola valore probante».

103 Secondo i ricorrenti, la Commissione interpreta in modo troppo
restrittivo gli artt. 4 e 10 del regolamento n. 1073/1999 e l'art. 4 della
decisione 1999/396 e lede pertanto i diritti fondamentali. Secondo tale
interpretazione, la decisione dell'OLAF di differire l'informazione dovuta
all'istituzione, in linea di principio, non sarebbe soggetta a controllo e l'OLAF
potrebbe quindi adottare tale decisione per esentarsi, senza alcun effettivo
limite di tempo, da qualsiasi obbligo di informazione.

104 Infatti, né l'OLAF né la Commissione avrebbero mai spiegato perché
sia stata richiesta la massima segretezza o quale fosse la giustificazione
della pretesa necessità di differire l'informativa alla Commissione, ad
eccezione della nota di sintesi sulle indagini in corso relative a Eurostat,
inviata dal direttore generale dell'OLAF all'attenzione del segretario
generale della Commissione il 3 aprile 2003 (v. supra, punto 23). Per quanto
riguarda l'esigenza di differire l'informativa al funzionario interessato,
per quanto è a conoscenza dei ricorrenti, il segretario generale non avrebbe
mai espresso il consenso richiesto dall'art. 4, secondo comma, della
decisione 1999/396.

105 I ricorrenti invocano inoltre una proposta di regolamento del
Parlamento e del Consiglio 10 febbraio 2004, che modifica il regolamento n.
1073/1999 [COM (2004) 103 def.], nonché un progetto di accordo istituzionale
del 14 agosto 2003, per un codice di condotta che garantisca un rapido
scambio di informazioni tra l'OLAF e la Commissione nel quadro delle
indagini interne [SEC (2003) 871 consolidato], che prevedono, in
particolare, l'obbligo di dare un contenuto all'informativa dell'OLAF. Del
pari, secondo la proposta di regolamento che modifica il regolamento n.
1073/1999, il funzionario interessato dovrebbe essere sentito al momento
della comunicazione di un'informazione alle autorità giudiziarie nazionali,
il che non costituirebbe una modifica del regolamento esistente, dato che
sancirebbe solo i principi fondamentali contenuti in particolare nella
Carta, come avrebbe ricordato la Commissione. I ricorrenti fanno presente di
essere stati sentiti dall'OLAF in quanto hanno chiesto tale audizione, e non
perché l'OLAF li abbia convocati.

106 Infine, secondo i ricorrenti, l'OLAF avrebbe «orientato» le autorità
giudiziarie francesi attribuendo già qualifiche di carattere penale a fatti
che aveva ritenuto di poter individuare nel caso Eurostat, il che è
incompatibile con il suo ruolo, che consiste nello svolgere indagini
amministrative. La nota del 19 marzo 2003 inviata alle autorità giudiziarie
francesi conterrebbe una vera e propria analisi giuridica secondo il diritto
francese dei fatti riportati e attribuirebbe a questi ultimi una
qualificazione penale in base al diritto francese, andando al di là della
trasmissione di informazioni prevista ai sensi del regolamento n. 1073/1999.

107 La Commissione fa valere, in primo luogo, che i ricorrenti non
possono invocare l'obbligo dell'OLAF di informarla, né di sentirli o di
informarli prima di trasmettere le informazioni alle autorità giudiziarie
nazionali, a prescindere dalla qualificazione dell'indagine (interna o
esterna).

108 La Commissione sostiene che, ai sensi dell'art. 10 del regolamento n.
1073/1999, l'OLAF deve trasmettere alle autorità giudiziarie dello Stato
membro interessato le informazioni raccolte in occasione di indagini interne
su fatti penalmente perseguibili, mentre nel caso delle indagini esterne
tale trasmissione costituisce una semplice facoltà. Nessuna disposizione di
tale articolo prevedrebbe che detta trasmissione debba essere preceduta o
accompagnata da un'informativa all'istituzione interessata o ai funzionari
eventualmente implicati.

109 La Commissione fa riferimento all'art. 4, n. 5, del regolamento n.
1073/1999 e constata che l'assenza di informativa all'istituzione di
appartenenza dei funzionari che potrebbero essere personalmente coinvolti
può giustificarsi con l'esigenza di differire tale informativa. Anche
ammettendo che il differimento non sia giustificabile nel caso di specie, l'eventuale
mancanza di informativa alla Commissione non avrebbe alcun effetto sulla
regolarità del procedimento riguardante i ricorrenti, dato che essi non
sarebbero stati lesi in alcun modo da tale omessa informazione.

110 Per quanto riguarda il diritto dei ricorrenti di essere sentiti o
informati, la Commissione sostiene che, ai sensi dell'art. 4 della decisione
1999/396, l'informazione del funzionario che possa essere personalmente
coinvolto è subordinata alla condizione che tale informazione non rischi di
pregiudicare l'indagine e che spetta all'OLAF valutare se tale condizione
sussista. L'obbligo di porre l'interessato in condizione di esprimersi su
tutti i fatti che lo riguardano sarebbe determinante nel momento in cui l'OLAF
trae le proprie conclusioni al termine dell'indagine, dato che tale obbligo
può essere differito, in alcuni casi particolari, solo con il consenso del
presidente della Commissione o del segretario generale della stessa, ma non
nel momento in cui, sul fondamento dell'art. 10 del regolamento n.
1073/1999, l'OLAF trasmette informazioni in corso d'indagine alle autorità
giudiziarie di uno Stato membro.

111 Inoltre, conformemente all'art. 4 della decisione 1999/396, i
ricorrenti sarebbero stati posti in condizione di esprimersi su tutti i
fatti che li riguardavano prima che l'OLAF traesse le proprie conclusioni
dalle indagini a loro carico.

112 Contrariamente a quanto sostengono i ricorrenti, sarebbe errato
affermare che la decisione dell'OLAF di differire l'informativa dovuta all'istituzione
non sia soggetta di regola a un controllo e che tale controllo possa essere
effettuato solo al termine dell'indagine, nel caso in cui essa non abbia
alcun seguito, o al termine dei procedimenti penali e/o disciplinari.
Pertanto, secondo la Commissione, la mancanza di informativa si giustifica
con l'esigenza di una segretezza assoluta ai fini dell'indagine o con la
necessità di ricorrere a mezzi investigativi rientranti nella competenza di
un'autorità giudiziaria nazionale, e voler esercitare un controllo su tale
giustificazione in una fase anteriore equivarrebbe «a batterla in breccia».

113 Inoltre, la Commissione sottolinea che un fatto illecito può derivare
solo dalla violazione della normativa esistente al momento dei fatti, e non
dalla violazione di una disposizione contenuta in una proposta di nuova
normativa presentata successivamente ai fatti.

114 In secondo luogo, la Commissione fa valere che le qualificazioni
penali attribuite dall'OLAF ai fatti illeciti da esso comunicati a un'autorità
giudiziaria nazionale costituiscono semplici indicazioni, che non vincolano
minimamente quest'ultima. Si tratterebbe solo della manifestazione delle
riflessioni degli agenti dell'OLAF incaricati della pratica, dal momento che
la trasmissione a un'autorità giudiziaria sarebbe giustificata solo qualora
l'OLAF ritenesse che i fatti in questione siano eventualmente rilevanti
sotto il profilo penale. La Commissione sottolinea che le autorità
giudiziarie adite dall'OLAF restano perfettamente libere di accettare e/o
limitare tale deferimento e che non è compito dell'OLAF dare istruzioni di
alcun tipo a dette autorità.

115 Inoltre, i ricorrenti interpreterebbero erroneamente il punto 3.4.3
della relazione della Commissione 2 aprile 2003, relativa alla valutazione
delle attività dell'OLAF [COM (2003) 154 def.]. La Commissione non avrebbe
mai inteso affermare che la comunicazione a un'autorità giudiziaria
nazionale ha l'effetto di vincolare tale autorità alle risultanze dell'indagine
dell'OLAF, semmai il contrario.

b) Giudizio del Tribunale

Sulla qualificazione delle indagini

116 Occorre ricordare che, ai sensi del regolamento n. 1073/1999, le
indagini effettuate dall'OLAF consistono in indagini esterne, vale a dire
all'esterno delle istituzioni della Comunità, e in indagini interne, vale a
dire all'interno di dette istituzioni. Le norme procedurali che l'OLAF deve
seguire variano in funzione della natura dell'indagine.

117 I ricorrenti fanno valere che l'OLAF ha qualificato le proprie
indagini interne come indagini esterne per celare vizi di procedura. L'indagine
avrebbe avuto natura puramente interna, il che avrebbe richiesto che l'istituzione
interessata, il comitato di vigilanza dell'OLAF e i funzionari implicati ne
fossero informati prima di qualsiasi comunicazione all'esterno.

118 Il Tribunale rileva che, effettivamente, durante lo svolgimento delle
varie indagini di cui trattasi è stata fatta una certa confusione sulla loro
natura.

119 A tale riguardo, dalla nota di sintesi del 3 aprile 2003 (v. supra,
punto 23) risulta che l'OLAF aveva qualificato come indagini interne le
indagini relative ai fascicoli Eurocost (trasmesso all'autorità giudiziaria
lussemburghese) e Datashop (trasmesso all'autorità giudiziaria francese).
Nella «sintesi delle pratiche Eurostat attualmente chiuse», l'indagine
relativa al fascicolo Eurocost era stata qualificata come indagine interna,
quella relativa al fascicolo Eurogramme come indagine esterna, quella
relativa al fascicolo CESD Communautaire come indagine interna e quella
relativa al fascicolo Datashop come indagine interna. Nella nota in
questione si rileva inoltre che l'indagine interna relativa alla rete
Datashop ha consentito di porre in evidenza il ruolo fondamentale della
società Planistat, motivo per cui l'OLAF ha avviato, il 18 marzo 2003, un'indagine
esterna su quest'ultima società.

120 Orbene, dalla nota del 1° luglio 2003 (v. supra, punto 34), relativa
alla riunione della Cocobu e allo scambio di pareri con il segretario
generale della Commissione e il direttore generale dell'OLAF del 30 giugno
2003, risulta che tale qualificazione non era chiara. Infatti, secondo la
suddetta nota, il direttore generale dell'OLAF aveva rilevato che, nel caso
del fascicolo Eurostat, le parti interna ed esterna erano interconnesse e
più precisamente che, per quanto riguardava i fascicoli Eurocost e
Eurogramme, la parte esterna era praticamente conclusa, che era stata
trasmessa all'autorità giudiziaria lussemburghese e che i fascicoli Datashop
e Planistat presentavano la medesima interconnessione tra parti esterne e
interne.

121 Inoltre, nella relazione del comitato di vigilanza dell'OLAF del 15
gennaio 2004, redatta su richiesta del Parlamento in ordine a questioni
procedurali sollevate dalle indagini relative a Eurostat, detto comitato
aveva rilevato quanto segue:

«L'OLAF ha inoltre incontrato difficoltà nell'applicare le disposizioni del
regolamento relativo alle indagini interne, da un lato, e alle indagini
esterne, dall'altro. Inizialmente, l'OLAF ha avviato indagini esterne e solo
quando è emerso che potevano risultare coinvolti taluni funzionari sono
state aperte indagini interne. Tale suddivisione meramente amministrativa
dei medesimi fascicoli ha determinato una certa confusione».

122 Risulta dagli atti che, quanto meno alla fine delle indagini, le
pratiche Eurocost, Datashop e CESD Communautaire erano pratiche interne,
mentre le pratiche Eurogramme e Planistat erano pratiche esterne. Tuttavia,
risulta altresì che le pratiche Datashop e Planistat erano strettamente
connesse.

123 È importante determinare la natura della comunicazione del 19 marzo
2003 alle autorità giudiziarie francesi. A tale riguardo, si deve osservare
che è irrilevante il fatto che nella lettera e nella nota del 19 marzo 2003
si menzioni nel riferimento la pratica esterna Planistat (aperta il giorno
precedente) e non la pratica interna Datashop. Tale circostanza non esonera
dagli obblighi procedurali che vanno rispettati nelle indagini interne
allorché risultino implicati funzionari. Inoltre, nonostante il riferimento
a una pratica esterna, nella nota del 19 marzo 2003 gli inquirenti si
riferiscono alla pertinente disposizione del regolamento n. 1073/1999,
relativa alla trasmissione delle informazioni raccolte dall'OLAF in
occasione di indagini interne. Nella lettera 19 marzo 2003 non si precisa
esplicitamente se si trattasse di un'indagine interna o esterna. Tuttavia,
secondo il suo oggetto, si trattava della «[t]rasmissione di informazioni
relative a fatti penalmente rilevanti», il che corrisponde al contenuto dell'art.
10, n. 2, del regolamento n. 1073/1999, relativo alla trasmissione di
informazioni raccolte in occasione di indagini interne su fatti penalmente
perseguibili. Pertanto, il fatto di non menzionare il riferimento del
fascicolo interno non autorizza ad ignorare i diritti della difesa delle
persone ivi menzionate. In ogni caso, dopo il riferimento del fascicolo, si
menzionano «Eurostat/Datashop/Planistat». Inoltre, il direttore generale
dell'OLAF ha constatato nella sua nota del 3 aprile 2003 (v. supra, punto
23) che la pratica interna Datashop, in cui erano implicati taluni
funzionari, era stata oggetto di una comunicazione al Procuratore della
Repubblica di Parigi (Francia).

124 Di conseguenza, si deve osservare che, ai fini del presente
procedimento, l'invio del fascicolo Eurocost alle autorità giudiziarie
lussemburghesi in data 4 luglio 2002 riguardava un'indagine interna, al pari
dell'invio del fascicolo Datashop - Planistat alle autorità giudiziarie
francesi del 19 marzo 2003.

125 Occorre quindi esaminare se l'OLAF abbia violato una norma giuridica
che conferisce diritti ai singoli in occasione della trasmissione di
fascicoli d'indagine interna alle autorità giudiziarie nazionali.

Informazione dei ricorrenti, della Commissione e del comitato di vigilanza
dell'OLAF

- Informazione dei ricorrenti

126 I ricorrenti sostengono di non essere stati anticipatamente informati
della trasmissione del fascicolo Datashop - Planistat alle autorità
giudiziarie francesi e che neppure il sig. Franchet è stato informato della
trasmissione del fascicolo Eurocost, che non riguardava il sig. Byk, alle
autorità giudiziarie lussemburghesi. Pertanto, l'OLAF avrebbe
deliberatamente violato il principio di buona amministrazione, il principio
del contraddittorio, i diritti della difesa e l'obbligo di raccogliere
elementi di indagine sia a carico che a difesa, sanciti, in particolare,
dalla CEDU e dalla Carta. I ricorrenti si richiamano inoltre all'art. 4
della decisione 1999/396.

127 Il Tribunale ricorda che l'informazione dei funzionari interessati è
prevista solo nell'ambito delle indagini interne, all'art. 4 della decisione
1999/396, con cui la Commissione ha definito condizioni e modalità delle
indagini interne.

128 Dalle disposizioni dell'art. 4, primo comma, della decisione 1999/396
risulta che il funzionario interessato deve essere prontamente informato
della possibilità di un suo coinvolgimento personale, se ciò non rischia di
pregiudicare l'indagine, e che, in ogni caso, non si può trarre alcuna
conclusione, al termine dell'indagine, riguardante personalmente un
funzionario della Commissione senza aver dato modo all'interessato di
esprimersi su tutti i fatti che lo concernono [ordinanza del presidente
della Corte 8 aprile 2003, causa C-471/02 P(R), Gómez-Reino/Commissione,
Racc. pag. I-3207, punto 63].

129 La violazione di tali disposizioni, che fissano le condizioni nella
quali il rispetto dei diritti della difesa del funzionario interessato può
essere conciliato con le esigenze di riservatezza proprie di ogni indagine
di questa natura, costituirebbe una violazione delle forme sostanziali
applicabili alla procedura d'indagine (ordinanza Gómez-Reino/Commissione,
cit. al punto 128 supra, punto 64).

130 Tuttavia, l'art. 4 della decisione 1999/396 non riguarda
esplicitamente la trasmissione delle informazioni alle autorità giudiziarie
nazionali e quindi non prevede l'obbligo di informare il funzionario
interessato prima di tale trasmissione. Infatti, a norma dell'art. 10 del
regolamento n. 1073/1999, l'OLAF può (indagini esterne) o deve (indagini
interne) trasmettere le informazioni alle autorità giudiziarie nazionali.
Tale trasmissione delle informazioni può quindi precedere le «conclusioni
tratte al termine dell'indagine», che normalmente sono contenute nella
relazione di indagine.

131 Inoltre, secondo l'ordinanza Gómez-Reino/Commissione, citata supra,
al punto 128 (punto 68), le conclusioni tratte dall'OLAF al termine dell'indagine,
che riguardano personalmente un funzionario, ai sensi dell'art. 4 della
decisione 1999/396, sono necessariamente quelle contenute nella relazione
redatta sotto l'autorità del direttore di tale ufficio, come previsto dall'art.
9 del regolamento n. 1073/1999, e il seguito dato all'indagine interna dall'istituzione
interessata può aversi in particolare sul piano disciplinare e giudiziario.

132 Si può quindi senz'altro ritenere che, al momento della trasmissione
di informazioni alle autorità giudiziarie nazionali, non esistesse alcuna
relazione ai sensi dell'art. 9 del regolamento n. 1073/1999 comunicata dall'OLAF
alla Commissione e concernente personalmente i ricorrenti.

133 Tuttavia, rimane ancora da esaminare se, eventualmente, occorra
ritenere che le «informazioni» trasmesse alle autorità giudiziarie
lussemburghesi e francesi contenessero «conclusioni riguardanti
personalmente» i ricorrenti.

134 Per quanto riguarda, in primo luogo, la trasmissione del fascicolo
Eurocost alle autorità giudiziarie lussemburghesi effettuata il 4 luglio
2002, nella nota di trasmissione si precisa che né il sig. Franchet né i
rappresentanti di Eurocost sono stati sentiti dall'OLAF, e ciò volutamente,
per non compromettere i risultati dell'indagine giudiziaria. È quindi
pacifico che il sig. Franchet non è stato sentito in merito a tale fascicolo
prima della sua trasmissione alle autorità giudiziarie lussemburghesi.

135 Nella nota sopra citata si precisa che il sig. Franchet è uno dei
fondatori di Eurocost, di cui è anche stato presidente, vicepresidente e
membro, che egli era regolarmente presente alle assemblee generali di
Eurocost e che aveva firmato il contratto di lavoro del direttore di
Eurocost all'epoca in cui ne era presidente. Il direttore generale dell'OLAF
sottolinea che sussiste un potenziale conflitto di interessi e che le
conclusioni di una revisione contabile interna evidenziano numerose
irregolarità e casi di frodi perpetrate dai responsabili di Eurocost a danno
di Eurostat. A proposito delle «manipolazioni contabili dirette a mascherare
frodi a danno di Eurostat», si precisa che a tale riguardo è stata evocata l'esistenza
di accordi taciti con Eurostat. Si menzionano inoltre «doppi e persino
tripli finanziamenti di talune spese».

136 Si deve rilevare che tale nota di trasmissione, che menziona
espressamente il sig. Franchet in relazione a un potenziale conflitto d'interessi,
dev'essere interpretata nel senso che contiene «conclusioni riguardanti
personalmente» il sig. Franchet. A tale riguardo occorre inoltre
sottolineare che, nella nota del 3 aprile 2003 (v. supra, punto 23), il
direttore generale dell'OLAF ha precisato che, «[c]on lettera 10 luglio
2002, il Procuratore di Stato di Lussemburgo ha comunicato che non si
opponeva all'audizione dei funzionari accusati dagli inquirenti dell'OLAF» e
che «potrebbe risultare implicato il [d]irettore generale [di Eurostat]».

137 Per quanto riguarda, in secondo luogo, la trasmissione del fascicolo
Datashop - Planistat alle autorità giudiziarie francesi effettuata il 19
marzo 2003, è pacifico che i ricorrenti non sono stati né informati né posti
in condizione di esprimersi sul fascicolo prima della sua trasmissione. Si
deve inoltre ricordare che la lettera 19 marzo 2003 aveva per oggetto la
«[t]rasmissione di informazioni relative a fatti di eventuale rilievo
penale» e la nota che l'accompagnava riguardava la «[d]enuncia di fatti di
eventuale rilievo penale».

138 Nella lettera 19 marzo 2003, il direttore generale dell'OLAF osserva
che, fatta salva la valutazione dell'autorità giudiziaria francese,
«sembrerebbe che l'OLAF abbia messo in luce comportamenti fraudolenti, che
hanno arrecato danno al bilancio comunitario e di eventuale rilievo penale»,
precisando che «[d]all'indagine è emerso che tali atti erano stati compiuti
dagli animatori della società Planistat Europe SA, avente sede a Parigi, con
la complicità attiva di funzionari europei».

139 Nella nota del 19 marzo 2003 si precisa, nell'ambito di una
«[c]ronologia dei fatti oggetto dell'indagine», al punto 2.3, intitolato
«Accertamenti compiuti nel corso dell'indagine», che una relazione del
revisore contabile interno di Eurostat del settembre 1999 relativa ai
Datashop di Bruxelles (Belgio), Lussemburgo (Lussemburgo) e Madrid (Spagna),
sulla cui base era stata avviata l'indagine dell'OLAF, «a[veva] evidenziato
numerose irregolarità commesse nella gestione di questi tre Datashop tra il
1996 e la fine del 1999» e che, «[n]el caso di specie, una parte
significativa dei fatturati "dichiarati" da questi tre Datashop - tra il 50
e il 55% - alimentava fondi neri il cui impiego era subordinato all'autorizzazione
di un funzionario [di Eurostat]».

140 Nella nota in questione si rileva inoltre che «[g]li unici che
dispongano di un quadro complessivo dell'intera vicenda sono i dirigenti del
Gruppo Planistat e verosimilmente il sig. Byk, capo unità presso Eurostat,
di nazionalità francese», che le fatture false «venivano pagate tramite
prelievi dai fondi neri (.) previa approvazione del signor Daniel Byk,
direttore di Eurostat, di nazionalità francese», che «[erano] stati
fatturati e pagati in tal modo circa [EUR] 922 500» e che «Eurostat, con lo
stratagemma dei fondi neri, a[veva] appianato un pesante passivo di
Planistat Europe SA che, in condizioni normali, sarebbe dovuto rimanere a
carico del contraente della Commissione», pur precisando che «i fondi neri
[erano] anche serviti a pagare spese di vitto, albergo, viaggio (.) generate
da alcuni funzionari di Eurostat, tra cui il sig. Byk».

141 Nella descrizione degli illeciti penali in questione, al punto 3.1,
intitolato «Appropriazione indebita», si rileva quanto segue:

«La creazione, da parte di alcuni funzionari comunitari, di una rete di
operatori economici, uno dei cui obiettivi consisteva nel celare alla
Commissione parte degli introiti derivanti dalla vendita di prodotti o di
servizi statistici comunitari, potrebbe costituire uno sviamento "di fondi,
valori o altri beni" previsto dall'art. 314-1 del codice penale, che
definisce l'appropriazione indebita. Tutti gli elementi costitutivi dell'illecito
sono stati posti in essere con la complicità di funzionari comunitari, dei
dirigenti del gruppo Planistat e dei dirigenti dei Datashop interessati. I
funzionari comunitari non potevano ignorare il regolamento finanziario in
vigore, che li obbligava a far risultare la totalità delle entrate.

Inoltre, questi stessi funzionari comunitari hanno utilizzato le somme in
questione per scopi estranei all'interesse comunitario, dato che tale denaro
è chiaramente servito a pagare spese non previste dal contratto stipulato
dalla società Planistat Europe SA con la Commissione, o spese personali di
detti funzionari. L'intento fraudolento consiste in tale impiego a scopi
diversi da quelli comunitari».

142 Dopo avere esaminato la questione dell'occultamento delle
appropriazioni indebite, in relazione alla società Planistat, al punto 3.3,
intitolato «L'associazione per delinquere», si rileva quanto segue:

«Secondo l'art. 450-1 del codice penale, "[c]ostituisce associazione per
delinquere qualunque associazione o intesa costituita ai fini della
preparazione, caratterizzata da uno o più fatti materiali, di uno o più
crimini o reati puniti con la reclusione non inferiore a cinque anni (.)".

Rimane da chiedersi se tale qualifica possa essere utilizzata anche nell'ambito
nel caso in esame, dato che, per realizzare il saccheggio dei fondi
comunitari, è stata necessaria l'associazione tra i funzionari, i dirigenti
di Planistat e quelli dei Datashop che hanno commesso reati di
appropriazione indebita.

(.)».

143 Infine, al punto 3.5, intitolato «Applicazione della legge francese
ai reati commessi all'estero da cittadini francesi», si rileva quanto segue:

«(.)

Nel caso in esame, il sig. Yves Franchet, direttore di Eurostat, e il sig.
Daniel Byk, capo unità presso Eurostat, entrambi funzionari della
Commissione europea, con sede di lavoro a Lussemburgo, che potrebbero avere
organizzato in tutto o in parte il sistema, sono di nazionalità francese.

L'insieme degli elementi sopra indicati consente di affermare che l'OLAF si
trova di fronte a una vasta operazione di saccheggio dei fondi comunitari
con alla base una serie di atti di eventuale rilievo penale, fatta salva la
valutazione della competente autorità giudiziaria.

Di conseguenza, sarebbe opportuno trasmettere la presente nota e i documenti
allegati al Procuratore della Repubblica di Parigi».

144 Dalla nota del 19 marzo 2003 emerge chiaramente che essa contiene
«conclusioni riguardanti personalmente» i ricorrenti.

145 Pertanto, prima della trasmissione del fascicolo Eurocost alle
autorità giudiziarie lussemburghesi, per quanto riguarda il sig. Franchet, e
prima della trasmissione del fascicolo Datashop - Planistat alle autorità
giudiziarie francesi, per quanto riguarda i sigg. Franchet e Byk, questi
ultimi, in linea di principio, avrebbero dovuto essere informati e sentiti
in merito ai fatti che li riguardavano, in base all'art. 4 della decisione
1999/396.

146 Tale disposizione, tuttavia, prevede una deroga laddove ai fini dell'indagine
sia necessaria la massima segretezza e si debba ricorrere ai mezzi
investigativi di competenza di un'autorità giudiziaria nazionale. In questi
casi, l'obbligo di invitare il funzionario ad esprimersi può essere
differito con il consenso del segretario generale della Commissione.
Pertanto, perché si possa differire l'informativa, devono sussistere le due
condizioni della necessità di massima segretezza e dell'esigenza di
ricorrere a mezzi investigativi di competenza di un'autorità giudiziaria
nazionale. Occorre inoltre ottenere il previo consenso del segretario
generale della Commissione.

147 A tale riguardo, per quanto concerne la trasmissione del fascicolo
Eurocost alle autorità giudiziarie lussemburghesi, da una lettera del 2
agosto 2002, inviata dal segretario generale della Commissione al direttore
generale dell'OLAF, risulta che il primo ha prestato il proprio consenso a
che gli interessati non fossero informati. Egli ha motivato tale decisione
affermando che, «[i]n attesa dell'esito delle discussioni tra i [loro]
servizi in ordine al miglioramento delle procedure esistenti, [egli poteva]
prestare il [suo] consenso [alla] proposta [del direttore generale dell'OLAF]
di non informare gli interessati nella pratica menzionata in oggetto». Il
segretario generale della Commissione non ha quindi accennato a nessuna
delle suddette condizioni. In ogni caso, tale consenso è stato prestato
successivamente alla trasmissione del fascicolo di cui trattasi.

148 Per quanto riguarda la trasmissione del fascicolo Datashop -
Planistat alle autorità giudiziarie francesi, risulta dalla nota del 3
aprile 2003, che è quindi successiva alla trasmissione del 19 marzo 2003,
che il direttore generale dell'OLAF ha constatato in tale nota che erano
implicati funzionari di Eurostat e dell'Ufficio delle pubblicazioni
ufficiali delle Comunità europee, che tale parte del fascicolo era stata
trasmessa alle autorità giudiziarie francesi e che occorreva differire l'informativa
ai funzionari, conformemente all'art. 4 della decisione 1999/396, data la
necessità di mantenere la massima segretezza ai fini dell'indagine.
Tuttavia, non vi si fa alcun riferimento alla seconda delle condizioni sopra
menzionate.

149 Inoltre, in risposta a un quesito scritto del Tribunale, la
Commissione ha confermato che il suo segretario generale «non [aveva] avuto
modo di prestare il proprio consenso al differimento dell'obbligo di
invitare i ricorrenti ad esprimersi».

150 Di conseguenza, nel caso di specie non sussistevano tutte le
condizioni di applicazione della deroga prevista dall'art. 4 della decisione
1999/396, che consente di differire l'informativa.

151 Si deve rilevare che l'obbligo di chiedere e ottenere il consenso del
segretario generale della Commissione non è una semplice formalità,
eventualmente esperibile in una fase successiva. Infatti, se così fosse, l'esigenza
di ottenere tale consenso perderebbe la sua ragion d'essere, ossia garantire
che siano rispettati i diritti della difesa dei funzionari interessati, che
la loro informazione venga differita solo in casi del tutto eccezionali e
che la valutazione di tale carattere eccezionale non venga riservata all'OLAF,
ma sia rimessa anche al giudizio del segretario generale della Commissione.

152 Pertanto, l'OLAF ha violato l'art. 4 della decisione 1999/396 e i
diritti della difesa dei ricorrenti in occasione della trasmissione del
fascicolo Datashop - Planistat alle autorità giudiziarie francesi, nonché
detto articolo e i diritti della difesa del sig. Franchet in occasione della
trasmissione del fascicolo Eurocost alle autorità giudiziarie
lussemburghesi.

153 È innegabile che la norma giuridica violata nel caso di specie,
secondo cui le persone sottoposte ad indagine devono essere informate e
messe in condizione di esprimersi su tutti i fatti che le riguardano,
conferisce diritti ai singoli (v., in tal senso e per analogia, sentenza del
Tribunale 12 settembre 2007, causa T-259/03, Nikolaou/Commissione, punto
263).

154 È vero che l'art. 4 della decisione 1999/396 conferisce all'OLAF un
margine di valutazione discrezionale laddove, ai fini dell'indagine, sia
necessaria la massima segretezza e si debba ricorrere ai mezzi investigativi
di competenza di un'autorità giudiziaria nazionale (v., per analogia,
sentenza Nikolaou/Commissione, cit. al punto 153 supra, punto 264).
Tuttavia, per quanto riguarda le modalità di adozione della decisione di
differire l'informativa ai funzionari interessati, l'OLAF non dispone di
alcun margine discrezionale. Del pari, l'OLAF non dispone di alcun margine
di discrezionalità in ordine alla verifica delle condizioni di applicazione
dell'art. 4 della decisione 1999/396.

155 Come si è rilevato in precedenza, nel caso di specie non sono state
rispettate le condizioni e le modalità di applicazione di tale deroga, dato
che l'OLAF non ha invocato l'esigenza di ricorrere ai suddetti mezzi
investigativi e non ha chiesto, né tanto meno ottenuto, il consenso del
segretario generale della Commissione in tempo utile per differire l'obbligo
di invitare il funzionario interessato dall'indagine ad esprimersi.

156 Pertanto, avendo violato l'obbligo di informazione ad esso
incombente, l'OLAF ha commesso una violazione sufficientemente qualificata
di una norma giuridica che conferisce diritti ai singoli.

- Informazione della Commissione

157 I ricorrenti fanno valere che la Commissione non è stata previamente
informata della trasmissione dei fascicoli concernenti Eurostat alle
autorità giudiziarie lussemburghesi e francesi da parte dell'OLAF. Il
Tribunale ritiene che tale argomento debba essere inteso nel senso che si
tratta di stabilire se la Commissione dovesse essere informata con modalità
diverse da quelle di cui all'art. 4 della decisione 1999/396 affinché il suo
segretario generale prestasse il proprio consenso, come si è rilevato in
precedenza.

158 A tale riguardo, si deve ricordare che, ai sensi dell'art. 10, n. 2,
del regolamento n. 1073/1999, l'OLAF deve trasmettere alle autorità
giudiziarie dello Stato membro interessato le informazioni raccolte in
occasione di indagini interne su fatti penalmente perseguibili, mentre, in
occasione di indagini esterne, tale trasmissione è solo facoltativa. Nella
specie, si deve osservare che le relazioni di indagine non erano ancora
state redatte e pertanto la trasmissione dei fascicoli consisteva, a priori,
nella trasmissione di informazioni, anche se contenevano conclusioni
riguardanti personalmente i ricorrenti, e non in quella delle relazioni di
indagine, disciplinata dall'art. 9 del regolamento n. 1073/1999. A norma
dell'art. 10, n. 3, è facoltativa anche la trasmissione all'istituzione
interessata delle informazioni raccolte in occasione di indagini interne.
Nessuna disposizione di tale articolo prevede che la trasmissione delle
informazioni alle autorità giudiziarie nazionali debba essere preceduta o
accompagnata dall'informazione dell'istituzione interessata.

159 L'informazione dell'istituzione interessata nell'ambito delle
indagini interne è prevista dall'art. 4, n. 5, del regolamento n. 1073/1999.
Tuttavia, tale disposizione non prevede alcun termine per fornire tale
informazione. Essa non prevede, ad esempio, che l'istituzione interessata
debba essere informata prima della trasmissione delle informazioni alle
autorità giudiziarie nazionali. Essa contiene inoltre una deroga relativa ai
casi in cui occorra mantenere la massima segretezza ai fini dell'indagine.
In tal caso, l'OLAF può differire l'informazione. Risulta dagli atti che l'OLAF
ha ritenuto che, quanto meno per quanto riguarda la pratica Datashop -
Planistat, si trattasse di un caso che richiedeva la massima segretezza ai
fini dell'indagine (v. nota del 3 aprile 2003, cit. al punto 23 supra). Va
rilevato che rientra nella discrezionalità dell'OLAF decidere se occorra
applicare tale deroga.

160 Nella specie, si deve constatare che l'OLAF non era tenuto a
informare la Commissione prima di trasmettere informazioni alle autorità
giudiziarie nazionali ai sensi dell'art. 4, n. 5, del regolamento n.
1073/1999.

161 Pertanto, l'OLAF non ha violato gli artt. 4 e 10 del regolamento n.
1073/1999 per non avere informato la Commissione prima di trasmettere le
informazioni alle autorità giudiziarie nazionali.

162 In ogni caso, i ricorrenti non hanno dimostrato in quale modo il
fatto che la Commissione non sia stata informata prima della trasmissione
delle informazioni alle autorità giudiziarie nazionali avrebbe leso i loro
diritti, fatte salve le considerazioni svolte in ordine all'applicazione
dell'art. 4 della decisione 1999/396. Va infatti rilevato che le
disposizioni menzionate al punto precedente non contengono norme giuridiche
che conferiscono diritti ai singoli di cui il giudice comunitario deve
garantire il rispetto.

- Informazione del comitato di vigilanza dell'OLAF

163 I ricorrenti fanno valere che neppure il comitato di vigilanza dell'OLAF
è stato informato prima della trasmissione di informazioni alle autorità
giudiziarie lussemburghesi e francesi.

164 A tale riguardo il Tribunale ricorda che, ai sensi dell'art. 11, n.
7, del regolamento n. 1073/1999, nell'ambito del controllo regolare sull'esecuzione
della funzione di indagine da parte del comitato di vigilanza, «[i]l
direttore [dell'OLAF] informa il comitato dei casi che rendono necessaria la
trasmissione di informazioni alle autorità giudiziarie di uno Stato membro».
Si deve rilevare che dal tenore letterale di tale disposizione emerge che
detta informazione dev'essere fornita prima della trasmissione. Infatti, se
così non fosse, essa non riguarderebbe «casi che rendono necessaria la
trasmissione di informazioni», espressione che rinvia a un evento futuro.
Questa interpretazione è corroborata anche dalla dichiarazione resa dal
presidente del comitato di vigilanza dell'OLAF dinanzi alla House of Lords
Select Committee on the European Union (Commissione speciale sull'Unione
europea della Camera dei Lord del Regno Unito) il 19 maggio 2004, in cui
egli ha affermato che «[l]'OLAF [aveva] l'obbligo di informare il comitato
[di vigilanza] prima di trasmettere alcunché a un'autorità giudiziaria».

165 Risulta dalla risposta della Commissione al quesito scritto del
Tribunale che il direttore generale dell'OLAF ha informato il comitato di
vigilanza in merito alla trasmissione dei fascicoli Eurocost ed Eurogramme
alle autorità giudiziarie lussemburghesi il 25 ottobre 2002, vale a dire
successivamente alla trasmissione effettuata il 4 luglio 2002. Del pari, il
comitato di vigilanza è stato informato il 24 marzo 2003 della trasmissione
del fascicolo Datashop - Planistat alle autorità giudiziarie francesi,
ossia, anche in questo caso, successivamente alla trasmissione effettuata il
19 marzo 2003.

166 Pertanto, l'OLAF ha violato l'art. 11, n. 7, del regolamento n.
1073/1999. Tuttavia, occorre ancora esaminare se si tratti di una norma
giuridica che conferisce diritti ai singoli di cui il giudice comunitario
deve garantire il rispetto.

167 A tale riguardo va ricordato che anche se, a norma dell'art. 11, n.
1, del regolamento n. 1073/1999, il comitato di vigilanza dell'OLAF non
interferisce nello svolgimento delle indagini in corso, conformemente all'art.
2 del suo regolamento interno, esso «vigila acciocché le attività dell'OLAF
siano espletate nel pieno rispetto dei diritti dell'uomo e delle libertà
fondamentali, nonché in conformità dei trattati e del diritto derivato, in
particolare del protocollo sui privilegi e le immunità e dello statuto dei
funzionari».

168 Tale comitato ha dunque il compito di tutelare i diritti delle
persone sottoposte alle indagini dell'OLAF. È quindi innegabile che l'obbligo
di consultare tale comitato prima di trasmettere informazioni alle autorità
giudiziarie nazionali sia inteso a conferire diritti agli interessati.

169 Di conseguenza, si deve ritenere che, violando l'art. 11, n. 7, del
regolamento n. 1073/1999, l'OLAF abbia violato una norma giuridica che
conferisce diritti ai singoli.

170 Inoltre, dato che l'art. 11, n. 7, del regolamento n. 1073/1999
prevede che l'informazione del comitato di vigilanza costituisce un obbligo
incondizionato e non lascia alcun margine di discrezionalità, si tratta di
una violazione sufficientemente qualificata.

L'influenza esercitata sulle autorità giudiziarie nazionali

171 I ricorrenti fanno valere che l'OLAF ha «orientato» le autorità
giudiziarie francesi, dando anzitempo una qualifica penale a fatti che aveva
ritenuto di poter individuare nel caso Eurostat, il che sarebbe
incompatibile con la sua funzione, consistente nell'effettuare indagini
amministrative.

172 Il Tribunale ricorda che il seguito che le autorità nazionali
riservano alle informazioni loro trasmesse dall'OLAF è rimesso
esclusivamente ed interamente alla loro responsabilità. Spetta pertanto a
tali autorità verificare esse stesse se siffatte informazioni giustifichino
o impongano l'avvio di procedimenti penali. Di conseguenza, la tutela
giurisdizionale nei confronti di siffatti procedimenti deve essere
assicurata a livello nazionale con tutte le garanzie previste dal diritto
interno, ivi comprese quelle derivanti dai diritti fondamentali che, facendo
parte integrante dei principi generali del diritto comunitario, devono del
pari essere rispettati dagli Stati membri quando danno esecuzione ad una
normativa comunitaria [sentenze della Corte 13 luglio 1989, causa 5/88,
Wachauf, Racc. pag. 2609, punto 19; 10 luglio 2003, cause riunite C-20/00 e
C-64/00, Booker Aquaculture e Hydro Seafood, Racc. pag. I-7411, punto 88, e
ordinanza del presidente della Corte 19 aprile 2005, causa C-521/04 P(R),
Tillack/Commissione, Racc. pag. I-3103, punto 38].

173 Pertanto, l'argomento dei ricorrenti relativo all'influenza
esercitata sulle autorità giudiziarie nazionali è inoperante.

2. Sulla divulgazione delle informazioni da parte dell'OLAF

a) Argomenti delle parti

174 I ricorrenti contestano all'OLAF di avere violato l'obbligo di
riservatezza, sancito in particolare dagli artt. 8 e 12 del regolamento n.
1073/1999, il principio di buona amministrazione e il principio della
presunzione di innocenza. Infatti, da un lato, vi sarebbero state fughe di
notizie relative alla trasmissione del fascicolo Datashop - Planistat alle
autorità giudiziarie francesi. I ricorrenti avrebbero appreso dalla stampa,
nel maggio 2003, delle accuse loro rivolte e del fatto che erano state adite
le autorità giudiziarie francesi.

175 Dall'altro lato, tali fughe di notizie sarebbero proseguite. Secondo
i ricorrenti, esse riguardano elementi inclusi nella relazione e comunicati
alle autorità giudiziarie nazionali, o direttamente collegati agli incontri
avuti dai ricorrenti con gli inquirenti dell'OLAF tra il 23 giugno e il 4
luglio 2003. La loro origine sarebbe quindi ben determinata. Le spiegazioni
fornite dinanzi agli inquirenti dell'OLAF sarebbero apparse il giorno
successivo o alcuni giorni dopo, trascritte praticamente parola per parola,
sulla stampa.

176 Anche la trasmissione al presidente della Commissione della «sintesi
delle pratiche Eurostat attualmente chiuse», effettuata dall'OLAF il 24
settembre 2003, costituirebbe una violazione dell'obbligo di riservatezza.
Tale documento non sarebbe stato comunicato ai ricorrenti e il direttore
generale dell'OLAF avrebbe dovuto sapere che esso sarebbe stato utilizzato
pubblicamente dal presidente della Commissione il giorno seguente e che il
giorno prima era stato pubblicamente divulgato presso il Parlamento.

177 Inoltre, l'OLAF avrebbe indicato pubblicamente i ricorrenti - anche
attraverso fughe di notizie sui giornali - quali responsabili di una serie
di illeciti penali, il che avrebbe indotto a credere alla loro colpevolezza
e avrebbe compromesso la valutazione dei fatti da parte del giudice
francese, violando così la presunzione di innocenza. Il direttore generale
dell'OLAF avrebbe reso dichiarazioni alla stampa e dinanzi alla Cocobu in
cui avrebbe definito il caso grave e serio, dichiarazioni che avrebbero
quindi contenuto un giudizio sul caso, mentre le indagini sarebbero state
ancora in corso. Pertanto, l'OLAF non avrebbe rispettato neppure l'obbligo
di riservatezza.

178 La Commissione contesta gli argomenti dei ricorrenti e rileva che
incombe a loro dimostrare la veridicità dell'accusa o dell'imputazione
gravemente lesiva dell'onorabilità dell'OLAF che hanno formulato.

179 Per quanto riguarda la trasmissione della «sintesi delle pratiche
Eurostat attualmente chiuse» del 24 settembre 2003, la Commissione fa
riferimento all'art. 10 del regolamento n. 1073/1999 e rileva che, anche se
si trattava di un'indagine esterna, l'OLAF avrebbe potuto trasmettere tali
informazioni anche alla Commissione, dato che quest'ultima era interessata
sotto il profilo della tutela degli interessi finanziari della Comunità.

180 Infine, la Commissione sostiene che la censura relativa alla
violazione della presunzione d'innocenza è priva di qualsiasi fondamento.
Infatti, l'OLAF non potrebbe adottare alcuna decisione di carattere
giudiziario o disciplinare nei confronti dei ricorrenti, in quanto non
sarebbe un organo giudiziario né disciplinare. Quand'anche altre autorità
pubbliche avessero violato la presunzione di innocenza, i ricorrenti non
avrebbero spiegato in quali occasioni l'OLAF li abbia pubblicamente indicati
quali colpevoli di una serie di illeciti penali.

b) Giudizio del Tribunale

Sulle fughe di notizie

181 Secondo i ricorrenti, da un lato, vi sarebbe stata una fuga di
notizie riguardanti la trasmissione del fascicolo Datashop - Planistat alle
autorità giudiziarie francesi. Dall'altro, tali fughe di notizie sarebbero
continuate.

182 Il Tribunale ricorda che, secondo la giurisprudenza, incombe al
ricorrente, nell'ambito di un ricorso per risarcimento, dimostrare che
sussistono tutte le condizioni cui è subordinato il sorgere della
responsabilità extracontrattuale della Comunità ai sensi dell'art. 288,
secondo comma, CE (sentenze del Tribunale 19 marzo 2003, causa T-273/01,
Innova Privat-Akademie/Commissione, Racc. pag. II-1093, punto 23, e 17
dicembre 2003, causa T-146/01, DLD Trading/Consiglio, Racc. pag. II-6005,
punto 71). Pertanto, poiché nella specie i ricorrenti non hanno dimostrato
che la pubblicazione di informazioni relative all'indagine di cui erano
stati oggetto era conseguente a una divulgazione di informazioni imputabile
all'OLAF, tale pubblicazione, in linea di principio, non può essere
contestata a quest'ultimo (v., in tal senso, sentenza Nikolaou/Commissione,
cit. al punto 153 supra, punto 141).

183 Questa regola, tuttavia, subisce un'attenuazione quando l'evento
dannoso potrebbe essere stato provocato da cause diverse e l'istituzione
comunitaria non abbia prodotto alcun elemento di prova che consenta di
stabilire a quale di tali cause sia imputabile l'evento, malgrado che la
medesima istituzione si trovasse nella posizione migliore per fornire prove
al riguardo, motivo per cui la residua incertezza dev'essere posta a suo
carico (v., in tal senso, sentenze della Corte 8 ottobre 1986, cause riunite
169/83 e 136/84, Leussink-Brummelhuis e a./Commissione, Racc. pag. 2801,
punti 16 e 17). È necessario adottare tale approccio per esaminare se i
ricorrenti abbiano dimostrato che talune informazioni erano state divulgate
dall'OLAF o da uno dei suoi agenti, fatta salva, in questa fase, la
valutazione del Tribunale in ordine alla questione se le eventuali
divulgazioni costituiscano atti illeciti commessi dall'OLAF (v., in tal
senso, sentenza Nikolaou/Commissione, cit. al punto 153 supra, punto 142).

- Sull'esistenza e sul contenuto delle fughe di notizie

184 Si deve rilevare che, nel caso di specie, l'esistenza di fughe di
notizie dev'essere considerata un fatto notorio. Infatti, la stessa
Commissione ha ammesso in udienza che «vi [era] stata una comunicazione alle
autorità giudiziarie nazionali, [che] vi [erano] sicuramente state, in una o
più occasioni, fughe di notizie che, alcune settimane dopo, [erano] apparse
sui giornali». Nonostante tale generica ammissione in merito all'esistenza
di fughe di notizie, la Commissione insiste sul fatto che incombe ai
ricorrenti dimostrare che si siano verificate fughe di notizie dall'OLAF. I
ricorrenti ammettono di non disporre di prove scritte del fatto che questa o
quella persona fosse all'origine delle fughe di notizie, ma sostengono che
da un complesso di indizi e di presunzioni emerge che talune fughe di
notizie provenivano dall'OLAF.

185 A tale riguardo, occorre constatare che il resoconto integrale dell'intervento
del segretario generale della Commissione dinanzi al comitato di vigilanza
dell'OLAF del 3 settembre 2003 dà atto dell'esistenza di fughe di notizie.
Occorre citare un passaggio di tale resoconto integrale, di cui la
Commissione aveva chiesto lo stralcio dagli atti, che dimostra l'esistenza
di difficoltà:

«Sui problemi relativi alle audizioni delle persone, sono perfettamente d'accordo,
effettivamente c'è un problema. Va tutto bene se si mantiene la
riservatezza. Se davvero c'è la riservatezza, un fascicolo predisposto dall'OLAF
viene trasmesso alla procura e spetta alla procura valutare se si debbano [o
meno] sentire le persone. Tutto questo va benissimo se non ci sono fughe di
notizie. Purtroppo, per il momento, [dall']OLAF filtra di tutto. Dunque, la
presunt[a] riservatezza: io sono il [sig. Franchet o sig. Byk] e [leggo] sul
Financial Times di essere accusato di avere saccheggiato fondi comunitari.
Scusatemi, ma la vostra reputazione è distrutta. Non c'è niente da fare,
anche se fossero poi completamente scagionate, quelle persone sono
distrutte, professionalmente e anche personalmente. Quindi, è una questione
seria. È in gioco la carriera, la vita privata, l'integrità delle persone.
Perciò, secondo me, fintantoché non si riescono a evitare le fughe di
notizie, si deve fare molta attenzione a ciò che si scrive e si dice,
bisogna essere molto prudenti».

186 Inoltre, secondo la nota della segreteria del comitato di vigilanza
dell'OLAF del 27 maggio 2003, inviata all'attenzione del presidente del
comitato di vigilanza:

«Vari articoli apparsi soprattutto sui giornali tedeschi e successivamente
su quelli francesi davano notizia della trasmissione delle informazioni da
parte dell'OLAF al Procuratore della Repubblica di Parigi.

Sembra che le fughe di notizie sulla stampa tedesca siano avvenute proprio
in coincidenza con gli spostamenti in Germania di alcuni responsabili dell'OLAF,
nonché con le celebrazioni per il [50o] anniversario di Eurostat.

L'articolo qui allegato del quotidiano Libération, pubblicato il 22 maggio
2003, sembrerebbe essere stato scritto esclusivamente sulla base della
comunicazione trasmessa dall'OLAF al Procuratore della Repubblica di Parigi.
L'articolo è firmato da due giornalisti inviati a Bruxelles, il che lascia
pensare che la fuga di notizie abbia avuto origine a Bruxelles, e non a
Parigi».

187 Analogamente, secondo la relazione del comitato di vigilanza dell'OLAF
del 15 gennaio 2004, redatta su richiesta del Parlamento e concernente
questioni procedurali sollevate dalle indagini relative a Eurostat:

«Questo caso è stato segnato dalla divulgazione alla stampa e alle
istituzioni da parte dell'OLAF, intenzionalmente o meno, di informazioni e
dichiarazioni che, mettendo in discussione i diritti individuali delle
persone sottoposte ad indagine, ma anche il corretto svolgimento dell'indagine
stessa, avrebbero dovuto essere trattate come informazioni riservate».

188 Risulta inoltre dalla nota del 1° luglio 2003 (v. supra, punto 34)
che le fughe di notizie erano un fatto acquisito per il direttore generale
dell'OLAF, dato che questi aveva affermato quanto segue: «Quanto alle fughe
di notizie, è in corso un'indagine del servizio di sicurezza della
Commissione».

189 Pertanto, si deve rilevare che l'esistenza di fughe di notizie è già
sufficientemente dimostrata sulla base dei documenti sopra citati.

190 Nella loro risposta a un quesito scritto del Tribunale, i ricorrenti
precisano che le informazioni e i termini utilizzati nella lettera e nella
nota dell'OLAF del 19 marzo 2003 costituiscono il fondamento di una prima
serie di articoli o di prese di posizione pubbliche di media o di deputati
europei, che evidentemente avevano avuto accesso a tali documenti. A tale
riguardo, i ricorrenti citano vari articoli di stampa.

191 Nelle sue osservazioni in merito alla risposta dei ricorrenti, la
Commissione nega che gli articoli di stampa prodotti provino l'esistenza di
fughe di notizie, in particolare dall'OLAF, e rileva che si tratta di un'asserzione
non dimostrata. Essa fa valere che tali articoli non consentono
assolutamente di affermare che l'OLAF sia all'origine delle fughe di notizie
relative alla trasmissione effettuata il 19 marzo 2003 alle autorità
giudiziarie francesi o a qualsiasi altro fatto.

192 In proposito, il Tribunale osserva che gli articoli di stampa
prodotti dai ricorrenti confermano l'esistenza delle fughe di notizie. Essi
contengono riferimenti, in particolare, a una «fonte ben informata», nonché
citazioni dirette della lettera e della nota del 19 marzo 2003 inviate alle
autorità giudiziarie francesi.

193 Occorre ancora citare alcuni di tali articoli, per esaminare più nel
dettaglio il contenuto delle fughe di notizie.

194 Secondo un articolo apparso sulla Süddeutsche Zeitung del 26 aprile
2003:

«Dovrebbe essere un giorno di festa. Il 16 maggio, l'Ufficio statistico
delle Comunità europee compirà 50 anni (.)

Tuttavia, la festa potrebbe essere meno grandiosa del previsto. Alla vigilia
di questo importante anniversario, la dirigenza di Eurostat è nel mirino
delle critiche. Secondo informazioni pervenute alla Süddeutsche Zeitung, da
alcuni controlli interni emergono gravi accuse. Si tratta di "fondi neri"
che sarebbero stati sottratti dal bilancio di organismi finanziati dall'Unione
europea. L'OLAF (.) indaga attivamente da mesi sulla questione.

(.) Dal 1999 al più tardi, sono stati sottratti dai bilanci ufficiali almeno
900 000 euro - provenienti dalle entrate dei "Data Shop". Si sospetta che
alti funzionari si siano appropriati di somme prelevate da questi fondi
neri.

Si sa ancora troppo poco sui dettagli. Fino a prova contraria, si deve
presumere che tutti gli interessati siano innocenti. Qualora le accuse
persistessero, saremmo in presenza di una frode particolarmente audace. (.)

I sospetti investono anche la direzione, con a capo il francese Yves
Franchet. Franchet è uno dei fondatori della società Eurocost, che da molto
tempo riceve aiuti economici dall'Ufficio statistico. Come segnalava il
Parlamento europeo nel mese di marzo, Eurocost è accusata in particolare di
avere manipolato il proprio bilancio. (.)

Con questa nuova accusa di fondi neri, il caso Eurostat potrebbe avere
sviluppi imprevisti. Secondo la deputata europea S., "Se questa grave accusa
fosse confermata, il caso assumerebbe una nuova dimensione" (.)».

195 Il 16 maggio 2003 è stato pubblicato sul Financial Times un altro
articolo secondo cui:

«Il pubblico ministero francese ha aperto un'indagine penale su una presunta
"vasta operazione di saccheggio" di fondi dell'Unione europea, che coinvolge
i due principali dirigenti di Eurostat (.)

(.)

L'annuncio di un'indagine penale è giunto nel bel mezzo dei cinque giorni di
celebrazione del 50° anniversario di Eurostat (.)

Si tratta per il momento di un'indagine preliminare nei confronti di ignoti
avviata dal Tribunale di Parigi, a seguito di un'indagine condotta dall'OLAF
(.) su due alti funzionari francesi, Yves Franchet, da molto tempo direttore
generale di Eurostat, e Daniel Byk, direttore di una delle sei direzioni di
Eurostat.

Secondo il fascicolo trasmesso dall'OLAF alle autorità francesi, si sospetta
che il 1[9] marzo i due abbiano aperto un conto presso una banca di depositi
a Lussemburgo, in cui sarebbero stati accumulati fino a 900 000 euro
prelevati da fondi che sarebbero dovuti pervenire a Eurostat.

(.)».

196 In un altro articolo redatto dallo stesso giornalista a Bruxelles, si
fa riferimento a «[u]n'indagine penale avviata dal pubblico ministero
francese in merito a pesanti accuse a carico di Yves Franchet, direttore
generale, e Daniel Byk, uno dei direttori dell'istituzione», che erano
«sospettati di essere coinvolti nell'apertura di un conto bancario presso
una banca di depositi di Lussemburgo, che sfuggiva alla vigilanza dei
controllori finanziari». Tale articolo fa inoltre riferimento alle pratiche
Eurocost, Eurogramme e CESD Communautaire.

197 Inoltre, secondo un articolo apparso su La Voix du Luxembourg il 16
maggio 2003, «secondo un'indagine approfondita e fonti ben informate,
risulta che il caso vada ben al di là di questo» e che «è dimostrato che, in
una lettera inviata il 19 marzo al Procuratore della Repubblica del
Tribunale di Parigi, il direttore generale dell'[OLAF] denuncia l'attuazione
di "atti fraudolenti che hanno causato pregiudizio al bilancio comunitario e
di eventuale rilievo penale"». Si deve rilevare che tale articolo contiene
citazioni dirette della lettera e della nota del 19 marzo 2003 inviate alle
autorità giudiziarie francesi.

198 Risulta quindi da tali articoli che, molto probabilmente, la stampa
era in possesso di alcune informazioni relative alla trasmissione di
informazioni alle autorità giudiziarie francesi. In tali articoli si fa
riferimento ai «fondi neri» e i ricorrenti vengono menzionati in particolare
quali possibili organizzatori dell'intero sistema o di parte di esso.

199 Inoltre, il 14 maggio 2003 il sig. Franchet ha inviato al segretario
generale della Commissione una lettera anonima che gli era pervenuta e che è
stata spedita, secondo lui, a un giornale lussemburghese. Va rilevato che
tale lettera anonima, il cui oggetto è intitolato «50° anniversario di
Eurostat», contiene alcuni estratti della lettera e della nota del 19 marzo
2003 inviate alle autorità giudiziarie francesi e menziona esplicitamente i
nomi dei ricorrenti. Si deve inoltre rilevare che tali estratti sono gli
stessi riportati nell'articolo pubblicato su La Voix du Luxembourg, citato
supra, al punto 197.

200 Inoltre, da una dichiarazione del 16 maggio 2003 relativa a Eurostat,
diffusa con il comunicato stampa del 19 maggio 2003 (IP/03/709) e prodotta
dai ricorrenti in risposta a un quesito scritto del Tribunale, risulta che
la Commissione aveva «deplora[to] la violazione della riservatezza di tale
indagine dell'OLAF, che determina[va] una situazione difficile, anzitutto
per i funzionari menzionati nei media, ma anche per la Commissione, che non
[poteva] decidere quali provvedimenti adottare fino a che non [fosse]
entrata in possesso delle necessarie informazioni provenienti dall'indagine
dell'OLAF». Essa constatava in tale comunicato che «sui media circola[vano]
informazioni (.) relative a presunte irregolarità legate ai "datashop" di
Eurostat e al possibile coinvolgimento di [alcuni suoi] funzionari» e che
«[t]ali affermazioni (.) [erano] (.) oggetto di un'indagine dell'OLAF, che
[aveva] trasmesso al Pubblico ministero francese un fascicolo concernente
alcuni aspetti della stessa».

201 Sulla base di questo complesso di documenti occorre quindi rilevare
che, in generale, vi sono state fughe di notizie e che i ricorrenti hanno
appreso dalla stampa della trasmissione del fascicolo Datashop - Planistat
alle autorità giudiziarie francesi, circostanza che la Commissione non
contesta.

202 Per quanto riguarda l'imputabilità di tali fughe di notizie all'OLAF,
in risposta a un quesito del Tribunale, la Commissione ha affermato che,
poiché le informazioni contenute nel fascicolo trasmesso alle autorità
giudiziarie francesi erano state comunicate al comitato di vigilanza dell'OLAF
e al servizio giuridico della stessa Commissione prima che apparissero sui
giornali, non si poteva dimostrare con certezza che le notizie provenissero
dall'OLAF. A tale riguardo, il Tribunale ritiene sufficiente constatare che
un'eventuale fuga di notizie dal comitato di vigilanza dell'OLAF sarebbe
imputabile all'OLAF e che, in ogni caso, anche se le fughe di notizie
provenissero dal servizio giuridico della Commissione, la Comunità sarebbe
parimenti responsabile.

203 Pertanto, dal momento che la Commissione non ha neppure invocato la
possibilità che la fonte delle fughe di notizie potesse essere di natura non
comunitaria, quali le autorità giudiziarie francesi, il fatto che le
informazioni potessero essere note a tali autorità non comunitarie non
impedisce di presumere che la loro fonte fosse l'OLAF o un'altra fonte di
cui la Comunità deve rispondere.

204 Si deve quindi ritenere accertata l'esistenza di fughe di notizie per
quanto riguarda la trasmissione del fascicolo Datashop - Planistat alle
autorità giudiziarie francesi. Inoltre, tutti gli indizi che emergono dagli
atti e dal loro contesto (v. l'analisi dei vari documenti svolta in
precedenza) consentono di concludere che la fonte delle fughe di notizie è l'OLAF
e, in mancanza di indizi nel senso che la fonte sarebbe invece il servizio
giuridico della Commissione, si deve presumere che la fonte di tali fughe di
notizie sia proprio l'OLAF.

205 Per quanto attiene alle presunte fughe di notizie sugli incontri
svoltisi tra i ricorrenti e gli inquirenti dell'OLAF tra il 23 giugno e il 4
luglio 2003 o quelle relative alle relazioni, occorre rilevare che dai
documenti sopra esaminati non emerge chiaramente che vi siano state fughe di
notizie relative ai suddetti incontri o alle suddette relazioni. I
ricorrenti non sono riusciti a dimostrarlo neppure attraverso gli articoli
di stampa che hanno prodotto. Pertanto, l'esistenza di tali eventuali fughe
di notizie non è stata sufficientemente dimostrata.

206 In base a quanto precede si deve concludere che, in mancanza di
qualsiasi elemento di prova prodotto dalla Commissione e atto a dimostrare
che le fughe di notizie potrebbero avere un'origine diversa, l'OLAF è
responsabile delle fughe di notizie relative alle informazioni contenute
nella lettera e nella nota del 19 marzo 2003 concernenti la trasmissione del
fascicolo Datashop - Planistat alle autorità giudiziarie francesi e che tali
informazioni sono apparse sulla stampa a seguito di tali fughe di notizie.

207 Occorre quindi esaminare se l'OLAF abbia violato una norma giuridica
che conferisce diritti ai singoli.

- Analisi delle pretese violazioni di norme giuridiche che
conferiscono diritti ai singoli eventualmente derivanti dalla divulgazione
di informazioni da parte dell'OLAF

208 I ricorrenti lamentano, in particolare, la violazione dell'obbligo di
riservatezza delle indagini dell'OLAF, la violazione del principio di buona
amministrazione e la violazione del principio della presunzione di
innocenza.

209 Per quanto riguarda il principio della presunzione di innocenza, il
Tribunale ricorda che tale principio, che costituisce un diritto
fondamentale, enunciato all'art. 6, n. 2, della CEDU e all'art. 48, n. 1,
della Carta, attribuisce ai singoli diritti di cui il giudice comunitario
garantisce il rispetto (sentenza del Tribunale 4 ottobre 2006, causa
T-193/04, Tillack/Commissione, Racc. pag. II-3995, punto 121).

210 Secondo la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo
(in prosieguo: la «Corte EDU»), l'art. 6, n. 2, della CEDU riguarda l'intero
procedimento penale, a prescindere dal suo esito, e non solo l'esame della
fondatezza dell'accusa. Tale disposizione garantisce che nessuno sarà
indicato né trattato quale colpevole di un reato prima che la sua
colpevolezza sia stata accertata da un giudice. Pertanto, essa impone in
particolare che i membri di un tribunale, nell'esercizio delle loro
funzioni, non partano dall'idea preconcetta che l'imputato ha commesso il
fatto contestatogli. Ledono la presunzione di innocenza le dichiarazioni o
decisioni che riflettano la sensazione che l'imputato sia colpevole e
inducano il pubblico a credere alla sua colpevolezza, o pregiudichino la
valutazione dei fatti da parte del giudice competente (v. sentenza della
Corte eur. D.U. Pandy c. Belgio del 21 settembre 2006, §§ 41-42).

211 La Corte EDU ha inoltre dichiarato che il principio della presunzione
di innocenza sancito dall'art. 6, n. 2, della CEDU, pur figurando tra gli
elementi del giusto processo penale prescritto dall'art. 6, n. 1, della
CEDU, non costituisce solo una garanzia processuale in materia penale: esso
ha una portata più ampia e implica che nessun rappresentante dello Stato
dichiari che una persona è colpevole di un'infrazione prima che la sua
colpevolezza sia stata accertata da un giudice (v. sentenza della Corte eur.
D. U. Y. B. e a. c. Turchia del 28 ottobre 2004, § 43). Infatti, nella
sentenza Allenet de Ribemont c. Francia del 10 febbraio 1995 (serie A n.
308, §§ 35-36), invocata dai ricorrenti, la Corte EDU aveva già considerato,
dopo avere ricordato che la CEDU dev'essere interpretata in modo da
garantire diritti concreti ed effettivi, e non teorici e illusori, che le
violazioni della presunzione di innocenza possono essere commesse non solo
da un giudice o da un tribunale, ma anche da altre autorità pubbliche. A
tale riguardo, la Corte EDU ha sottolineato l'importanza della scelta dei
termini da parte dei rappresentanti dello Stato nelle dichiarazioni che essi
formulano prima che una persona sia stata giudicata e riconosciuta colpevole
di un reato. Ciò che rileva ai fini dell'applicazione dell'art. 6, n. 2,
della CEDU è il significato reale delle dichiarazioni in questione, e non la
loro forma letterale. Tuttavia, la questione se la dichiarazione di un
pubblico ufficiale costituisca una violazione del principio della
presunzione di innocenza deve essere chiarita nel contesto delle circostanze
particolari in cui è stata formulata la dichiarazione controversa (sentenza
Y. B. e a. c. Turchia, cit., § 44).

212 Inoltre, la Corte europea dei diritti dell'uomo ha ammesso che l'art.
6, n. 2, della CEDU non può impedire alle autorità, visto l'art. 10 della
stessa, che garantisce la libertà di espressione, di informare il pubblico
in merito a indagini penali ancora in corso, ma impone che lo facciano con
tutta la discrezione e la riservatezza che il rispetto della presunzione di
innocenza richiede (sentenze Allenet de Ribemont c. Francia, cit. al punto
211 supra, § 38, e Y. B. e a. c. Turchia, cit. al punto 211 supra, § 47).

213 Tale principio trova il suo corollario nell'obbligo di riservatezza
incombente all'OLAF ai sensi dell'art. 8, n. 2, del regolamento n.
1073/1999.

214 Del pari, si è dichiarato che, in forza del dovere di sollecitudine e
del principio di buona amministrazione, l'istituzione interessata deve, da
un lato, evitare di fornire alla stampa informazioni atte a recare
pregiudizio al funzionario di cui trattasi e, dall'altro, disporre tutte le
misure necessarie per impedire all'interno dell'istituzione qualsiasi forma
di diffusione di informazioni che potrebbero avere carattere diffamatorio
nei suoi confronti (v. ordinanza del presidente del Tribunale 12 dicembre
1995, causa T-203/95 R, Connolly/Commissione, Racc. pag. II-2919, punto 35).

215 Nella specie, i ricorrenti fanno valere che l'OLAF li ha indicati
pubblicamente - anche attraverso fughe di notizie pervenute alla stampa -
quali responsabili di una serie di reati, il che avrebbe indotto a credere
alla loro colpevolezza e avrebbe compromesso la valutazione dei fatti da
parte del giudice francese, violando così il principio della presunzione di
innocenza.

216 Si deve ricordare che, ad esempio, nell'articolo di stampa del 16
maggio 2003 pubblicato sul Financial Times, citato supra, al punto 195, si
afferma chiaramente, sulla base di informazioni pervenute con tutta
probabilità attraverso fughe di notizie provenienti dall'OLAF, che i
ricorrenti potrebbero avere compiuto una «vasta operazione di saccheggio di
fondi comunitari». È evidente che tale dichiarazione lede il principio della
presunzione di innocenza e riflette la sensazione che i ricorrenti siano
colpevoli, inducendo il pubblico a credere alla loro colpevolezza.

217 Pertanto, lasciando filtrare informazioni che contenevano già in sé
stesse questa dichiarazione, l'OLAF ha violato il principio della
presunzione di innocenza. Inoltre, con tali fughe di notizie, esso ha
violato l'obbligo di riservatezza delle indagini e, provocando la
divulgazione alla stampa di elementi sensibili delle indagini, ha leso l'interesse
a una buona amministrazione nella misura in cui ha consentito al grande
pubblico di accedere, a indagini in corso, a informazioni riservate dell'amministrazione.

218 Come si è già rilevato supra, il principio della presunzione di
innocenza conferisce diritti ai singoli. Si deve rilevare che, allo stesso
modo, l'obbligo di riservatezza conferisce diritti ai singoli sottoposti a
un'indagine dell'OLAF, in quanto essi hanno il diritto di attendersi che le
indagini a loro carico vengano svolte nel rispetto dei loro diritti
fondamentali. Del pari, i ricorrenti hanno il diritto di far valere, nel
caso di specie, il principio di buona amministrazione, laddove esso implica
il diritto a che le indagini che li riguardano vengano effettuate nel
rispetto della riservatezza.

219 Occorre rilevare che si tratta di violazioni sufficientemente
qualificate di tali norme giuridiche, dato che spetta all'OLAF vigilare
affinché non si verifichino tali fughe di notizie, che ledono i diritti
fondamentali degli interessati, quale la presunzione di innocenza, e l'amministrazione
non dispone di alcun margine di discrezionalità nell'adempimento di tale
obbligo.

Sull'invio del 24 settembre 2003

220 I ricorrenti fanno valere che l'OLAF ha violato l'obbligo di
riservatezza per avere trasmesso al presidente della Commissione, in data 24
settembre 2003, la «sintesi delle pratiche Eurostat attualmente chiuse».

221 Tale sintesi è stata inviata al presidente della Commissione dal
direttore generale dell'OLAF. Secondo la nota di trasmissione, quest'ultimo
gli ha trasmesso «una breve sintesi delle pratiche Eurostat attualmente
chiuse che potrebbero essere oggetto di eventuale divulgazione». Inoltre, il
direttore generale ha precisato che «questa nota di sintesi non [poteva] in
alcun modo essere considerata come una relazione finale di indagine ai sensi
del regolamento n. 1073/1999». Infine, egli ha osservato che «questo
documento di lavoro, di portata generale, [era] inteso solo a porre in
evidenza le principali conclusioni tratte dalle indagini svolte». La stessa
sintesi specifica per ciascuna pratica (Eurocost, Eurogramme, Datashop,
Planistat e CESD Communautaire) l'oggetto dell'indagine nonché i risultati e
le conclusioni della stessa.

222 A tale riguardo, è sufficiente ricordare che, ai sensi dell'art. 10,
n. 3, del regolamento n. 1073/1999, l'OLAF può trasmettere in qualsiasi
momento all'istituzione interessata le informazioni raccolte nel corso delle
indagini interne. Peraltro, i ricorrenti adducono argomenti parzialmente
contraddittori, dato che, da un lato, contestano all'OLAF di non avere
trasmesso alcune informazioni alla Commissione e, dall'altro, gli contestano
di averlo fatto per altre informazioni. Si deve inoltre ricordare che i
ricorrenti erano già stati sentiti in merito a tali fascicoli durante le
audizioni tenutesi a giugno e luglio 2003 e, pertanto, essi non possono
affermare di non essere stati sentiti prima di detta trasmissione.

223 In ogni caso, dato che l'OLAF poteva legittimamente trasmettere tale
documento alla Commissione, si deve rilevare che non lo si può ritenere
responsabile dell'eventuale fatto che il presidente della Commissione abbia
utilizzato pubblicamente il detto documento e che esso sia stato divulgato
presso il Parlamento. Tale aspetto sarà ancora esaminato in prosieguo, nell'ambito
della valutazione dell'eventuale comportamento illecito della Commissione.

Sulle prese di posizione del direttore generale dell'OLAF

224 I ricorrenti fanno valere che il direttore generale dell'OLAF ha
preso posizione sul caso, definendolo grave e serio, sia sulla stampa che in
occasione delle sue dichiarazioni dinanzi alla Cocobu.

225 Per quanto riguarda le pretese dichiarazioni alla stampa del
direttore generale dell'OLAF, il Tribunale constata che i ricorrenti non ne
hanno fornito la benché minima prova. Inoltre, non si è dimostrato in quale
modo il fatto che il direttore generale dell'OLAF abbia dichiarato in un'intervista
televisiva del 30 giugno 2003 che il caso Eurostat era un «caso grave»
avrebbe violato la riservatezza del procedimento. In ogni caso, i ricorrenti
non hanno prodotto elementi che consentano di verificare il contenuto delle
dichiarazioni rilasciate alla televisione.

226 Anche per quanto riguarda le dichiarazioni rese dal direttore
generale dell'OLAF dinanzi alla Cocobu il 30 giugno e il 16 luglio 2003, i
ricorrenti non hanno spiegato perché il fatto che quest'ultimo abbia
qualificato il caso Eurostat come «non normale» e «non classico» avrebbe
violato la riservatezza del procedimento.

227 Tuttavia, i ricorrenti lamentano a tale riguardo anche la violazione
del principio della presunzione di innocenza.

228 In proposito, si deve esaminare quanto affermato dal direttore
generale dell'OLAF in occasione delle dichiarazioni dinanzi alla Cocobu.
Secondo la nota del 1° luglio 2003, il direttore generale dell'OLAF, durante
il suo intervento del 30 giugno 2003 dinanzi alla Cocobu, ha rilevato che «l'OLAF
[avrebbe proseguito] l'indagine interna e che i sigg. Franchet e Byk
[sarebbero stati] sentiti, ma non [sarebbe stato] possibile concludere l'indagine
entro la fine di giugno». Egli ha inoltre affermato, «[q]uanto alla
questione dei motivi per cui non [erano] stati adottati provvedimenti
disciplinari, quale la sospensione, [di aver] reso note le esitazioni dell'OLAF
ma [di aver] soprattutto osservato che l'OLAF non aveva voluto compromettere
l'indagine interna suonando subito il campanello d'allarme». Ha peraltro
rilevato che «i sigg. Franchet e Byk non hanno mai tentato di influire sull'indagine».
Durante l'intervento del 16 luglio 2003 dinanzi alla Cocobu, il direttore
generale dell'OLAF ha sottolineato «che il fatto che [fosse] implicato un
direttore generale [era] del tutto eccezionale» e che «inizialmente tale
elemento non era emerso». Ha poi sottolineato come «una relazione contabile
interna non implicasse necessariamente l'esistenza di prove». Ha inoltre
constatato che il sig. Franchet era stato informato dell'avvio dell'indagine
e della comunicazione delle risultanze alle autorità giudiziarie
lussemburghesi.

229 Si deve rilevare che, sebbene il direttore generale dell'OLAF abbia
espressamente menzionato i ricorrenti in occasione degli interventi dinanzi
alla Cocobu, non si può ritenere che egli abbia violato il principio della
presunzione di innocenza. Infatti, le sue affermazioni erano piuttosto di
natura informativa, segnatamente in risposta alle domande dei membri della
Cocobu, anziché tali da indurre a credere alla colpevolezza dei ricorrenti.

230 Pertanto, l'OLAF non ha violato il principio della presunzione di
innocenza sotto questo profilo.

3. Sui pretesi illeciti nella stesura e nella comunicazione delle note e
delle relazioni finali

a) Argomenti delle parti

231 I ricorrenti si riferiscono alla decisione del Mediatore 3 luglio
2003, relativa alla denuncia contro l'OLAF, registrata con il numero
1625/2002/IJH, secondo cui il principio di buona amministrazione esige che
le indagini amministrative dell'OLAF siano condotte «in maniera accurata,
imparziale e oggettiva». Orbene, ciò non sarebbe accaduto nel caso di
specie.

232 Infatti, l'OLAF avrebbe tratto conclusioni già in una nota del 1°
luglio 2002 relativa alla pratica Eurocost, molto prima di istruire tale
pratica e di sentire il sig. Franchet, che tuttavia sarebbe stato menzionato
nella comunicazione trasmessa il 4 luglio 2002 alle autorità giudiziarie
lussemburghesi.

233 Inoltre, né la «sintesi delle pratiche Eurostat attualmente chiuse»
del 24 settembre 2003 né le relazioni finali dell'OLAF prenderebbero in
considerazione gli elementi comunicati dai ricorrenti nel corso delle
audizioni di giugno e luglio 2003 sulle pratiche Eurocost, Datashop -
Planistat e CESD Communautaire. Del pari, l'OLAF non avrebbe spiegato i
motivi per cui non li avrebbe presi in considerazione. Il semplice fatto di
precisare che gli interessati negano la propria responsabilità non
significherebbe che essi siano stati utilmente sentiti dagli inquirenti dell'OLAF.

234 Inoltre, l'OLAF non avrebbe sottoposto le sue conclusioni ai
ricorrenti prima di redigere le relazioni finali, violando così nuovamente
il loro diritto di essere sentiti.

235 I ricorrenti sottolineano che, secondo il decimo 'considerando' del
regolamento n. 1073/1999, la conclusione di un'indagine può fondarsi
unicamente su elementi aventi valore probatorio. Pertanto, l'OLAF, per
formulare le sue conclusioni, dovrebbe tenere conto di tutti gli elementi
raccolti e non potrebbe interpretarli in modo funzionale alla missione o
allo scopo che si sarebbe prefissato.

236 Inoltre, l'OLAF avrebbe esercitato forti pressioni sulle autorità
giudiziarie nazionali affinché perseguissero i ricorrenti. Infatti, la
trasmissione da parte dell'OLAF alle autorità giudiziarie francesi delle
relazioni finali sui casi CESD Communautaire e Datashop - Planistat sarebbe
contraria all'art. 9, n. 4, del regolamento n. 1073/1999, posto che il
seguito da dare alle relazioni finali sul piano disciplinare e giudiziario
rientrerebbe nella competenza dell'istituzione interessata, e non in quella
dell'OLAF.

237 La Commissione sottolinea, per quanto riguarda l'obbligo di condurre
le indagini in modo accurato e imparziale, che l'OLAF può decidere esso
stesso il momento in cui ritiene di dover trasmettere le informazioni
raccolte durante un'indagine. La Commissione nega che gli inquirenti abbiano
affermato di avere trasmesso le informazioni senza avere una piena ed esatta
conoscenza di tutti i fatti cui tali informazioni si riferiscono. Gli stessi
ricorrenti ammetterebbero di essere stati sentiti dagli inquirenti dell'OLAF.
Tuttavia, questi ultimi avrebbero potuto sentirli solo a partire dal momento
in cui lo consentiva lo stato dell'indagine, il che relativizzerebbe l'affermazione
dei ricorrenti secondo cui essi sarebbero stati sentiti solo su loro
richiesta.

238 Per quanto riguarda la mancata considerazione degli elementi
comunicati dai ricorrenti all'OLAF durante le loro audizioni di giugno e
luglio 2003, la Commissione rileva che i casi in questione sono ormai di
competenza delle autorità giudiziarie francesi e lussemburghesi e che,
pertanto, ritiene di non doversi pronunciare sul merito di tali casi nell'ambito
del presente procedimento. In ogni caso, l'OLAF non sarebbe tenuto a
condividere il punto di vista dei ricorrenti. Inoltre, la «sintesi delle
pratiche Eurostat attualmente chiuse» preciserebbe che i funzionari
interessati erano stati sentiti e negavano la propria responsabilità.

239 Quanto alle asserite pressioni dell'OLAF sulle autorità giudiziarie
francesi, in relazione al fatto che sarebbe spettato alla Commissione e non
all'OLAF trasmettere le relazioni di indagine conformemente all'art. 9, n.
4, del regolamento n. 1073/1999, la Commissione sottolinea che tale
disposizione non impedisce affatto all'OLAF di inviare a titolo informativo
la relazione finale di un'indagine interna a un'autorità giudiziaria
nazionale, soprattutto se quest'ultima ha già ricevuto informazioni nel
corso dell'indagine. Detta disposizione riserverebbe all'istituzione
interessata il compito di dare alle risultanze di un'indagine interna il
seguito che ritenga appropriato sul piano disciplinare e giudiziario.

b) Giudizio del Tribunale

240 In primo luogo, per quanto riguarda la nota del 1° luglio 2002, è
sufficiente rilevare che essa non contiene alcun riferimento, neppure
implicito, al sig. Franchet. In ogni caso, poiché il Tribunale ha già
osservato che il sig. Franchet avrebbe dovuto essere sentito in merito alla
trasmissione del fascicolo Eurocost alle autorità giudiziarie
lussemburghesi, non occorre esaminare la questione se egli avrebbe dovuto
essere sentito a proposito di tale nota, che faceva parte del fascicolo
inviato a dette autorità.

241 In secondo luogo, per quanto riguarda l'asserita mancanza di
considerazione degli elementi comunicati dai ricorrenti in fase di stesura
delle relazioni finali, è sufficiente ricordare che i ricorrenti si limitano
a svolgere ampi argomenti di fatto senza tuttavia produrre alcuna prova a
loro sostegno. Inoltre non spetta al Tribunale riesaminare tali fascicoli.
Peraltro, come rileva la Commissione, l'OLAF e i suoi inquirenti non sono
affatto tenuti a condividere il punto di vista dei ricorrenti. Inoltre,
nella «sintesi delle pratiche Eurostat attualmente chiuse» del 24 settembre
2003, si è sottolineato che i funzionari interessati, sentiti dai servizi
dell'OLAF, avevano negato la propria responsabilità per i fatti loro
addebitati, sostenendo in particolare di avere sempre agito nell'interesse
della Commissione.

242 Inoltre, per quanto riguarda l'argomento dei ricorrenti secondo cui
le conclusioni dell'indagine possono fondarsi unicamente su elementi aventi
valore probatorio e, pertanto, l'OLAF dovrebbe prendere in considerazione
tutti gli elementi raccolti, senza interpretarli in modo funzionale alla
missione o all'obiettivo che si sarebbe prefissato, è sufficiente constatare
che i ricorrenti non hanno minimamente dimostrato che le conclusioni dell'OLAF
siano basate su elementi non probanti o che quest'ultimo si sia prefissato
un determinato obiettivo.

243 Inoltre, per quanto riguarda la pretesa violazione dell'obbligo di
motivazione, consistente nel fatto che l'OLAF non avrebbe spiegato i motivi
per cui non avrebbe tenuto conto delle osservazioni dei ricorrenti, è
sufficiente rilevare che, secondo una giurisprudenza costante, la violazione
dell'obbligo di motivazione, sancito dall'art. 253 CE, non è atta di per sé
a far sorgere la responsabilità della Comunità (sentenze della Corte 15
settembre 1982, causa 106/81, Kind/CEE, Racc. pag. 2885, punto 14; 6 giugno
1990, causa C-119/88, AERPO e a./Commissione, Racc. pag. I-2189, punto 20, e
30 settembre 2003, causa C-76/01 P, Eurocoton e a./Consiglio, Racc. pag.
I-10091, punto 98; sentenze del Tribunale 18 settembre 1995, causa T-167/94,
Nölle/Consiglio e Commissione, Racc. pag. II-2589, punto 57; 13 dicembre
1995, cause riunite T-481/93 e T-484/93, Exporteurs in Levende Varkens e
a./Commissione, Racc. pag. II-2941, punto 104; 20 marzo 2001, causa T-18/99,
Cordis/Commissione, Racc. pag. II-913, punto 79, e 6 dicembre 2001, causa
T-43/98, Emesa Sugar/Consiglio, Racc. pag. II-3519, punto 63). Tale
argomento va quindi respinto.

244 In ogni caso, l'obbligo di motivazione non implica che si debba
esigere che vengano discussi tutti i punti di fatto e di diritto sollevati
dagli interessati nel corso del procedimento (v., in tal senso, sentenza
della Corte 17 gennaio 1984, cause riunite 43/82 e 63/82, VBVB e
VBBB/Commissione, Racc. pag. 19, punto 22; sentenze del Tribunale 5 dicembre
2002, causa T-277/01, Stevens/Commissione, Racc. PI pagg. I-A-253 e II-1273,
punto 71, e 1° aprile 2004, causa T-198/02, N/Commissione, Racc. PI pagg.
I-A-115 e II-507, punto 109).

245 Pertanto, i ricorrenti non possono far valere il fatto che l'OLAF non
ha tenuto conto di tutti gli elementi e di tutte le osservazioni da loro
comunicati.

246 In terzo luogo, per quanto riguarda l'argomento dei ricorrenti
secondo cui l'OLAF non avrebbe sottoposto loro le sue conclusioni prima di
redigere le relazioni finali, violando così il loro diritto di essere
sentiti, è sufficiente rilevare che i ricorrenti sono stati sentiti alla
fine di giugno e all'inizio di luglio del 2003 in merito ai fascicoli in
questione, vale a dire ben prima che l'OLAF redigesse tali relazioni, nel
settembre 2003. Il diritto di essere sentiti non esigeva che l'OLAF
sottoponesse le sue conclusioni ai ricorrenti.

247 In quarto luogo, per quanto concerne la trasmissione delle relazioni
finali alle autorità giudiziarie nazionali e le pretese pressioni esercitate
su queste ultime, si deve ricordare che, ai sensi dell'art. 9, n. 4, del
regolamento n. 1073/1999, la relazione redatta in seguito a un'indagine
interna ed ogni documento utile ad essa pertinente sono trasmessi all'istituzione,
all'organo o all'organismo interessato, che dà alle indagini interne il
seguito richiesto dalle risultanze ottenute, in particolare sul piano
disciplinare e giudiziario e ne informa il direttore dell'OLAF.

248 Occorre inoltre ricordare che, a tenore dell'art. 10, n. 2, del
regolamento n. 1073/1999, il direttore dell'OLAF trasmette alle autorità
giudiziarie dello Stato membro interessato le informazioni raccolte dall'OLAF
in occasione di indagini interne su fatti penalmente perseguibili.

249 Nella specie, l'OLAF aveva già trasmesso informazioni alle autorità
giudiziarie francesi conformemente all'art. 10, n. 2, del regolamento n.
1073/1999. Si deve rilevare che l'art. 9, n. 4, del regolamento n. 1073/1999
non osta a che l'OLAF trasmetta a titolo informativo la relazione finale di
un'indagine interna a un'autorità giudiziaria nazionale, soprattutto se
quest'ultima ha già ricevuto informazioni nel corso delle indagini. L'art.
9, n. 4, di detto regolamento riserva all'istituzione interessata il compito
di dare il seguito richiesto dalle risultanze ottenute da un'indagine
interna sul piano disciplinare e giudiziario e di informarne il direttore
dell'OLAF.

250 In ogni caso, i ricorrenti non sono riusciti a dimostrare che l'OLAF
abbia effettivamente esercitato forti pressioni sulle autorità giudiziarie
francesi.

251 Risulta da quanto precede che i ricorrenti non sono riusciti a
dimostrare che l'OLAF abbia tenuto un comportamento illegittimo nel redigere
e trasmettere le note e le relazioni finali, ad eccezione del comportamento
illegittimo già constatato in sede di esame della trasmissione delle
informazioni alle autorità giudiziarie lussemburghesi e francesi.

4. Sul negato accesso a taluni documenti

a) Argomenti delle parti

252 I ricorrenti sostengono che l'OLAF, rifiutando di trasmettere loro l'intero
fascicolo, ha commesso un atto di cattiva amministrazione, oltre ad avere
leso i loro diritti fondamentali. Infatti, nessun elemento della normativa
pertinente giustificherebbe la mancata comunicazione del fascicolo
istruttorio e, a fortiori, della relazione di indagine (esterna o interna) a
una persona chiamata in causa dall'OLAF, indipendentemente dalla questione
se l'indagine si sia conclusa in tutto o in parte.

253 Non si potrebbe riconoscere all'OLAF la facoltà di negare l'accesso
ai suoi documenti per generici motivi attinenti alla tutela dell'efficacia e
della riservatezza della missione affidatagli e alla sua autonomia. Poiché l'accesso
ai documenti costituisce un diritto fondamentale, qualsiasi eventuale
limitazione andrebbe interpretata in modo restrittivo.

254 La Commissione fa notare che l'OLAF non si è mai opposto
illegittimamente a tale accesso, dato che non ha nessun obbligo in tal senso
nella fase preliminare costituita dalla sua indagine. L'accesso al fascicolo
sarebbe possibile solo in una fase successiva, nel caso in cui venisse dato
seguito alle relazioni dell'OLAF, nell'ambito di un procedimento
disciplinare e/o giudiziario. Inoltre, i documenti rilevanti sarebbero stati
presentati ai ricorrenti nel corso delle loro audizioni in funzione delle
domande che venivano loro rivolte.

b) Giudizio del Tribunale

255 Si deve ricordare che l'OLAF non è obbligato ad accordare a un
funzionario comunitario che si presume essere coinvolto in un'indagine
interna, prima dell'adozione di una decisione finale dell'APN che gli
arrechi pregiudizio, l'accesso ai documenti oggetto di un'indagine siffatta
o a quelli redatti dallo stesso OLAF in tale occasione; se così non fosse,
si rischierebbe di compromettere l'efficacia e la riservatezza della
missione affidata all'OLAF e l'indipendenza di tale organo. In particolare,
il semplice fatto che una parte di un fascicolo di indagine riservato possa
essere stata illecitamente divulgata alla stampa non giustifica di per sé
una deroga, in favore del funzionario che si presume essere interessato,
alla riservatezza di tale fascicolo e dell'indagine condotta dall'OLAF. Il
rispetto dei diritti di difesa del funzionario in questione è
sufficientemente garantito dall'art. 4 della decisione 1999/396 (ordinanza
del Tribunale 18 dicembre 2003, causa T-215/02, Gómez-Reino/Commissione,
Racc. PI pagg. I-A-345 e II-1685, punto 65; sentenza Nikolaou/Commissione,
cit. al punto 153 supra, punto 241).

256 Pertanto, l'art. 4 della decisione 1999/396 non obbliga l'OLAF a dare
accesso ai documenti oggetto di un'indagine interna o a quelli redatti dallo
stesso OLAF, in particolare perché un'interpretazione di tale articolo che
gli imponesse un obbligo in tal senso ostacolerebbe i lavori di detto organo
(sentenza Nikolaou/Commissione, cit. al punto 153 supra, punto 242).

257 Tale approccio non è in contrasto con il rispetto del diritto a una
buona amministrazione, previsto dall'art. 41 della Carta, secondo cui tale
diritto comprende il diritto di ogni individuo di accedere al fascicolo che
lo riguarda, nel rispetto dei legittimi interessi della riservatezza e del
segreto professionale. Pertanto, secondo tale principio, l'accesso al
fascicolo può essere negato quando lo esiga il rispetto della riservatezza.

258 Dato che siffatta interpretazione esclude qualsiasi obbligo per l'OLAF
di dare accesso al proprio fascicolo prima di avere adottato la relazione
finale, si deve respingere l'argomento dei ricorrenti relativo all'accesso
al fascicolo di indagine.

259 Per quanto riguarda l'accesso alla relazione finale, occorre
constatare che nessuno degli obblighi risultanti dall'art. 4 della decisione
1999/396 riguarda tale questione. Quanto al principio del contraddittorio, l'esistenza
di una sua violazione da parte dell'OLAF può essere dimostrata solo nel caso
in cui la relazione finale venga pubblicata o sia seguita dall'adozione di
un atto recante pregiudizio (v., in tal senso e per analogia, sentenza
Nikolaou/Commissione, cit. al punto 153 supra, punti 267 e 268).

260 Nella specie, non si afferma che le relazioni siano state pubblicate
senza prima essere comunicate ai ricorrenti. Laddove i destinatari delle
relazioni finali, ossia la Commissione e le autorità giudiziarie francesi o
lussemburghesi, avessero intenzione di adottare un atto del genere nei
confronti dei ricorrenti sulla base delle relazioni finali, spetterebbe
eventualmente a queste altre autorità, e non all'OLAF, concedere ai
ricorrenti di consultare tali relazioni conformemente alle proprie norme di
procedura (v., in tal senso, sentenza Nikolaou/Commissione, cit. al punto
153 supra, punto 269).

261 Si deve quindi ritenere che, nel caso di specie, l'OLAF non abbia
commesso alcun illecito per quanto riguarda l'accesso alle relazioni finali.

262 In ogni caso, come emerge dal precedente punto 47, i ricorrenti hanno
avuto accesso, su loro domanda, alle relazioni finali, ad eccezione della
relazione finale sull'indagine relativa al caso Planistat, che riguarda la
parte esterna della pratica Datashop - Planistat.

5. Sul trattamento del caso Eurostat entro un termine ragionevole e
sulla violazione degli artt. 6 e 11 del regolamento n. 1073/1999

a) Argomenti delle parti

263 I ricorrenti contestano all'OLAF il fatto che le indagini siano
sfociate in una relazione finale solo il 25 settembre 2003, ossia quasi tre
anni dopo la loro apertura o tre anni e mezzo dopo la trasmissione all'OLAF
dei fascicoli Eurocost e Datashop - Planistat e diciotto mesi dopo l'apertura,
o quasi due anni dopo la trasmissione all'OLAF, del fascicolo CESD
Communautaire. Tali termini sarebbero quindi irragionevoli e ingiustificati,
visto il termine di nove mesi previsto dall'art. 11, n. 7, del regolamento
n. 1073/1999 e l'obbligo previsto dall'art. 6, n. 5, del medesimo
regolamento di svolgere le indagini in modo continuativo per un periodo di
tempo che deve essere proporzionato alle circostanze e alla complessità del
caso.

264 Infatti, il sig. Franchet avrebbe trasmesso all'OLAF le relazioni di
revisione contabile da cui sono scaturite le indagini già nel marzo 2000
(caso Eurocost) e nel novembre 2001 (caso CESD Communautaire). Il
controllore finanziario avrebbe avuto a disposizione la relazione di
revisione relativa al fascicolo Datashop - Planistat fin dal febbraio 2000 e
l'avrebbe trasmessa all'OLAF nel marzo dello stesso anno. L'OLAF avrebbe
avviato le proprie indagini solo il 6 ottobre 2000 sui fascicoli Eurocost e
Datashop - Planistat e il 18 marzo 2002 sul fascicolo CESD Communautaire,
impiegando così rispettivamente otto mesi (casi Eurocost e Datashop -
Planistat) e quattro mesi (caso CESD Communautaire) per decidere di avviare
un'indagine, senza tuttavia avere avuto il tempo di sentire i ricorrenti.

265 Secondo i ricorrenti, l'OLAF non ha mai informato il suo comitato di
vigilanza dei motivi per cui l'indagine non poteva concludersi entro nove
mesi, né del prevedibile periodo di tempo necessario per concluderla.

266 Pertanto, impiegando molto tempo anzitutto per avviare le indagini,
per svolgerle e per concluderle, rivolgendosi alle autorità giudiziarie in
modo poco coerente e sulla base di indagini incomplete e non concluse, l'OLAF
avrebbe tenuto un comportamento incompatibile con la nozione di termine
ragionevole e con i principi di buona amministrazione e di sana gestione.

267 Inoltre, i ricorrenti avrebbero subito un danno a causa di tale
ritardo e potrebbero legittimamente lamentarsi della durata eccessiva di un'indagine
anche prima di esservi attivamente coinvolti o prima che sia stata resa nota
la loro implicazione nella stessa.

268 La Commissione ammette che è trascorso molto tempo fra il momento in
cui l'OLAF ha ricevuto comunicazione dei diversi fascicoli, quello in cui
esso ha avviato le indagini e quello in cui tali indagini si sono concluse.
Questo ritardo si spiegherebbe in parte con l'istituzione stessa dell'OLAF,
che avrebbe iniziato la sua attività il 1° giugno 1999 con il personale
della precedente task-force «Coordinamento di lotta antifrode», che ha
sostituito. L'arrivo dei nuovi agenti sarebbe stato scaglionato tra la metà
del 2001 e quella del 2002 e tale avvicendamento di personale avrebbe
comportato una completa riorganizzazione del servizio, un cambiamento della
dirigenza e riassegnazioni dei fascicoli.

269 Tuttavia, la lunghezza del periodo non sarebbe di per sé
irragionevole, se si tiene conto del grado di complessità della pratica.
Infatti, l'OLAF avrebbe puntualmente ricevuto i diversi fascicoli relativi
al caso in questione e solo dopo il loro raffronto, che avrebbe richiesto
qualche tempo, sarebbe pienamente emersa la gravità del problema.

b) Giudizio del Tribunale

270 Si deve ricordare che, ai sensi dell'art. 6, n. 5, del regolamento n.
1073/1999, le indagini si svolgono in modo continuativo per un periodo di
tempo che deve essere proporzionato alle circostanze e alla complessità del
caso.

271 Inoltre, l'art. 11, n. 7, del regolamento n. 1073/1999 prevede che
nei casi in cui un'indagine sia in corso da più di nove mesi, il direttore
dell'OLAF informi il comitato di vigilanza delle ragioni che non permettono
ancora di concludere l'indagine e del prevedibile periodo di tempo
necessario per concluderla.

272 Si deve quindi constatare che il regolamento n. 1073/1999 non prevede
alcun termine preciso e tassativo per la conclusione delle indagini dell'OLAF.

273 A tale riguardo, va ricordato che l'obbligo di osservare un termine
ragionevole nei procedimenti amministrativi costituisce un principio
generale di diritto comunitario di cui il giudice comunitario assicura il
rispetto e che è inoltre ripreso, in quanto componente del diritto a una
buona amministrazione, dall'art. 41, n. 1, della Carta (sentenza del
Tribunale 11 aprile 2006, causa T-394/03, Angeletti/Commissione, Racc. pag.
FP-I-A-2-95, in particolare II-A-2-441 punto 162).

274 Pertanto, il procedimento dinanzi all'OLAF non può essere prolungato
oltre un termine ragionevole, che dev'essere valutato in funzione delle
circostanze del caso di specie.

275 Nel caso in esame risulta dagli atti che l'OLAF disponeva,
rispettivamente a partire dal 17 marzo 2000, 12 aprile 2000 e 15 novembre
2001, delle relazioni di revisione contabile concernenti i fascicoli
Datashop, Eurocost e CESD Communautaire.

276 Dagli atti risulta altresì che l'OLAF ha avviato le indagini interne
sui fascicoli Datashop ed Eurocost il 6 ottobre 2000, e il 18 marzo 2002 sul
fascicolo CESD Communautaire. Esso ha quindi impiegato rispettivamente circa
sette e sei mesi per avviare le indagini sui casi Datashop ed Eurocost, e
quattro mesi per aprire quelle sul caso CESD Communautaire.

277 Tali indagini si sono concluse con le relazioni finali di indagine
del 25 settembre 2005. Pertanto, le indagini sui casi Datashop ed Eurocost
si sono concluse circa tre anni e mezzo dopo l'intervento dell'OLAF e circa
tre anni dopo la loro apertura, mentre l'indagine sul caso CESD
Communautaire si è conclusa circa un anno e dieci mesi dopo l'intervento
dell'OLAF e un anno e mezzo dopo la sua apertura.

278 Si deve rilevare che tali periodi possono essere considerati
relativamente lunghi.

279 Come ha ammesso la stessa Commissione, è trascorso molto tempo tra il
momento in cui l'OLAF ha ricevuto comunicazione dei diversi fascicoli,
quello in cui ha aperto le indagini e quello in cui tali indagini si sono
concluse. Tale ritardo si spiegherebbe in parte con l'istituzione stessa
dell'OLAF, che avrebbe avviato le sue attività il 1° giugno 1999 con il
personale dell'ex task-force «Coordinamento di lotta antifrode», che ha
sostituito. L'arrivo dei nuovi agenti sarebbe stato scaglionato tra la metà
del 2001 e quella del 2002 e tale avvicendamento di personale avrebbe
comportato una completa riorganizzazione del servizio, un cambiamento della
dirigenza e riassegnazioni dei fascicoli.

280 Il Tribunale ritiene che tali spiegazioni non bastino a giustificare
tempi così lunghi. Infatti, come hanno giustamente rilevato i ricorrenti, i
funzionari interessati non devono subire le carenze dell'organizzazione
amministrativa dei servizi della Commissione. Il fatto che l'OLAF abbia
incontrato difficoltà nell'avvio delle sue attività non può costituire un
motivo per escludere la responsabilità della Commissione.

281 Tuttavia, come fa valere la Commissione, occorre anche tenere conto
del grado di complessità della pratica. La complessità del caso Eurostat,
inerente alle diverse indagini cui esso ha dato origine e all'eventuale
interazione tra le stesse, non è contestabile ed emerge dagli atti.

282 Di conseguenza, i termini non possono essere considerati
irragionevoli nelle circostanze del caso di specie.

283 Per quanto riguarda l'argomento dei ricorrenti secondo cui l'OLAF non
avrebbe mai informato il suo comitato di vigilanza dei motivi per i quali l'indagine
non poteva concludersi entro nove mesi, né gli ha comunicato il prevedibile
periodo di tempo necessario per concluderla, è sufficiente rilevare che,
anche se così fosse, i ricorrenti non hanno comunque dimostrato che si
tratti di una violazione sufficientemente qualificata di una norma giuridica
che conferisce diritti ai singoli.

284 Va quindi respinta la censura dei ricorrenti relativa a una pretesa
durata irragionevole delle indagini.

285 Risulta da quanto sopra esposto che l'OLAF ha commesso vari illeciti
idonei a far sorgere la responsabilità della Comunità. Tali illeciti
consistono nella trasmissione delle informazioni alle autorità giudiziarie
lussemburghesi e francesi senza avere prima sentito i ricorrenti e il suo
comitato di vigilanza e nelle fughe di notizie relative alla trasmissione
del fascicolo Datashop - Planistat alle autorità giudiziarie francesi.

B - Sull'illegittimità del comportamento della Commissione

1. Sulla divulgazione delle informazioni da parte della Commissione

a) Argomenti delle parti

286 I ricorrenti fanno valere che, ai sensi dell'art. 12, n. 3, del
regolamento n. 1073/1999, le istituzioni sono tenute ad assicurare il
rispetto della riservatezza delle indagini dell'OLAF e dei diritti legittimi
delle persone interessate, nonché il rispetto dei diritti fondamentali, cosa
che la Commissione non avrebbe fatto.

287 Nella specie, le trasmissioni di informazioni o di relazioni dell'OLAF
alle autorità giudiziarie nazionali avrebbero dato origine a «fughe di
notizie, più o meno orchestrate, verosimilmente intenzionali, provenienti
dall'OLAF», le quali avrebbero condotto a una campagna mediatica
denigratoria a danno dei ricorrenti che avrebbe leso gravemente i loro
diritti legittimi, la loro onorabilità e la loro dignità. Del pari, in
seguito alle audizioni dei ricorrenti dinanzi agli inquirenti dell'OLAF, la
stampa sarebbe venuta a conoscenza di elementi particolarmente precisi del
caso Eurostat. La Commissione non avrebbe quindi garantito il rispetto della
riservatezza. I ricorrenti rilevano peraltro che la Commissione non contesta
tali circostanze.

288 Inoltre, la stessa Commissione avrebbe divulgato informazioni,
violando l'obbligo di riservatezza ad essa incombente, nonché i principi del
contraddittorio e della presunzione di innocenza. I ricorrenti si
riferiscono a un comunicato stampa del 9 luglio 2003, con cui la Commissione
aveva reso noto l'avvio di procedimenti disciplinari nei confronti di tre
propri funzionari. Tale comunicato, pur precisando che l'apertura di detti
procedimenti era stata disposta senza pregiudizio al principio della
presunzione di innocenza, sarebbe intervenuto in un contesto tale da
arrecare necessariamente nocumento ai diritti legittimi dei ricorrenti. Per
di più, nel detto comunicato stampa la Commissione avrebbe reso pubblici
elementi riservati del caso Eurostat basandosi su indagini nel corso delle
quali i ricorrenti non sarebbero mai stati previamente sentiti.

289 Inoltre, il 24 settembre 2003 la Commissione avrebbe fatto circolare
presso il Parlamento tre documenti che chiamavano in causa i ricorrenti o
contenevano critiche nei loro confronti (v. supra, punto 42), che non
sarebbero stati previamente trasmessi ai ricorrenti e sui quali questi
ultimi non avrebbero quindi avuto occasione di formulare osservazioni, e che
sarebbero stati ad essi comunicati solo su loro richiesta, il 10 ottobre
2003, nonostante fossero stati ampiamente divulgati all'interno delle
istituzioni e alla stampa fin dal 25 settembre 2003.

290 I ricorrenti fanno valere che, anche ammettendo che i documenti in
questione, provenienti dalla task-force e dal SAI, non li chiamino in causa
specificamente e personalmente, dato che il compito di tali istituzioni non
era di pronunciarsi formalmente sull'esistenza di una frode o di chiamare in
causa qualcuno individualmente, il semplice fatto che detti documenti
sollevino dubbi sulla regolarità di alcuni elementi constatati arreca loro
pregiudizio.

291 Nella replica, i ricorrenti fanno valere che tale divulgazione è
avvenuta in violazione dell'accordo quadro sulle relazioni tra il Parlamento
e la Commissione (allegato XIII del regolamento interno del Parlamento),
secondo cui queste due istituzioni devono rispettare, nell'ambito di
qualsiasi informazione riservata, in particolare «i diritti fondamentali
della persona, compresi i diritti della difesa e della tutela della vita
privata». Oltretutto, le informazioni riservate potrebbero essere comunicate
solo al presidente del Parlamento, ai presidenti delle commissioni
parlamentari interessate, nonché all'Ufficio di presidenza e alla Conferenza
dei presidenti. Orbene, nella fattispecie la diffusione sarebbe stata più
ampia, dato che i documenti divulgati sarebbero stati accessibili
praticamente a qualsiasi parlamentare e perfino alla stampa. Inoltre, il
presidente della Commissione sarebbe intervenuto dinanzi ai presidenti dei
gruppi parlamentari, categoria che non sarebbe menzionata dall'art. 1, n. 4,
di detto accordo quadro.

292 Inoltre, nel discorso pronunciato il 25 settembre 2003 dinanzi alla
Conferenza dei presidenti dei gruppi parlamentari del Parlamento, il
presidente della Commissione avrebbe formulato accuse estremamente gravi nei
confronti dei ricorrenti e in particolare del sig. Franchet. Pur senza
accusare personalmente il sig. Franchet di essere responsabile delle
irregolarità, il presidente della Commissione gli avrebbe contestato il
fatto di avere permesso che tali irregolarità si verificassero. Il sig.
Franchet sarebbe anche stato accusato di avere disinformato il membro della
Commissione esercente la tutela, come ammetterebbe la Commissione, e di
avere interesse «a dissimulare la verità su fatti risalenti al passato».

293 Pertanto, con tale atto di accusa, che non è stato preceduto da alcun
incontro con l'accusato, il quale sarebbe quindi stato «gettato in pasto» ai
membri della Cocobu e alla stampa, e unicamente sulla base di relazioni
redatte in un clima di sospetto nei confronti della Commissione, che doveva
quindi mostrarsi inflessibile, il presidente di quest'ultima non avrebbe
tenuto un comportamento improntato alla dignità e all'onestà che ogni
cittadino ha il diritto di attendersi da lui. Egli non avrebbe rispettato i
diritti fondamentali, in particolare i diritti della difesa, e le sue
valutazioni si sarebbero fondate su elementi di fatto inesatti. Secondo i
ricorrenti, è inammissibile che egli abbia deciso, per motivi esclusivamente
politici, di individuare un colpevole allo scopo di distogliere da sé
qualsiasi critica. Tale «strategia dell'ombrello», come l'ha definita la
stampa, sarebbe servita solo a guadagnare tempo.

294 La Commissione sottolinea che l'OLAF, nell'ambito della sua missione
di indagine, agisce in modo totalmente autonomo e che non spetta a lei
intervenire sugli atti di indagini di tale istituzione. L'art. 12, n. 3, del
regolamento n. 1073/1999 imporrebbe alla Commissione la riservatezza su
quanto dovesse apprendere in merito alle indagini dell'OLAF. La Commissione
assumerebbe qualsiasi eventuale responsabilità imputata all'OLAF, ma ciò non
le attribuirebbe alcuna competenza a intervenire sugli atti di indagine di
quest'ultimo allo scopo di garantirne la riservatezza.

295 Per quanto riguarda il comunicato stampa del 9 luglio 2003 e le
decisioni adottate lo stesso giorno, secondo la Commissione essi apparivano
particolarmente prudenti, misurati e attenti alla tutela dei singoli, se si
tiene conto del contesto, «segnato dalla comparsa di un innegabile clima di
tensione interistituzionale a seguito dell'esercizio di discarico 2001».

296 Quanto ai tre documenti trasmessi al Parlamento il 24 settembre 2003
(v. supra, punto 42), la Commissione rileva che la sintesi e le conclusioni
dei lavori della task-force non chiamano in causa i ricorrenti. La nota
informativa, basata sulla seconda relazione intermedia redatta dal SAI,
conterrebbe osservazioni preliminari la cui esaustività non sarebbe
garantita e che non esaminerebbe l'eventuale responsabilità diretta e
individuale dei ricorrenti, i quali pertanto non potrebbero lamentarsi del
fatto che tali documenti non sono stati loro previamente comunicati e di non
aver avuto la possibilità di formulare le proprie osservazioni. Detti
documenti si limiterebbero a rilevare carenze sistemiche. Ammettere che le
relazioni provenienti da strutture quali la task-force o il SAI possano
arrecare pregiudizio a funzionari per il semplice fatto che sollevano dubbi
sulla regolarità di taluni atti o comportamenti equivarrebbe semplicemente a
negare qualsiasi possibilità di svolgere attività di revisione contabile.

297 Per quanto riguarda il discorso pronunciato dal presidente della
Commissione il 25 settembre 2003, quest'ultimo si sarebbe limitato a
svolgere un'analisi senza concessioni di una situazione grave, senza
tuttavia cercare di far apparire i ricorrenti quali «capri espiatori». Pur
avendo contestato al sig. Franchet di non essersi ritirato in modo
sufficientemente rapido da talune entità, contrariamente alle istruzioni
impartite dalla precedente Commissione, e di avere mantenuto i rapporti
contrattuali con talune società nonostante i risultati di alcune revisioni
contabili messi a sua disposizione, il che sarebbe in contrasto con il
principio di precauzione nella sua accezione più elementare, egli tuttavia
non avrebbe accusato i ricorrenti di tali irregolarità.

298 Secondo la Commissione, la principale contestazione mossa nei
confronti del sig. Franchet non riguarda la sua eventuale implicazione
personale in frodi o irregolarità, bensì l'insufficienza delle informazioni
trasmesse al membro della Commissione esercente la tutela, dato che quest'ultimo,
nel momento in cui ha assunto l'incarico, non è stato informato del caso
Eurostat. La Commissione rileva che il suo presidente ha anche individuato
chiaramente i problemi di comunicazione tra l'OLAF e la stessa Commissione e
ha ammesso che occorre migliorare la gestione finanziaria a livello di
controllo centrale. Egli non avrebbe mai messo in discussione la
responsabilità penale o disciplinare dei ricorrenti, ma avrebbe chiaramente
invocato la «responsabilità politico-amministrativa» del sig. Franchet.

b) Giudizio del Tribunale

299 In via preliminare, per quanto riguarda la censura dei ricorrenti
secondo cui la Commissione non ha vigilato sulla riservatezza delle indagini
in occasione delle comunicazioni alle autorità giudiziarie nazionali, è
sufficiente rilevare che, se pure, ai sensi dell'art. 12, n. 3, terzo comma,
del regolamento n. 1073/1999, le istituzioni assicurano il rispetto della
riservatezza delle indagini svolte dall'OLAF e dei diritti legittimi delle
persone interessate, tale disposizione non può essere tuttavia interpretata
nel senso che essa impone alla Commissione un obbligo generale di garantire
che l'OLAF, il quale svolge le proprie indagini in piena autonomia, rispetti
la riservatezza. Infatti, detta disposizione va letta insieme al comma
precedente, secondo cui il direttore generale dell'OLAF riferisce
regolarmente alle istituzioni sui risultati delle indagini nel rispetto dei
medesimi principi. Così, risulta dall'art. 12 del regolamento n. 1073/1999
che, qualora il direttore generale dell'OLAF abbia comunicato alle
istituzioni, Commissione inclusa, informazioni relative alle indagini, dette
istituzioni devono garantire la riservatezza delle informazioni trasmesse e
i diritti legittimi degli interessati nel trattamento di tali informazioni.

300 Occorre quindi esaminare se la Commissione abbia tenuto un
comportamento illecito divulgando essa stessa varie informazioni nell'ambito
delle indagini in questione.

Sul comunicato stampa della Commissione del 9 luglio 2003

301 I ricorrenti, riferendosi al comunicato stampa del 9 luglio 2003
(IP/03/979), fanno valere che la stessa Commissione ha divulgato
informazioni in violazione dell'obbligo di riservatezza ad essa incombente,
nonché dei principi del contraddittorio e della presunzione di innocenza.

302 Occorre citare detto comunicato stampa:

«La Commissione prende provvedimenti a seguito di malversazioni finanziarie
all'interno di Eurostat

Nelle ultime settimane, la Commissione europea ha svolto una propria
indagine all'interno [di Eurostat]. Dai risultati preliminari di tale
inchiesta emerge chiaramente l'esistenza di carenze e irregolarità nel
sistema di gestione di Eurostat. Con tutto il rispetto dovuto ai
provvedimenti adottati in piena autonomia dall'[OLAF], la Commissione
ritiene che occorra affrontare immediatamente tali preoccupanti questioni.
Pertanto, in data odierna la Commissione ha adottato una serie di
provvedimenti intesi a risolvere i problemi più urgenti.

Il presidente della Commissione (.) ha dichiarato: "Attendiamo pazientemente
il risultato dalle varie indagini in corso. Tuttavia, le nostre stesse
indagini ci inducono ad agire immediatamente e la Commissione intende
accelerare i tempi. Adottiamo oggi misure radicali e difficili, ma
indispensabili. Quali che siano i fatti accaduti in passato, essi verranno
esaminati e il funzionamento di Eurostat obbedirà alle regole e ai principi
che la presente Commissione ha giurato di applicare".

Misure

La Commissione ha avviato procedimenti disciplinari nei confronti di tre
propri funzionari. In via cautelativa, alcuni dirigenti di Eurostat saranno
trasferiti e assegnati a funzioni di consigliere.

Qualora risultasse che un membro facente o che abbia fatto parte del
personale di Eurostat ha commesso una violazione del regolamento finanziario
e dello Statuto del personale, egli sarà sottoposto a procedimento
disciplinare. La Commissione tiene a sottolineare che le decisioni relative
all'apertura di un procedimento disciplinare o al trasferimento di
funzionari vengono adottate nel rispetto del principio della presunzione di
innocenza.

(.)

[Dalle verifiche compiute dalla DG "Bilancio" sulle relazioni di revisione
contabile redatte a seguito della revisione interna di Eurostat] emerge che
sono state commesse alcune gravi violazioni del regolamento finanziario e
che il seguito dato a vari aspetti importanti delle relazioni di revisione
contabile interna non è stato sufficientemente ampio e rigoroso e non è
sfociato in provvedimenti sostanziali.

(.)

I risultati del [SAI] hanno carattere preliminare e devono ancora essere
confermati. Tuttavia, tali risultati e i primi indizi inducono a ritenere
che siano stati commessi gravi misfatti.

Si attende ancora la relazione dell'OLAF, prevista per la fine di giugno».

303 Secondo i ricorrenti, tale comunicato stampa costituisce una
violazione dei loro diritti legittimi e lede il principio della presunzione
di innocenza.

304 Il Tribunale rileva che i ricorrenti non sono esplicitamente nominati
in tale comunicato stampa. Tuttavia, dato che i loro nomi erano già stati
ampiamente diffusi, in particolare nel maggio 2003, in relazione all'esistenza
di carenze e irregolarità nel sistema di gestione all'interno di Eurostat,
non vi era alcun dubbio che tale comunicato stampa si riferisse ai
ricorrenti.

305 Infatti, la stessa Commissione aveva già reso noto al pubblico i nomi
dei ricorrenti con la dichiarazione su Eurostat da essa divulgata con il
comunicato stampa del 19 maggio 2003 (IP/03/709) e che i ricorrenti hanno
prodotto in risposta a un quesito scritto del Tribunale. Secondo tale
dichiarazione:

«Venerdì scorso è pervenuta alla Commissione una breve nota intermedia dell'OLAF
relativa a indagini in corso su presunte irregolarità verificatesi in
passato all'interno di Eurostat, le quali confermano che alcuni soggetti
indagati potrebbero chiamare in causa la responsabilità individuale di
alcuni funzionari di alto livello. Tuttavia, tale nota non fornisce ancora
prove riguardo a soggetti precisi. Inoltre, i funzionari interessati non
sono stati sentiti dall'OLAF.

La Commissione esaminerà tale situazione nella sua prossima riunione di
mercoledì, nell'ottica di adottare tutti i provvedimenti necessari per
garantire una rapida conclusione delle indagini in corso e tutelare gli
interessi finanziari della Comunità, nonché la reputazione dell'istituzione
e dei suoi funzionari. In tale contesto, la Commissione esaminerà le
richieste dei sigg. Yves Franchet, direttore generale di Eurostat, e Daniel
Byk, direttore di Eurostat, di essere sollevati dal loro attuale incarico a
tutela degli interessi dell'istituzione e per poter essere in condizione di
difendersi.

La Commissione chiede all'OLAF di accelerare le indagini in corso e in
particolare di dare ai funzionari ritenuti potenzialmente implicati la
possibilità di essere sentiti».

306 Così, la Commissione ha chiaramente associato i nomi dei ricorrenti
alle presunte irregolarità del caso Eurostat. Ciò si è verificato nuovamente
il 21 maggio 2003, quando la Commissione ha pubblicato un altro comunicato
stampa, intitolato «La Commissione prende provvedimenti per tutelare gli
interessi dell'istituzione e del suo personale di fronte alle denunce
relative a Eurostat» (IP/03/723), che i ricorrenti hanno prodotto in
risposta a un quesito scritto del Tribunale e secondo cui:

«In data odierna la Commissione ha esaminato la situazione creatasi in
seguito ad alcune denunce concernenti l'Ufficio statistico europeo,
Eurostat. In tale contesto, essa ha adottato quattro provvedimenti diretti a
tutelare gli interessi dell'istituzione e del suo personale.

In primo luogo, la Commissione accetta, su loro richiesta, di trasferire a
nuove funzioni per la durata dell'indagine il direttore generale di Eurostat
Yves Franchet e il direttore di Eurostat Daniel Byk. Tali trasferimenti non
costituiscono in alcun modo un provvedimento disciplinare, ma vengono
adottati a tutela degli interessi dell'istituzione e per dare agli
interessati la possibilità di difendersi dagli addebiti. A decorrere dalla
data odierna le due persone sopra nominate vengono quindi temporaneamente
assegnate a funzioni di consigliere presso la direzione generale
["]Amministrazione["]. La Commissione ha inoltre deciso di nominare
temporaneamente il sig. [V. A.], attuale direttore generale per la
traduzione, direttore generale di Eurostat, al fine di garantire la
continuità della gestione di Eurostat.

La Commissione rileva che [l'OLAF] intende presentare entro la fine di
giugno dell'anno corrente una relazione sulla possibile implicazione nelle
indagini di funzionari della Commissione.

In secondo luogo, vista la situazione creatasi intorno ai sigg. Franchet e
Byk, in particolare nei media, la Commissione ha deciso di fornire loro
assistenza per la tutela della loro reputazione e dei loro diritti di
difesa.

In terzo luogo, essa ha incaricato la direzione generale ["]Bilancio["] di
analizzare le relazioni di revisione contabile realizzate da Eurostat, per
verificare [che], nei casi sottoposti alle indagini dell'OLAF, siano state
effettivamente rispettate le modalità previste dal regolamento finanziario.

Infine, la Commissione ha deciso di costituirsi parte civile nel
procedimento avviato dal Procuratore della Repubblica di Parigi, al fine di
tutelare gli interessi civili e finanziari dell'istituzione.

La Commissione sottolinea che le indagini dell'OLAF sono ancora in corso e
osserva che l'OLAF, da un lato, offrirà ai funzionari potenzialmente
interessati l'occasione di essere sentiti e, dall'altro, tenterà di portare
a termine le indagini nel più breve tempo possibile.

La Commissione intende inoltre porre l'accento sul diritto di ogni persona
alla presunzione di innocenza e ricorda che le informazioni di cui essa
dispone in questa fase non consentono di trarre conclusioni in ordine alla
responsabilità di specifici funzionari.

L'OLAF è stato creato precisamente per tutelare gli interessi finanziari
delle Comunità e ne viene garantita l'autonomia operativa e investigativa.
La Commissione rispetta le prerogative dell'OLAF e si astiene quindi dall'intraprendere
iniziative di qualsiasi tipo che possano pregiudicare il risultato delle sue
indagini, di cui non anticipa le risultanze. Ciò significa tuttavia che la
Commissione non è in grado di trarre proprie conclusioni prima che l'OLAF
abbia terminato il suo lavoro e fornito una relazione».

307 Così, tale comunicato stampa ha di nuovo chiaramente associato i nomi
dei ricorrenti alle denunce relative al caso Eurostat.

308 Pertanto, tenuto conto del contesto e della pubblicità che la stessa
Commissione aveva già dato ai ricorrenti e alla loro eventuale implicazione
nelle malversazioni all'interno di Eurostat, si deve rilevare che la
divulgazione al pubblico della decisione della Commissione 9 luglio 2003 di
avviare procedimenti disciplinari nei confronti di tre suoi funzionari
poteva rafforzare l'impressione che i ricorrenti potessero essere colpevoli,
o quanto meno sospettati delle malversazioni oggetto delle indagini sulla
gestione dei programmi rientranti nella competenza di Eurostat. Tale
impressione non è fugata dalla precisazione secondo cui «[l]a Commissione
tiene a sottolineare che le decisioni relative all'apertura di un
procedimento disciplinare o al trasferimento dei funzionari vengono adottate
nel rispetto del principio della presunzione di innocenza» (v., in tal
senso, sentenze del Tribunale 7 febbraio 2007, causa T-339/03,
Clotuche/Commissione, punto 145, e cause riunite T-118/04 e T-134/04,
Caló/Commissione, punto 120).

309 Si deve rilevare che le modalità con cui era stata annunciata la
decisione, del 9 luglio 2003, di avviare i procedimenti disciplinari,
avevano necessariamente suscitato nel pubblico, o quanto meno in una sua
parte, l'impressione che i ricorrenti fossero implicati nelle irregolarità
commesse all'interno di Eurostat (v., in tal senso, sentenze
Clotuche/Commissione, cit. al punto 308 supra, punto 219, e
Caló/Commissione, cit. al punto 308 supra, punto 155).

310 A tale riguardo, si deve ricordare che, come si è rilevato supra, ai
punti 210 e 211, il principio della presunzione di innocenza esige che una
persona accusata di un'infrazione sia considerata innocente fino a quando
non ne sia stata dimostrata la colpevolezza al di là di ogni ragionevole
dubbio nel corso di un processo. Orbene, al momento della pubblicazione di
tale comunicato stampa, e a tutt'oggi, la colpevolezza dei ricorrenti non
era e non è ancora stata provata.

311 Tuttavia, occorre anche ricordare che non si può impedire alle
istituzioni di informare il pubblico sulle indagini in corso (v. supra,
punto 212). Orbene, nella specie non si può ritenere che la Commissione l'abbia
fatto con tutta la discrezione e la prudenza richieste, rispettando il
giusto equilibrio tra gli interessi dei ricorrenti e quelli dell'istituzione.
Infatti, con la pubblicità che ha deciso di dare al caso Eurostat, pur
prestando attenzione a non associare i nomi dei ricorrenti alle
malversazioni, essa non è rimasta entro i limiti di quanto giustificava l'interesse
del servizio.

312 Pertanto, non si può accogliere l'argomento della Commissione secondo
cui il comunicato stampa del 9 luglio 2003 appare particolarmente prudente,
misurato e attento alla tutela dei singoli, tenuto conto del contesto
«segnato dalla comparsa di un innegabile clima di tensione
interistituzionale a seguito dell'esercizio di discarico 2001».

313 Di conseguenza, la Commissione, pubblicando tale comunicato stampa,
ha violato il principio della presunzione di innocenza.

314 Come si è rilevato supra, al punto 209, detto principio conferisce
diritti ai singoli. Si deve inoltre osservare che, nelle circostanze del
caso di specie, tale violazione dev'essere considerata sufficientemente
qualificata, dato che la Commissione non dispone di alcun margine di
discrezionalità per quanto riguarda l'obbligo di rispettare la presunzione
di innocenza ad essa incombente.

Sui documenti trasmessi al Parlamento il 24 settembre 2003

315 I ricorrenti fanno valere che il 24 settembre 2003 la Commissione ha
fatto circolare presso il Parlamento tre documenti che li chiamavano in
causa o esprimevano critiche nei loro confronti, documenti che non sarebbero
stati loro previamente trasmessi e sui quali essi non avrebbero quindi avuto
occasione di formulare osservazioni.

316 Si tratta della «sintesi delle pratiche Eurostat attualmente chiuse»,
redatta dal direttore generale dell'OLAF, della relazione intitolata
«Relazione della task-force Eurostat (TEFS) - Sintesi e conclusioni» e di
una nota informativa concernente Eurostat, basata sulla seconda relazione
intermedia redatta dal SAI.

317 Per quanto concerne la «sintesi delle pratiche Eurostat attualmente
chiuse», essa è stata inviata al presidente della Commissione dal direttore
generale dell'OLAF. Occorre sottolineare che i ricorrenti contestano alla
Commissione solo il fatto di non avere loro comunicato tale documento e di
non averli sentiti prima della sua trasmissione. Orbene, è sufficiente
rilevare che, poiché non si tratta di un documento redatto dalla
Commissione, quest'ultima non era tenuta a sentire i ricorrenti prima di
trasmetterlo al Parlamento. Inoltre, come risulta dai precedenti punti 33 e
35, l'OLAF aveva sentito i ricorrenti a giugno e luglio 2003, quindi molto
prima di redigere tale sintesi.

318 Per quanto riguarda poi i documenti della task-force e del SAI in
questione, i ricorrenti fanno valere che, anche se essi non li chiamano in
causa specificamente e individualmente, dato che il compito di tali
organismi non era pronunciarsi formalmente sull'esistenza di una frode o di
chiamare in causa qualcuno individualmente, il semplice fatto che tali
documenti sollevino dubbi sulla regolarità di alcuni elementi constatati
arreca loro pregiudizio.

319 A tale riguardo, il Tribunale rileva che il documento contenente la
sintesi e le conclusioni della relazione della task-force non chiama
direttamente in causa i ricorrenti. Infatti non si tratta di un atto recante
pregiudizio e il principio del rispetto della difesa non può quindi essere
validamente invocato dai ricorrenti per criticare il fatto di non essere
stati sentiti prima della stesura di detta relazione. I ricorrenti non
possono neppure lamentare un eventuale danno derivante dall'invio del
documento in questione al Parlamento.

320 Per quanto riguarda la nota informativa concernente Eurostat, basata
sulla seconda relazione intermedia redatta dal SAI, neanch'essa chiama
direttamente in causa i ricorrenti. Secondo questi ultimi, tale documento
presenta elementi pregiudizievoli in particolare per il sig. Franchet,
laddove fa riferimento alla mancanza di trasparenza e di comunicazione tra l'ex
direttore generale di Eurostat e il membro della Commissione esercente la
tutela. Inoltre, essi sottolineano che nel detto documento si rileva che «la
mancanza di controlli sulla gestione di tali fondi comporta il rischio di
esporsi in modo inammissibile alle frodi e alle irregolarità». Tuttavia, il
Tribunale rileva che i ricorrenti omettono di citare la frase seguente,
secondo cui, «[t]enuto conto della natura della missione del SAI, [non è
possibile] pronunciarsi su un'ipotesi di frode implicante un arricchimento
individuale». Si deve rilevare che tali elementi non bastano a dimostrare
che i ricorrenti avrebbero dovuto essere sentiti in merito prima della
stesura di detta relazione, né che la trasmissione di quest'ultima al
Parlamento abbia causato loro un pregiudizio. In ogni caso, la relazione del
SAI su cui si è fondata la nota in questione non era ancora la relazione
finale. Inoltre, non si può ritenere che si tratti di un atto recante
pregiudizio.

321 Infine, i ricorrenti fanno valere nella replica che la divulgazione
dei tre documenti in questione è avvenuta in violazione dell'accordo quadro
sui rapporti tra il Parlamento e la Commissione (allegato XIII del
regolamento interno del Parlamento), secondo cui queste due istituzioni
devono rispettare, nell'ambito di qualsiasi informazione riservata, in
particolare «i diritti fondamentali della persona, compresi i diritti della
difesa e della tutela della vita privata».

322 A tale riguardo, il Tribunale ritiene sufficiente constatare che si
tratta di un motivo nuovo, introdotto in corso di causa, che non si fonda su
elementi di diritto o di fatto emersi durante il procedimento. Di
conseguenza, esso va respinto in quanto irricevibile, conformemente all'art.
48, n. 2, del regolamento di procedura.

323 Ad abundantiam, si deve rilevare che i ricorrenti non hanno
minimamente dimostrato che la Commissione abbia trasmesso informazioni
riservate a destinatari diversi da quelli menzionati nel detto accordo
quadro e che i documenti divulgati fossero accessibili praticamente a tutti
i parlamentari e perfino alla stampa.

324 Di conseguenza, dato che la Commissione non era tenuta a sentire i
ricorrenti prima di trasmettere al Parlamento i tre documenti in questione,
né a comunicarli loro prima di trasmetterli, si devono respingere le censure
formulate dai ricorrenti a tale riguardo.

Sul discorso del presidente della Commissione del 25 settembre 2003

325 I ricorrenti fanno valere che il presidente della Commissione, nel
discorso pronunciato il 25 settembre 2003 dinanzi ai presidenti dei gruppi
parlamentari del Parlamento, ha formulato accuse estremamente gravi nei
confronti dei ricorrenti e in particolare del sig. Franchet e che, pertanto,
non ha rispettato i loro diritti fondamentali.

326 Secondo la Commissione, in tale discorso il suo presidente non ha
accusato i ricorrenti delle irregolarità. Tuttavia, il Tribunale rileva che
l'interpretazione data dalla Commissione a tale discorso (v. supra, punti
297 e 298) non rispecchia la realtà. È vero che, in tale discorso, il
presidente della Commissione ha sottolineato la mancanza di trasparenza e di
comunicazione tra il direttore generale di Eurostat e il membro della
Commissione esercente la tutela. Tuttavia, egli ha lasciato intendere che
non vi fossero dubbi sul coinvolgimento nelle irregolarità del direttore
generale di Eurostat e di un altro funzionario di alto livello.

327 Egli ha osservato ad esempio che, «[n]onostante le istruzioni
impartite dalla precedente Commissione affinché si ritirasse da tali organi
(.), il direttore generale prosegue invece la collaborazione con tali entità
in altre forme e con altre modalità», che «[si] sono quindi verificate
derive» e che «[a]lcune relazioni di revisione contabile (.) sottolineavano
infrazioni anche gravi o molto gravi alle norme vigenti e che recavano
pregiudizio agli interessi finanziari dell'Unione». Egli ha poi sottolineato
che i fatti sono apparsi alla Commissione «in tutta la loro gravità e
portata nel maggio 2003, nella prima nota sostanziale trasmessa dall'OLAF al
segretario generale», che, «[o]ltre alla gravità dei fatti, l'elemento senza
precedenti e più sconfortante era il coinvolgimento dello stesso direttore
generale di Eurostat e di un altro funzionario di alto livello nel caso
Datashop» e che «[v]eniva meno un anello fondamentale», ossia «quello del
legittimo affidamento riposto dagli organismi politici in un direttore
generale, il che gettava una luce del tutto diversa sull'intero fascicolo
Eurostat e richiedeva una rilettura approfondita dell'intera cronologia
degli eventi».

328 Egli ne ha dedotto, in particolare, che i fatti in questione
«costituiscono, a parte il loro eventuale rilievo penale, un catalogo di
cattive pratiche, lassismo (.) perfino dilettantismo nella gestione e nel
controllo, palesi irregolarità e rischi di frode, se non frodi vere e
proprie» e che «[t]utto ciò ricade sui vertici di Eurostat».

329 Inoltre, per quanto riguarda la mancanza comunicazione tra il
direttore generale di Eurostat e il membro della Commissione esercente la
tutela, il presidente della Commissione ha constatato che, a partire dal
momento in cui il suo gabinetto ha ricevuto, su sua richiesta, una «nota
informativa» nel luglio 2002, a seguito della pubblicazione del comunicato
con cui l'OLAF annunciava la trasmissione alle autorità giudiziarie
lussemburghesi dei fascicoli relativi a Eurostat, «il gabinetto disponeva di
alcune tessere del puzzle, insufficienti di per sé a innescare una reazione,
in quanto mancava ancora l'elemento più importante», ossia la «chiamata in
causa dello stesso direttore generale». Egli ha poi ammesso che «[c]iascuno
può valutare, secondo la propria cultura amministrativa, tale palese
mancanza di comunicazione e quindi di reazione», o addirittura che
«[q]ualcuno potrebbe pensare che spettasse al gabinetto vigilare più
attentamente e chiedere informazioni che il direttore generale non gli
forniva spontaneamente». Tuttavia, egli riteneva dal canto suo che si
dovesse stabilire «[c]hi aveva interesse a dissimulare la verità su fatti
risalenti al passato» e che questi non era «[s]icuramente il [membro della
Commissione]».

330 Si deve rilevare che da tali passaggi emerge chiaramente che il
presidente della Commissione, pur senza accusare in particolare il sig.
Franchet di essere responsabile delle irregolarità, gli ha contestato il
fatto di avere permesso che tali irregolarità si verificassero e ha rilevato
che, a suo parere, tale responsabilità era assolutamente indubbia. Lo ha
inoltre accusato in modo abbastanza diretto di avere celato la verità sui
fatti in questione. Ha poi menzionato un «altro funzionario di alto livello»
in relazione al caso Datashop, il che non lascia alcuna dubbio sull'identità
del sig. Byk, il cui nome era già stato divulgato pubblicamente dalla stessa
Commissione.

331 Si deve quindi ritenere che, con tale discorso, il presidente della
Commissione non abbia rispettato pienamente i diritti fondamentali dei
ricorrenti e in particolare il principio della presunzione di innocenza,
dato che le dichiarazioni contenute in tale discorso, come quella secondo
cui «[t]utto ciò ricade sui vertici di Eurostat» e il «coinvolgimento del
direttore generale di Eurostat e di un altro funzionario di alto livello»,
rispecchiano la sensazione che i ricorrenti siano responsabili delle
irregolarità menzionate. Tale comportamento costituisce una violazione
sufficientemente qualificata del detto principio, che conferisce diritti ai
singoli.

332 Risulta da quanto precede che con il comunicato stampa del 9 luglio
2003 e con il discorso pronunciato dal suo presidente il 25 settembre 2003
la Commissione ha commesso violazioni del principio della presunzione di
innocenza sufficientemente qualificate per far sorgere la responsabilità
della Comunità.

2. Sui procedimenti disciplinari

a) Argomenti delle parti

333 I ricorrenti fanno valere che la Commissione ha tenuto un
comportamento contraddittorio. Infatti, essa avrebbe deciso di avviare
procedimenti disciplinari per poi sospenderli immediatamente in attesa dei
risultati delle indagini amministrative che aveva avviato, atteggiamento
ancor meno comprensibile se si considera che l'avvio dei procedimenti
disciplinari si fondava su fatti che non sarebbero diversi dal contesto in
cui la Commissione avrebbe deciso di accordare la propria assistenza ai
ricorrenti. I ricorrenti rilevano che il fatto che sia stata presentata una
denuncia penale non osta a che l'istituzione prosegua il procedimento
disciplinare, in quanto non si può infliggere un'eventuale sanzione
disciplinare prima che sia terminato il procedimento penale dinanzi alle
autorità giudiziarie nazionali.

334 Secondo i ricorrenti, avviare un procedimento disciplinare prima
della fine delle indagini interne non ha alcun senso ed è contrario al
principio di buona gestione e sana amministrazione. Infatti, in virtù delle
disposizioni generali d'attuazione concernenti le indagini amministrative e
i procedimenti disciplinari, pubblicate sulle Informazioni amministrative
del 30 giugno 2004, n. 86-2004, il direttore generale dell'amministrazione e
del personale avvia il procedimento disciplinare dopo la relazione dell'Ufficio
di indagine e di disciplina della Commissione (IDOC) o, se del caso,
direttamente dopo la relazione dell'OLAF.

335 Nella fattispecie, la Commissione, avviando il 9 luglio 2003 indagini
multiple e parallele e avviando i procedimenti disciplinari, avrebbe agito
in preda al panico per «placare gli animi», come emergerebbe dalle
affermazioni formulate dal presidente del comitato di vigilanza dell'OLAF
durante l'intervento del segretario generale della Commissione in occasione
della riunione del comitato di vigilanza del 3 settembre 2003. La
Commissione avrebbe quindi dovuto attendere la conclusione delle indagini
interne che aveva disposto e quella dei lavori dell'OLAF, nonché l'inizio
dei lavori, non ancora avviati, dell'IDOC e le relative risultanze, prima di
pronunciarsi sulla questione dell'apertura di un procedimento disciplinare a
carico dei ricorrenti.

336 I ricorrenti fanno valere che la decisione di avviare i procedimenti
disciplinari, anche se non costituisce un atto recante pregiudizio, è però
tale da cagionare un danno in ragione del carattere infamante che tale
decisione necessariamente riveste.

337 La Commissione sottolinea che la decisione di avviare un procedimento
disciplinare è solo una fase procedurale preparatoria, che non pregiudica la
posizione definitiva dell'amministrazione e che pertanto non può essere
considerata un atto recante pregiudizio. Inoltre, i ricorrenti non
dimostrerebbero l'illegittimità degli atti compiuti dall'APN, mentre le
censure formulate dall'APN a sostegno dell'avvio dei procedimenti
disciplinari sarebbero state corroborate da varie relazioni e dalle
informazioni trasmesse dall'OLAF con le note del 3 e 19 aprile 2003.

338 Secondo la Commissione, era opportuno sospendere i procedimenti
disciplinari a carico dei ricorrenti per evitare eventuali interferenze fra
tali procedimenti e i procedimenti penali già avviati su fatti analoghi,
tanto più che le autorità giudiziarie nazionali possono avvalersi di mezzi
investigativi di cui le autorità amministrative non dispongono.

b) Giudizio del Tribunale

339 I ricorrenti contestano alla Commissione, da un lato, di avere deciso
di avviare procedimenti disciplinari e di averli immediatamente sospesi in
attesa dei risultati delle indagini e, dall'altro, di avere avviato i
procedimenti disciplinari prima della conclusione delle indagini interne.

340 In via preliminare, il Tribunale ricorda che la decisione dell'APN di
avviare un procedimento disciplinare è solo una fase preparatoria del
procedimento. Essa non pregiudica la posizione definitiva dell'amministrazione
e pertanto non può essere considerata un atto recante pregiudizio ai sensi
dell'art. 91 dello Statuto. Di conseguenza, detta decisione può essere
impugnata solo indirettamente nell'ambito di un ricorso diretto contro una
decisione disciplinare finale che arrechi pregiudizio al funzionario
(sentenza del Tribunale 13 marzo 2003, causa T-166/02, Pessoa e
Costa/Commissione, Racc. PI pagg. I-A-89 e II-471, punto 37).

341 Per quanto riguarda, anzitutto, il fatto che i procedimenti
disciplinari sono stati sospesi, si deve ricordare che l'art. 88, quinto
comma, dello Statuto prevede che, «quando il funzionario sia sottoposto a
procedimento penale per gli stessi fatti, la sua posizione sarà
definitivamente regolata soltanto dopo il passaggio in giudicato della
sentenza dell'autorità giudiziaria». Risulta da tale disposizione che è
fatto divieto all'APN di regolare definitivamente, sul piano disciplinare,
la posizione del funzionario interessato pronunciandosi su fatti costituenti
l'oggetto di un procedimento penale concomitante, fino a che non sia passata
in giudicato la decisione emessa dall'organo giurisdizionale penale
investito della cognizione di tali fatti (sentenza Pessoa e
Costa/Commissione, cit. al punto 340 supra, punto 45). Pertanto, l'art. 88,
quinto comma, dello Statuto non conferisce un potere discrezionale all'APN
incaricata di regolare definitivamente la situazione di un funzionario nei
cui confronti sia stato avviato un procedimento disciplinare, a differenza
dell'art. 7, secondo comma, dell'allegato IX dello Statuto, in forza del
quale il consiglio di disciplina, nel caso in cui i fatti addebitati siano
oggetto di azione promossa dinanzi a un giudice penale, può decidere di
soprassedere a formulare il proprio parere fino a quando non verrà emessa la
decisione dell'autorità giudiziaria (sentenze del Tribunale 19 marzo 1998,
causa T-74/96, Tzoanos/Commissione, Racc. PI pagg. I-A-129 e II-343, punti
32 e 33, e 10 giugno 2004, causa T-307/01, François/Commissione, Racc. pag.
II-1669, punto 59).

342 Si deve precisare che l'art. 88, quinto comma, dello Statuto risponde
a una duplice ratio. Da un lato, tale articolo soddisfa l'esigenza di non
incidere sulla posizione del funzionario interessato nell'ambito di azioni
penali che vengano avviate nei suoi confronti in relazione a fatti che sono
del resto oggetto di un procedimento disciplinare in seno alla sua
istituzione di appartenenza (sentenza Tzoanos/Commissione, cit. al punto 341
supra, punto 34). Dall'altro, la sospensione del procedimento disciplinare
in attesa della conclusione del procedimento penale consente di prendere in
considerazione, nell'ambito del detto procedimento disciplinare,
constatazioni di fatto operate dal giudice penale, una volta che la
decisione di quest'ultimo sia passata in giudicato. A tale riguardo si deve
ricordare che l'art. 88, quinto comma, dello Statuto sancisce il principio
secondo cui «il penale blocca il disciplinare nello stato in cui si trova»,
il che si giustifica in particolare con il fatto che i giudici penali
nazionali dispongono di poteri di indagine più ampi rispetto a quelli dell'APN
(sentenza del Tribunale 21 novembre 2000, causa T-23/00, A/Commissione,
Racc. PI pagg. I-A-263 e II-1211, punto 37). Pertanto, nel caso in cui i
medesimi fatti possano configurare un illecito penale e una violazione degli
obblighi statutari incombenti al funzionario, l'amministrazione è vincolata
dagli accertamenti fattuali compiuti dal giudice penale nell'ambito del
procedimento. Una volta che quest'ultimo abbia accertato l'esistenza dei
fatti in questione nella fattispecie, l'amministrazione può procedere in
seguito alla loro qualificazione giuridica alla luce della nozione di
illecito disciplinare, verificando in particolare se essi costituiscano
violazioni degli obblighi statutari (sentenza François/Commissione, cit. al
punto 341 supra, punto 75).

343 Pertanto, nel caso di specie, essendo pacifico che i procedimenti
disciplinari avviati nei confronti dei ricorrenti vertevano, almeno in
parte, sui medesimi fatti oggetto delle azioni penali, la Commissione non
poteva pronunciarsi in via definitiva sulla posizione dei ricorrenti sul
piano disciplinare fino a che non fosse passata in giudicato la decisione
dei giudici penali (v., in tal senso, sentenza François/Commissione, cit. al
punto 341 supra, punto 73).

344 Pertanto, non si può contestare alla Commissione di avere sospeso i
procedimenti disciplinari avviati nei confronti dei ricorrenti; anzi, essa
era tenuta a sospenderli.

345 Per quanto riguarda, poi, il fatto che la Commissione ha avviato i
procedimenti disciplinari prima della conclusione delle indagini interne, è
vero che, in virtù dell'art. 4, n. 2, delle disposizioni generali di
attuazione concernenti le indagini amministrative e i procedimenti
disciplinari, cui i ricorrenti si richiamano:

«Prima di avviare l'indagine, il direttore generale del personale e dell'amministrazione
consulta l'[OLAF] per accertarsi che quest'ultimo non proceda a un'indagine
di propria iniziativa e non abbia intenzione di farlo. Fintantoché è in
corso un'indagine dell'OLAF ai sensi del regolamento n. 1073/1999, non sarà
avviata alcuna indagine amministrativa ai sensi del paragrafo precedente
vertente sui medesimi fatti».

346 Pertanto, in virtù di tale disposizione non può avviarsi un
procedimento disciplinare fintantoché sia ancora in corso l'indagine dell'OLAF
sui medesimi fatti. Orbene, tale decisione non era ancora applicabile al
momento dell'adozione delle decisioni di avviare i procedimenti
disciplinari, il 9 luglio 2003. A quella data, la disposizione applicabile
era l'art. 5, n. 2, della decisione della Commissione 19 febbraio 2002, C
(2002) 540, concernente le indagini amministrative e i procedimenti
disciplinari, secondo cui:

«Prima di avviare l'indagine il direttore generale del personale e dell'amministrazione
consulta l'[OLAF] per accertarsi che quest'ultimo non proceda ad un'indagine
di propria iniziativa e non abbia intenzione di farlo».

347 Anche se tale disposizione non vietava espressamente di avviare il
procedimento disciplinare prima della conclusione dell'indagine dell'OLAF
sui medesimi fatti, occorre domandarsi quale utilità avrebbe tale
disposizione se non dovesse essere interpretata in tal senso. Infatti,
prevedendosi l'obbligo del direttore generale del personale e dell'amministrazione
di accertarsi che l'OLAF non procedesse a un'indagine di propria iniziativa
e non avesse intenzione di farlo, si intendeva dire che, se così fosse
stato, non si poteva ancora avviare un'indagine disciplinare.

348 Inoltre, l'art. 5, n. 7, della decisione C (2002) 540 prevedeva che,
«[q]uando l'APN riceve una relazione di indagine dall'OLAF, la esamina, se
occorre, per un periodo minimo di due settimane e, qualora lo ritenga utile,
chiede all'OLAF di integrare la relazione o di procedere a un'indagine
amministrativa supplementare». Pertanto, è sulla base di tale relazione di
indagine dell'OLAF che l'APN adottava la decisione di procedere
eventualmente a un'indagine amministrativa e, se del caso, all'apertura di
un procedimento disciplinare.

349 Occorre inoltre ricordare che, ai sensi dell'art. 9, n. 4, del
regolamento n. 1073/1999, le istituzioni danno alle indagini interne dell'OLAF
il seguito richiesto dalle risultanze ottenute, in particolare sul piano
disciplinare e giudiziario.

350 Si deve quindi ritenere che la Commissione non avrebbe dovuto
adottare una decisione in merito all'avvio dei procedimenti disciplinari il
9 luglio 2003, data in cui le indagini dell'OLAF vertenti sui medesimi fatti
non si erano ancora concluse. La Commissione avrebbe potuto prendere tale
decisione solo dopo il 25 settembre 2003, una volta ricevute le relazioni
finali di indagine.

351 Pertanto, la Commissione ha violato le norme che regolano il
procedimento disciplinare e vietano di avviare detto procedimento prima
della conclusione delle indagini dell'OLAF.

352 Si deve rilevare che lo scopo perseguito da tali norme consiste, in
particolare, nel tutelare il funzionario interessato garantendo che l'APN
avvii il procedimento disciplinare solo qualora disponga di elementi precisi
e pertinenti, in particolare a sua difesa, raccolti durante l'indagine
condotta dall'OLAF, che può avvalersi di ampi mezzi investigativi. Pertanto,
le norme che disciplinano il procedimento disciplinare sopra ricordate
costituiscono norme giuridiche che conferiscono diritti ai singoli.

353 Occorre inoltre rilevare che si tratta di una violazione
sufficientemente qualificata di tali norme, dato che la Commissione non
dispone di alcun margine di discrezionalità per quanto riguarda l'obbligo ad
essa incombente di rispettare le norme relative al procedimento
disciplinare. Del resto, risulta dagli atti che non è del tutto escluso che
la Commissione abbia avviato tali procedimenti disciplinari per «placare gli
animi», come sostengono i ricorrenti. Pertanto, la Commissione, procedendo
all'apertura dei procedimenti disciplinari prima della conclusione delle
indagini, non ha tenuto sufficientemente conto degli interessi dei
ricorrenti.

3. Sulle diverse indagini della Commissione e sul loro svolgimento

a) Argomenti delle parti

354 I ricorrenti fanno valere che i loro diritti fondamentali potrebbero
essere stati lesi dall'istituzione della task-force, dato che quest'ultima
era composta da funzionari non appartenenti all'OLAF e quindi non soggetti
alle norme rigorose imposte ai funzionari dell'OLAF in termini di procura,
mandato e riservatezza ai sensi dell'art. 6 del regolamento n. 1073/1999, e
ciò nonostante il fatto che la task-force fosse stata posta, il 23 luglio
2003, sotto la diretta autorità del direttore generale dell'OLAF. Inoltre,
poiché la Commissione avrebbe deciso di rafforzare gli effettivi dell'OLAF
di 20 unità per il fascicolo Eurostat, non sarebbero state note le
articolazioni fra questi due gruppi di lavoro.

355 Secondo i ricorrenti, la confusione creatasi nei procedimenti va
imputata alla pluralità di indagini amministrative. Infatti, sarebbero state
condotte almeno otto indagini, in parallelo, sul fascicolo Eurostat: almeno
cinque indagini dell'OLAF, un'indagine del SAI, una della task-force e una
della direzione generale (DG) «Bilancio» della Commissione. Sarebbero
inoltre state adite due autorità giudiziarie nazionali. L'esistenza delle
varie indagini, le loro modalità e le sovrapposizioni avrebbero sollevato
molteplici dubbi, quali la proporzionalità delle indagini rispetto ai costi.

356 La lettera del segretario generale della Commissione 10 ottobre 2003
non fugherebbe i loro dubbi al riguardo. I ricorrenti osservano che la
missione della task-force è consistita, fino al 23 luglio 2003, nell'occuparsi
degli aspetti interni ed esterni delle indagini condotte dall'OLAF e nell'avviare
un'indagine amministrativa allo scopo di valutare le responsabilità del
personale per le irregolarità finanziarie. Nella relazione 24 settembre
2003, intitolata «Relazione della task-force Eurostat (TFES) - Sintesi e
conclusioni», quest'ultima avrebbe sottolineato una serie di problemi e di
dubbi che riguarderebbero effettivamente i ricorrenti, e in ogni caso il
sig. Franchet.

357 I ricorrenti fanno valere che il fatto che il personale dell'IDOC sia
stato messo a disposizione della task-force non è casuale né privo di
conseguenze sull'indagine amministrativa che l'IDOC avrebbe potuto essere
chiamata a svolgere sul fascicolo Eurostat. Infatti, dato che la task-force
avrebbe necessariamente esaminato le questioni che riguardavano i ricorrenti
e da cui sarebbe potuto emergere un loro coinvolgimento personale,
sembrerebbe che l'IDOC abbia svolto un'indagine al di fuori del suo quadro
organico.

358 Inoltre, i ricorrenti fanno valere che la Commissione ha violato il
principio di buona amministrazione. Infatti, essi non sarebbero mai stati
sentiti nell'ambito delle numerose indagini avviate dalla Commissione.
Sarebbe stata loro offerta solo la possibilità di formulare osservazioni
sulla relazione della DG «Bilancio» di giugno 2003.

359 Tale comportamento dimostrerebbe una cronica mancanza di
comunicazione e di trasparenza riguardo a Eurostat. I ricorrenti si
domandano perché il controllore finanziario non abbia mai interpellato
Eurostat per chiedere spiegazioni o uno scambio di vedute a seguito della
trasmissione della relazione di revisione Datashop e perché si sia rivolto
direttamente all'OLAF in termini particolarmente allarmanti. Il controllore
finanziario non avrebbe conservato per Eurostat alcuna copia della propria
nota all'OLAF del 2 marzo 2000, e questo contrariamente alle raccomandazioni
contenute in detta nota. Esso non avrebbe neppure mai interpellato Eurostat
in merito alle eventuali carenze dei meccanismi di gestione o di controllo,
mentre lo stesso controllore finanziario, il SAI e la DG «Bilancio»
avrebbero formulato tali contestazioni nel 2003. Se dette contestazioni
fossero state fondate e vi fossero stati motivi per muovere le gravi accuse
formulate e rese pubbliche dal presidente della Commissione, i menzionati
servizi avrebbero dovuto rivolgersi al membro della Commissione interessato.
Essi sarebbero invece rimasti inattivi per vari anni. Secondo i ricorrenti,
nulla può giustificare la persistente inerzia della Commissione.

360 Inoltre, i ricorrenti fanno riferimento a due interrogazioni
parlamentari sottoposte alla Commissione nel luglio e nell'ottobre 2003, che
evidenziano le perplessità suscitate dal comportamento tenuto dalla
Commissione e dall'OLAF nel caso Eurostat, anche riguardo alla legittimità
delle decisioni adottate. Essi affermano inoltre che la stampa ha potuto
misurare i «guasti» causati dalla Commissione e dall'OLAF.

361 La Commissione fa valere, per quanto riguarda la creazione della
task-force, che il suo segretario generale ha fornito ai ricorrenti ampie
spiegazioni su questo punto nella sua lettera 10 ottobre 2003. Inoltre,
dalla relazione della task-force del 24 settembre 2003 risulterebbe
chiaramente che quest'ultima ha concentrato i propri lavori sulle carenze
sistemiche e non ha formulato conclusioni su singole persone. L'assegnazione
di membri dell'IDOC alla task-force sarebbe stata effettuata ad hoc, per
ampliare la gamma di competenze della stessa. Secondo la Commissione, tale
assegnazione era possibile in quanto le attività della task-force non
rientravano nell'ambito di applicazione della decisione C (2002) 540, ma
perseguivano uno scopo diverso da quello delle indagini amministrative e dei
procedimenti disciplinari, ossia individuare carenze sistemiche.

362 In ogni caso, i ricorrenti non potrebbero giudicare l'opportunità del
modo in cui la Commissione ha deciso di procedere alle indagini interne
dirette a fare a chiarezza su tutte le attività di Eurostat, dato che tali
diverse indagini non avrebbero leso i loro diritti individuali.

363 Per quanto riguarda il diritto di essere sentiti, gli stessi
ricorrenti ammetterebbero di avere avuto la possibilità di formulare
osservazioni sulla relazione della DG «Bilancio» del giugno 2003.

364 Infine, la Commissione rileva che non le compete, in questa fase,
rispondere ad affermazioni riguardanti in particolare il contenuto delle
accuse che l'hanno indotta ad avviare i procedimenti disciplinari nei
confronti dei ricorrenti. Gli argomenti dei ricorrenti diretti a dimostrare
l'infondatezza delle censure formulate nei loro confronti andrebbero
esaminati solo nell'ambito di tali procedimenti, nel rispetto dei diritti
della difesa.

b) Giudizio del Tribunale

365 In primo luogo, per quanto riguarda la creazione della task-force, è
sufficiente constatare che i ricorrenti non hanno dimostrato concretamente
in quale modo la semplice creazione della task-force avrebbe violato i loro
diritti fondamentali e in quale modo l'eventuale carattere inopportuno della
sua creazione avrebbe leso direttamente i loro diritti. Tale argomento va
quindi respinto.

366 In secondo luogo, per quanto riguarda la pluralità delle indagini, è
del pari sufficiente constatare che i ricorrenti non hanno dimostrato
concretamente in quale modo la semplice apertura e l'esistenza di tali
diverse indagini avrebbero configurato una violazione sufficientemente
qualificata di una norma giuridica che conferisce loro diritti. Quand'anche
tale confusione corrispondesse alla realtà, non spetterebbe ai ricorrenti
valutare l'opportunità del modo in cui la Commissione aveva deciso di
procedere alle indagini interne dirette a far luce su tutte le attività di
Eurostat, come ha osservato la stessa Commissione. Inoltre, la questione
relativa alla proporzionalità delle indagini rispetto ai costi non rientra
nell'ambito di applicazione di alcuna norma giuridica che conferisce diritti
ai singoli. Di conseguenza, occorre respingere gli argomenti relativi alla
pluralità delle indagini.

367 In terzo luogo, per quanto riguarda la pretesa violazione del
principio di buona amministrazione inerente al fatto che la Commissione non
avrebbe mai sentito i ricorrenti nel corso delle numerose indagini da essa
avviate, è sufficiente constatare che il diritto dei ricorrenti di essere
sentiti è già stato esaminato in precedenza, in sede di esame degli
argomenti concreti dedotti a tale riguardo. Occorre solo ricordare che,
poiché non si tratta di atti della Commissione recanti pregiudizio ai
ricorrenti, questi ultimi non possono validamente invocare il principio del
rispetto dei diritti della difesa per criticare il fatto di non essere stati
sentiti prima che fossero redatte note o relazioni nell'ambito delle diverse
indagini.

368 Infine, per quanto riguarda le altre critiche generiche formulate in
merito al comportamento della Commissione, è sufficiente constatare che,
anche in questo caso, i ricorrenti non hanno dimostrato l'esistenza di una
violazione sufficientemente qualificata di una norma giuridica che
conferisce loro diritti.

4. Sul diniego di accesso ai documenti

a) Argomenti delle parti

369 I ricorrenti fanno valere che la Commissione rifiuta di comunicare
loro i documenti in suo possesso provenienti dall'OLAF, violando in tal modo
il loro diritto fondamentale di accesso ai documenti, sancito dall'art. 255
CE, dall'art. 41 della Carta e dal regolamento (CE) del Parlamento europeo e
del Consiglio 30 maggio 2001, n. 1049, relativo all'accesso del pubblico ai
documenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione (GU L
145, pag. 43).

370 I ricorrenti si riferiscono ai loro ricorsi proposti in forza del
regolamento n. 1049/2001 nell'ambito delle cause riunite T-391/03 e T-70/04.
Sottolineano tuttavia che la censura mossa nel quadro nel presente ricorso è
indipendente dal regolamento n. 1049/2001, in quanto riguarda il loro
interesse personale, a prescindere dal diritto di accesso di ogni cittadino
ai documenti della Commissione. Essi avrebbero un interesse del tutto
peculiare a ottenere la comunicazione di documenti in possesso della
Commissione e provenienti dall'OLAF, vista la loro situazione personale nell'ambito
del caso Eurostat.

371 In particolare, la Commissione avrebbe rifiutato di comunicare la
lettera e la nota del 19 marzo 2003 inviate alle autorità giudiziarie
francesi, giustificando tale rifiuto, nella lettera 10 ottobre 2003, con la
circostanza che esse erano parte integrante di un procedimento di indagine a
livello nazionale. Orbene, si tratterebbe di documenti fondamentali ai fini
di tale pratica, che consentirebbero ai ricorrenti di valutare e contestare
la regolarità del comportamento della Commissione e del suo servizio
amministrativo, l'OLAF, e di difendere i propri diritti.

372 La Commissione si limita a menzionare il fatto che i ricorrenti hanno
proposto i ricorsi nelle cause riunite T-391/03 e T-70/04 sul fondamento del
regolamento n. 1049/2001 e a sottolineare che la loro richiesta di accesso e
il rigetto della stessa rientravano nell'ambito di applicazione di tale
regolamento.

b) Giudizio del Tribunale

373 La domanda dei ricorrenti, laddove essi invocano l'accesso ai
documenti sulla base del regolamento n. 1049/2001, non rientra nell'ambito
del presente procedimento, dato che tale domanda è già stata esaminata nella
sentenza del Tribunale 6 luglio 2006, cause riunite T-391/03 e T-70/04,
Franchet e Byk/Commissione (Racc. pag. II-2023).

374 Inoltre, per quanto riguarda l'interesse particolare invocato dai
ricorrenti, è sufficiente rilevare che, nel corso del presente procedimento,
essi hanno avuto accesso alla lettera e alla nota del 19 marzo 2003
trasmesse alle autorità giudiziarie francesi e, pertanto, hanno potuto
utilmente tutelare i loro diritti. Del pari, essi hanno avuto accesso, in
udienza, alla nota dell'OLAF del 16 maggio 2003, cui si fa riferimento nel
comunicato stampa del 19 maggio 2003, e hanno potuto utilmente tutelare i
loro diritti.

375 Pertanto, non vi è più luogo a statuire sulla domanda di accesso ai
documenti dell'OLAF in possesso della Commissione.

376 Risulta da quanto precede che la Commissione ha commesso vari atti
illeciti che potrebbero far sorgere la responsabilità della Comunità. Tali
atti consistono nella pubblicazione del comunicato stampa del 9 luglio 2003,
nel discorso del suo presidente del 25 settembre 2003 e nell'avvio di
procedimenti disciplinari prima della conclusione delle indagini.

377 Occorre quindi esaminare la realtà dei danni asseriti e l'esistenza
di un nesso di causalità tra gli illeciti constatati dal Tribunale e i danni
subiti.

C - Sul danno e il nesso di causalità

378 Visto il legame particolarmente stretto esistente, nelle circostanze
del caso di specie, tra la questione se i ricorrenti abbiano subito un danno
risarcibile e quella del nesso di causalità tra gli illeciti constatati e l'asserito
danno, occorre esaminare le due questioni congiuntamente.

1. Argomenti delle parti

a) Sul danno morale

379 I ricorrenti fanno valere, anzitutto, che la loro reputazione
professionale, che era riconosciuta e apprezzata da tutti, sia in Eurostat e
nella Commissione che al di fuori di tale istituzione, «è stata
pubblicamente e gravemente offesa». I ricorrenti, senza preavviso e senza
essere sentiti, sarebbero «stati vilipesi, in un'avventata reazione di
difesa» che sarebbe indegna dei vertici istituzionali. Inoltre, i violenti
attacchi condotti da una certa stampa tedesca contro i ricorrenti, che
riportava affermazioni totalmente estranee alla realtà dei fatti formulate
all'interno del Parlamento e da alcuni funzionari, avrebbero obbligato i
ricorrenti a sporgere denuncia per diffamazione il 21 maggio 2003.

380 I ricorrenti lamentano quindi un rifiuto da parte del loro ambiente
professionale e un'irrimediabile lesione della loro reputazione. Essi
avrebbero subito un vero e proprio «"linciaggio" professionale». A tale
riguardo, i ricorrenti si riferiscono all'intervento svolto dal segretario
generale della Commissione dinanzi al comitato di vigilanza dell'OLAF il 3
settembre 2003.

381 Il sig. Franchet, collocato a riposo nel marzo 2004, avrebbe subito
una completa e brutale interruzione di qualsiasi contatto con i suoi
collaboratori, i suoi partner e il suo ambiente professionale. Nei suoi
confronti sarebbero state proferite «maldicenze» in modo aggressivo e
ingiusto.

382 Quanto al sig. Byk, benché fosse stato considerato dalla commissione
di selezione il più idoneo a ricoprire il posto di direttore di Eurostat,
per il quale si era proposto a seguito della riorganizzazione dello stesso,
egli non avrebbe potuto essere nominato a causa del procedimento avviato
contro di lui. Trasferito alla DG «Personale e amministrazione», egli
avrebbe dovuto abbandonare qualsiasi prospettiva e speranza di ritrovare in
futuro un'occupazione corrispondente alla sua specializzazione e alla sua
esperienza. Le accuse infondate, diffuse sulla stampa, sarebbero causa di un'immensa
sofferenza e di un incontestabile stato di angoscia.

383 Inoltre, i ricorrenti lamentano gravi conseguenze sulla loro vita
privata e sociale. I loro familiari si sarebbero interrogati sull'argomento.
Per di più, lo stato di salute dei ricorrenti ne avrebbe sofferto e il sig.
Byk sarebbe stato vittima di un attacco cerebrale, che potrebbe essere
dovuto all'ansia e alla tensione nervosa causategli dal caso Eurostat. Essi
ritengono di essere stati vittime e capri espiatori di un gioco politico che
si sarebbe svolto intorno a loro e che essi avrebbero ampiamente subito
rispettando il proprio dovere di riservatezza.

384 Per quanto riguarda la valutazione del danno morale, i ricorrenti lo
quantificano provvisoriamente in EUR 800 000, cifra che sarebbe commisurata
alla gravità degli illeciti commessi dalla Commissione e dell'OLAF e alle
conseguenze che tali illeciti avrebbero avuto sul loro stato di salute
fisica e mentale. Tale importo dovrebbe essere ripartito in parti uguali tra
i ricorrenti, poiché essi avrebbero subito i medesimi illeciti, alle stesse
condizioni, e le conseguenze sul loro stato di salute, ancorché leggermente
diverse, dovrebbero essere ritenute equivalenti.

385 Secondo i ricorrenti, se la Commissione e l'OLAF avessero reagito fin
dalla trasmissione delle relazioni di revisione contabile interna effettuata
dal sig. Franchet, nel 2000, per le pratiche in questione, e se in quel
momento si fosse avviato un dialogo, il caso Eurostat non sarebbe mai
esistito e nessuno sarebbe stato attaccato ingiustamente. La mancata
reazione della Commissione e dell'OLAF sarebbe in gran parte la causa della
piega presa successivamente dagli eventi e delle accuse ingiustificate
rivolte ai ricorrenti.

386 I ricorrenti sottolineano che essi sono colpevoli agli occhi di
tutti, anche se l'indagine penale riguardante il sig. Byk è ancora in corso
a Parigi e i procedimenti disciplinari rimangono aperti. Una pubblica
condanna senza giudizio e senza una vera indagine preliminare configurerebbe
un grave illecito e causerebbe un pesante danno morale, che aumenterebbe con
il persistere dello stato di sofferenza. Tale condanna pubblica potrebbe
anche incidere sull'esito delle indagini dinanzi alle autorità giudiziarie
francesi.

387 La Commissione non nega che la situazione vissuta dai ricorrenti
possa costituire un danno morale. Tuttavia, essa non comprende in quale modo
l'eventuale danno sia stato quantificato in EUR 800 000, né quale parte di
tale somma spetterebbe a ciascuno di essi, e su quale base.

b) Sul danno materiale

388 I ricorrenti fanno valere che il danno materiale consiste
sostanzialmente nelle spese elevate che essi hanno dovuto sostenere per
tutelare i propri diritti a partire dalla data (maggio 2003) in cui sono
venuti a conoscenza delle accuse mosse nei loro confronti.

389 Essi quantificano il danno materiale in EUR 200 000, in via
provvisionale e con riserva di maggiorazione. Il danno in questione potrebbe
essere ridotto nel caso in cui il Tribunale dovesse decidere di condannare
la Commissione al pagamento di tutte le spese.

390 Nella replica, i ricorrenti precisano che il danno materiale non
consiste solo nel rimborso delle spese legali. Infatti, resterebbero a loro
carico spese ingenti non coperte dalla condanna alle spese, quali le spese
di trasporto per i numerosi spostamenti che essi avrebbero dovuto effettuare
fra Nizza e Lussemburgo o Bruxelles fin dall'inizio del procedimento nel
maggio del 2003. Inoltre, a partire da tale data i ricorrenti avrebbero
dovuto difendersi e fare ricorso all'assistenza dei loro avvocati, dinanzi
all'OLAF e nell'intero procedimento precontenzioso di domanda e di reclamo,
e tali spese non sarebbero coperte dalle spese di giudizio. Per di più, vi
sarebbero spese supplementari inerenti alle indagini svolte in Francia, per
gli spostamenti e gli onorari dei legali francesi. I ricorrenti menzionano
inoltre il loro ricorso ai sensi del regolamento n. 1049/2001.

391 Su richiesta del Tribunale, i ricorrenti sono disponibili a precisare
gli elementi costitutivi del danno materiale subito, ad esclusione delle
spese di giudizio.

392 La Commissione fa valere che i ricorrenti non hanno dimostrato alcun
danno materiale. Le spese che avrebbero sostenuto per la loro difesa non
costituirebbero un danno materiale, ma spese. Essi non potrebbero ottenere
il rimborso della parte di spese che sarebbe non recuperabile, in quanto
risultante da spese sopportate nella fase precontenziosa, qualificandola
come danno materiale.

c) Sul nesso di causalità

393 I ricorrenti fanno valere che tutti i danni subiti traggono origine
direttamente dal comportamento illegittimo della Commissione, dell'OLAF e
degli altri servizi. Essi sarebbero stati gravemente danneggiati, ad
esempio, dall'imprevedibilità degli attacchi di cui sarebbero stati oggetto,
dalla loro colpevolizzazione, senza una previa indagine e senza rispetto per
i diritti della difesa, da parte delle autorità giudiziarie francesi, dalla
mancanza di previa audizione, dalle fughe di notizie orchestrate
intenzionalmente e dirette ad arrecare loro pregiudizio, nonché dall'apertura
di procedimenti disciplinari, immediatamente sospesi, per consentire alla
Commissione di «salvare la faccia» di fronte al Parlamento.

394 I ricorrenti sottolineano che, se la Commissione non avesse agito in
modo illegittimo, i ricorrenti non sarebbero stati chiamati in causa e la
loro reputazione non sarebbe stata distrutta pubblicamente. Essi non
sarebbero stati «scaricati» dal loro ambiente di lavoro e dichiarati
responsabili di azioni indegne dal presidente della Commissione. Infatti, il
caso Eurostat non sarebbe esistito. Il «pasticcio istituzionale» che avrebbe
dovuto portare a una condanna della Commissione si sarebbe potuto evitare
solo con una manovra di questo tipo, consistente nel colpevolizzare i
ricorrenti. Inoltre, le accuse pubbliche potrebbero compromettere le
indagini a carico del sig. Byk condotte dalle autorità giudiziarie francesi.

395 Infine, i ricorrenti si chiedono quale altra origine potrebbe avere
il danno da essi subito, se non il modo in cui sono stati trattati dalla
Commissione e dall'OLAF. Si chiedono come possa la Commissione, da un lato,
ammettere l'esistenza di un effettivo danno morale e, dall'altro, negare il
nesso di causalità tra il sorgere del danno e gli illeciti da essa commessi.

396 La Commissione fa valere che i ricorrenti non hanno fornito la prova
del nesso di causalità. La causa diretta del danno subito dai ricorrenti
risiederebbe nelle fughe di notizie sulla stampa, ma essi non produrrebbero
alcun elemento atto a dimostrare che tali fughe di notizie siano
attribuibili alla Commissione o all'OLAF.

2. Giudizio del Tribunale

397 Si deve preliminarmente ricordare che, secondo una giurisprudenza
costante, un danno, per essere risarcibile, deve derivare in modo
sufficientemente diretto dal comportamento contestato (sentenza della Corte
4 ottobre 1979, cause riunite 64/76, 113/76, 167/78, 239/78, 27/79, 28/79 e
45/79, Dumortier Frères e a./Consiglio, Racc. pag. 3091, punto 21; sentenze
del Tribunale International Procurement Services/Commissione, cit. al punto
93 supra, punto 55; 25 giugno 1997, causa T-7/96, Perillo/Commissione, Racc.
pag. II-1061, punto 41, e 27 giugno 2000, causa T-72/99, Meyer/Commissione,
Racc. pag. II-2521, punto 49). Risulta inoltre da una giurisprudenza
costante che spetta al ricorrente fornire la prova del nesso di causalità ex
art. 288, secondo comma, CE (v., in tal senso, sentenza della Corte 30
gennaio 1992, cause riunite C-363/88 e C-364/88, Finsider e a./Commissione,
Racc. pag. I-359, punto 25; sentenze del Tribunale 18 settembre 1995, causa
T-168/94, Blackspur e a./Consiglio e Commissione, Racc. pag. II-2627, punto
40, e 30 settembre 1998, causa T-149/96, Coldiretti e a./Consiglio e
Commissione, Racc. pag. II-3841, punto 101).

398 A tale riguardo, si deve ricordare che gli atti illeciti dell'OLAF
idonei a far sorgere la responsabilità della Comunità consistono nella
trasmissione delle informazioni alle autorità giudiziarie lussemburghesi e
francesi senza avere sentito i ricorrenti e il proprio comitato di
vigilanza, nonché nelle fughe di notizie relative alla trasmissione del
fascicolo Datashop - Planistat alle autorità giudiziarie francesi (v. supra,
punto 285); gli atti illeciti della Commissione idonei a far sorgere la
responsabilità della Comunità consistono nella pubblicazione del comunicato
stampa del 9 luglio 2003 e nel discorso del suo presidente del 25 settembre
2003, nonché nell'apertura dei procedimenti disciplinari prima della
conclusione delle indagini (v. supra, punto 376).

399 I ricorrenti hanno lamentato nella fattispecie due danni distinti,
ossia un danno morale e un danno materiale. Il Tribunale ritiene che occorra
esaminare in ordine successivo ciascun tipo di danno, per valutare in quale
misura siano stati dimostrati, da un lato, la loro esistenza e, dall'altro,
il nesso di causalità fra tali danni e uno degli illeciti commessi dall'OLAF
o dalla Commissione.

a) Sul danno morale

400 Si deve rilevare che il fatto che l'OLAF abbia trasmesso i fascicoli
Eurocost e Datashop - Planistat alle autorità giudiziarie nazionali senza
avere sentito i ricorrenti ha causato loro un danno. Infatti, la circostanza
di non essersi potuti esprimere sui fatti che li riguardavano personalmente
e di non essersi potuti difendere ha necessariamente provocato nei
ricorrenti sentimenti di ingiustizia e frustrazione. Si deve constatare che
tale danno deriva direttamente dal comportamento illegittimo dell'OLAF e che
esiste un nesso di causalità tra tale comportamento e il danno in questione.

401 Per quanto riguarda il fatto che l'OLAF non ha informato il suo
comitato di vigilanza prima di effettuare tali comunicazioni, è sufficiente
rilevare che questa circostanza non ha cagionato alcun danno ulteriore ai
ricorrenti. Infatti, le conseguenze di tale illecito sono le stesse
derivanti dal fatto che i ricorrenti non sono stati sentiti e, pertanto, non
possono costituire un danno distinto.

402 Quanto alle fughe di notizie relative alla trasmissione del fascicolo
Datashop - Planistat alle autorità giudiziarie francesi, si riconosce, anche
da parte della Commissione, che vi è stata una lesione dell'onorabilità e
della reputazione professionale dei ricorrenti, viste le informazioni che
sono state pubblicate dalla stampa. Occorre inoltre constatare che il nesso
di causalità tra l'illecito commesso dall'OLAF e il danno morale subito dai
ricorrenti è indubbiamente diretto. Infatti, quando un'informazione
riservata diviene oggetto di una fuga di notizie, la pubblicazione di tali
informazioni è la conseguenza prevedibile e naturale di detto atto
illegittimo e permane quindi un nesso di causalità sufficientemente diretto.

403 Per quanto attiene alla pubblicazione del comunicato stampa del 9
luglio 2003 (v. supra, punto 302), si deve rilevare che, dando l'impressione,
attraverso tale comunicato stampa liberamente accessibile al pubblico, che i
ricorrenti fossero associati alle malversazioni in questione, la Commissione
ha leso la loro reputazione e la loro onorabilità (v. supra, punti 308-310).
Poiché il detto comunicato stampa è stato pubblicato dalla stessa
Commissione, esiste indubbiamente un nesso di causalità diretto fra l'atto
illecito commesso dalla Commissione e il danno morale.

404 Del pari, per quanto concerne il discorso del presidente della
Commissione, non si può negare che, con le dichiarazioni rese dinanzi al
Parlamento, egli abbia leso la reputazione e l'onorabilità dei ricorrenti
(v. supra, punti 326-331) e che esista pertanto un nesso di causalità
diretto fra tali dichiarazioni e il danno in questione.

405 Per quanto riguarda il fatto che la Commissione ha avviato i
procedimenti disciplinari nei confronti dei ricorrenti prima della
conclusione delle indagini dell'OLAF, si deve rilevare che tale circostanza
ha cagionato un pregiudizio alla reputazione dei ricorrenti, perturbandone
la vita privata, ponendoli in uno stato di prolungata incertezza costituente
un danno morale che deve essere risarcito (v., in tal senso, sentenza
François/Commissione, cit. al punto 341 supra, punto 110). Inoltre, benché
la Commissione abbia immediatamente sospeso detti procedimenti, la
sospensione non ha avuto alcun effetto nei confronti del pubblico, dato che
il comunicato stampa del 9 luglio 2003 menzionava solo le decisioni di
avviare procedimenti disciplinari, ma non la loro sospensione. Tuttavia,
poiché le indagini dell'OLAF si sono concluse due mesi dopo l'avvio dei
procedimenti disciplinari, momento in cui la Commissione poteva
legittimamente avviare i procedimenti in questione, il suddetto stato di
incertezza non è durato a lungo.

406 Inoltre, i ricorrenti fanno valere che il sig. Byk, benché sia stato
ritenuto dalla commissione di selezione il più idoneo a ricoprire il posto
di direttore di Eurostat, per il quale aveva fatto domanda a seguito della
ristrutturazione dello stesso avvenuta nell'autunno del 2003, non ha potuto
essere nominato a causa del procedimento avviato contro di lui. A tale
riguardo, il Tribunale constata che i ricorrenti non hanno dimostrato la
loro asserzione. Anzi, risulta da una nota del 5 marzo 2004, fornita dai
ricorrenti al Tribunale in risposta a un quesito scritto, che tre
candidature, tra cui quella del sig. Byk, presentavano le qualifiche
richieste per il posto in questione. Risulta inoltre dalla medesima nota che
il comitato consultivo aveva segnalato le buone qualifiche di altri due
candidati. Pertanto, tale argomento dev'essere respinto.

407 In ogni caso, il sig. Byk avrebbe potuto chiedere l'annullamento di
tale preteso rigetto di candidatura se riteneva che esso fosse erroneamente
fondato sull'esistenza di un procedimento disciplinare a suo carico (v., in
tal senso, sentenza Pessoa e Costa/Commissione, cit. al punto 340 supra,
punto 69).

408 Inoltre, i ricorrenti lamentano un danno connesso al loro stato di
salute. Il Tribunale rileva anzitutto che i ricorrenti non hanno fornito
alcun documento giustificativo a sostegno dei loro argomenti, quali
certificati medici, e che pertanto tale danno non è in alcun modo
dimostrato.

409 In ogni caso, si deve rilevare che i ricorrenti non sono riusciti a
dimostrare che gli illeciti sopra individuati siano stati la causa diretta,
ai sensi della giurisprudenza citata supra, al punto 397, di un eventuale
deterioramento del loro stato di salute fisico o mentale. Inoltre, gli
stessi ricorrenti hanno fatto riferimento ai «violenti attacchi condotti da
una certa stampa tedesca» contro di loro, che potrebbero parimenti
costituire una causa di tale presunto deterioramento.

410 Infine, per quanto riguarda l'elemento tratto dal danno morale legato
alle gravi conseguenze sui loro familiari, si deve sottolineare che le
affermazioni dei ricorrenti non sono confermate da alcun elemento concreto
atto a dimostrare l'esistenza dell'elemento di danno lamentato né quella di
un nesso di causalità tra tale preteso danno e i procedimenti di indagine e
disciplinari di cui essi sono stati oggetto (v., in tal senso, sentenza del
Tribunale 9 luglio 2002, causa T-21/01, Zavvos/Commissione, Racc. PI pagg.
I-A-101 e II-483, punto 334).

411 Risulta da quanto precede che i ricorrenti hanno dovuto sopportare
sentimenti di ingiustizia e di frustrazione e hanno subito una lesione delle
propria onorabilità e reputazione professionale a causa del comportamento
illegittimo dell'OLAF e della Commissione. Tenendo conto delle particolari
circostanze del caso in esame, nonché del fatto che è stata gravemente lesa
la reputazione dei ricorrenti, occorre quantificare equitativamente tale
danno in EUR 56 000.

b) Sul danno materiale

412 I ricorrenti fanno valere che il danno materiale da essi subito
consiste essenzialmente nelle spese elevate che hanno dovuto sostenere per
tutelare i propri diritti dal momento (maggio 2003) in cui hanno avuto
conoscenza per la prima volta delle accuse formulate nei loro confronti.

413 Il Tribunale rileva che la domanda diretta a ottenere il risarcimento
del danno materiale non può essere considerata ricevibile. Benché i
ricorrenti abbiano valutato complessivamente tale danno in EUR 200 000, essi
non hanno quantificato le varie componenti di tale presunto danno e non
hanno dimostrato, né affermato, l'esistenza di circostanze particolari tali
da giustificare la mancata quantificazione, nell'atto introduttivo, del
danno in questione. In proposito, non è sufficiente affermare che essi,
«[su] richiesta del Tribunale», sono «disponibili a precisare gli elementi
costitutivi del [preteso] danno materiale subito, ad esclusione delle spese
di giudizio». Si deve quindi rilevare che la domanda diretta a ottenere il
risarcimento del danno materiale in questione non soddisfa i requisiti di
cui all'art. 44, n. 1, del regolamento di procedura e di conseguenza dev'essere
respinta in quanto irricevibile (v., in tal senso, sentenza della Corte 23
settembre 2004, causa C-150/03 P, Hectors/Parlamento, Racc. pag. I-8691,
punto 62; sentenze del Tribunale 20 settembre 1990, causa T-37/89,
Hanning/Parlamento, Racc. pag. II-463, punto 82, e 6 aprile 2006, causa
T-309/03, Camós Grau/Commissione, Racc. pag. II-1173, punto 166).

414 Ad abundantiam si può rilevare che, come ha giustamente constatato la
Commissione, le spese che i ricorrenti avrebbero sostenuto per la propria
difesa non sono elementi costitutivi di un danno materiale, ma spese. A tale
riguardo occorre ricordare che, in ogni caso, le spese sostenute dalle parti
ai fini del procedimento giurisdizionale non possono in quanto tali essere
considerate un danno distinto rispetto all'onere delle spese del giudizio
(v., in tal senso, sentenza della Corte 10 giugno 1999, causa C-334/97,
Commissione/Montorio, Racc. pag. I-3387, punto 54).

415 Per quanto riguarda le spese di assistenza legale sostenute prima
dell'avvio del procedimento giurisdizionale, il danno lamentato deriva in
realtà da una scelta degli stessi ricorrenti e pertanto non può essere
imputato direttamente alla Commissione (v., in tal senso, sentenza della
Corte 28 giugno 2007, causa C-331/05 P, Internationaler
Hilfsfonds/Commissione, Racc. pag. I-5475, punto 27).

416 Ne consegue che i ricorrenti non possono legittimamente chiedere,
nell'ambito di un ricorso per risarcimento, il risarcimento del danno
derivante dalle spese che affermano di aver sostenuto durante la fase
amministrativa del procedimento dinanzi alla Commissione. Si deve rilevare
che la stessa soluzione vale per le spese di assistenza legale relative al
procedimento dinanzi all'OLAF.

417 Per quanto riguarda eventuali spese connesse ai procedimenti dinanzi
ai giudici nazionali, si deve osservare che tali spese non possono essere
rimborsate nel presente procedimento, in mancanza di un nesso di causalità
tra il danno asserito e gli illeciti commessi dall'OLAF e dalla Commissione
(v., in tal senso, sentenza François/Commissione, cit. al punto 341 supra,
punto 109). In ogni caso, poiché la questione del rimborso delle spese
sopportate a livello nazionale rientra nella competenza esclusiva del
giudice nazionale, quest'ultimo, in mancanza di misure di armonizzazione
comunitarie in questo settore, deve risolvere tale questione in base alle
norme interne applicabili (v., in tal senso, sentenza Nölle/Consiglio e
Commissione, cit. al punto 243 supra, punto 37).

418 Pertanto, si deve constatare che la domanda dei ricorrenti diretta a
ottenere il risarcimento del danno materiale è irricevibile e, in ogni caso,
infondata.

Sulle spese

419 Ai sensi dell'art. 87, n. 3, del regolamento di procedura, il
Tribunale può ripartire le spese se le parti soccombono rispettivamente su
uno o più capi, restando inteso che, in virtù dell'art. 88 del medesimo
regolamento, nelle cause fra le Comunità e i loro funzionari le spese
sostenute dalle istituzioni restano a loro carico.

420 Nella specie, poiché il ricorso è stato parzialmente accolto, sarà
operata un'equa valutazione della causa, tenuto conto del contesto
particolare della controversia, condannando la Commissione a sopportare,
oltre alle proprie spese, tutte le spese sostenute dai ricorrenti.


Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Terza Sezione)

dichiara e statuisce:

1) La Commissione è condannata a versare ai sigg. Yves Franchet e
Daniel Byk la somma di EUR 56 000.

2) Il ricorso è respinto per il resto.

3) La Commissione è condannata alle spese.

Jaeger
Tiili
Tchipev


Così deciso e pronunciato a Lussemburgo l'8 luglio 2008.

Il cancelliere
Il presidente

E. Coulon
M. Jaeger


Indice




Contesto normativo

Fatti all'origine della controversia

Procedimento e conclusioni delle parti

In diritto

I - Sulla domanda di stralcio di taluni documenti allegati al ricorso

A - Argomenti delle parti

B - Giudizio del Tribunale

II - Sul carattere prematuro del ricorso

A - Argomenti delle parti

B - Giudizio del Tribunale

III - Sul sorgere della responsabilità extracontrattuale della Comunità

A - Sull'illegittimità del comportamento dell'OLAF

1. Sugli illeciti commessi dall'OLAF in occasione della trasmissione dei
fascicoli relativi al caso Eurostat alle autorità giudiziarie francesi e
lussemburghesi

a) Argomenti delle parti

b) Giudizio del Tribunale

Sulla qualificazione delle indagini

Informazione dei ricorrenti, della Commissione e del comitato di vigilanza
dell'OLAF

- Informazione dei ricorrenti

- Informazione della Commissione

- Informazione del comitato di vigilanza dell'OLAF

L'influenza esercitata sulle autorità giudiziarie nazionali

2. Sulla divulgazione delle informazioni da parte dell'OLAF

a) Argomenti delle parti

b) Giudizio del Tribunale

Sulle fughe di notizie

- Sull'esistenza e sul contenuto delle fughe di notizie

- Analisi delle pretese violazioni di norme giuridiche che conferiscono
diritti ai singoli eventualmente derivanti dalla divulgazione di
informazioni da parte dell'OLAF

Sull'invio del 24 settembre 2003

Sulle prese di posizione del direttore generale dell'OLAF

3. Sui pretesi illeciti nella stesura e nella comunicazione delle note e
delle relazioni finali

a) Argomenti delle parti

b) Giudizio del Tribunale

4. Sul negato accesso a taluni documenti

a) Argomenti delle parti

b) Giudizio del Tribunale

5. Sul trattamento del caso Eurostat entro un termine ragionevole e sulla
violazione degli artt. 6 e 11 del regolamento n. 1073/1999

a) Argomenti delle parti

b) Giudizio del Tribunale

B - Sull'illegittimità del comportamento della Commissione

1. Sulla divulgazione delle informazioni da parte della Commissione

a) Argomenti delle parti

b) Giudizio del Tribunale

Sul comunicato stampa della Commissione del 9 luglio 2003

Sui documenti trasmessi al Parlamento il 24 settembre 2003

Sul discorso del presidente della Commissione del 25 settembre 2003

2. Sui procedimenti disciplinari

a) Argomenti delle parti

b) Giudizio del Tribunale

3. Sulle diverse indagini della Commissione e sul loro svolgimento

a) Argomenti delle parti

b) Giudizio del Tribunale

4. Sul diniego di accesso ai documenti

a) Argomenti delle parti

b) Giudizio del Tribunale

C - Sul danno e il nesso di causalità

1. Argomenti delle parti

a) Sul danno morale

b) Sul danno materiale

c) Sul nesso di causalità

2. Giudizio del Tribunale

a) Sul danno morale

b) Sul danno materiale

Sulle spese


--------------------------------------------------------------------------------

* Lingua processuale: il francese.
ernesto
2011-11-12 12:37:26 UTC
Permalink
Nel suo scritto precedente, AntiKaglia ripeteva la sua calunnia di
nessun peso. E' un poveraccio, lasciamolo perdere.
-------------------------

Invece ora l'apparizione di MARIO MONTI, amico fraterno di PRODI il
GRANDE, ha fermato la catastrofe e piccoli nugoli di stronzi cominciano
già a insultare Monti come fecero con PRODI.

Stavolta però sono davvero nugoletti di piccoli stronzi, più quelli del
Partito dei Ladroni: la gerarchia dei servi, non gli elettori.

e
Liberty Kid
2011-11-12 12:46:15 UTC
Permalink
Nel suo scritto precedente, AntiKaglia ripeteva la sua calunnia di nessun
peso. E' un poveraccio, lasciamolo perdere.
-------------------------
Invece ora l'apparizione di MARIO MONTI, amico fraterno di PRODI il
GRANDE, ha fermato la catastrofe e piccoli nugoli di stronzi cominciano
già a insultare Monti come fecero con PRODI.
Ometto viscido e ributtante, ricordati che l'incarico di Monti a Commissario
Europeo e' stato VOLUTO da Berlusconi!!!!!

E comunque cerchiamo di ricordarci SEMPRE chi e' il mortadella:

ROMANO PRODI CONDANNATO
La terza sezione del Tribunale di Giustizia europeo ha CONDANNATO Romano
Prodi, più rappresentativamente detto "il mortadella", per aver fornito al
Parlamento Europeo notizie false e non documentate e per aver emesso
comunicati che mettevano in dubbio l'onorabilità di alti dirigenti che non
si erano sottomessi alle sue imposizioni e per aver tentato di OSTACOLARE LA
GIUSTIZIA.
Da Libero - 30/07/2009 - pag. 13 (NOTIZIA MAI SMENTITA)

Per tappare la bocca ai coglioni che continuano a scrivere che a nome di
Romano Prodi non ci sono condanne e' bene specificare che la sentenza e' a
nome del Presidente della Commissione (Cioè Romano Prodi) condannato per
ostacolo alla giustizia, diffusione di notizie false e mobbyng dalla Terza
Sezione Penale della Corte di Giustizia Europea con sentenza dell'8 luglio
2008.

e poi:
http://aconservativemind.blogspot.com/2005/09/prodi-e-berlusconi-dinanzi-alla-legge.html

e ancora:
http://informatorepolitico.ej.am/de-benedetti-romano-prodi.htm

AntiKomunista

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